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La scala della malvagità in Lost

L’approfondimento psicologico nel mondo delle Serie Tv, con Lost apripista, è sempre più un aspetto dominante e imprescindibile (un excursus storico sulla sua nascita e affermazione lo trovate qui). Molta strada è stata fatta dalle figure stereotipate della comedy anni ’50 fino ai percorsi umani rappresentati in Serie come Breaking Bad, esempio luminoso di attenta caratterizzazione del protagonista.

Questa cura che gli autori rivolgono alla definizione di una sfaccettata ma coerente personalità dei personaggi presta il fianco a un’analisi del tutto particolare. La genesi di questo articolo prende le mosse da un curioso quanto accurato sistema di profilazione realizzato dallo psichiatra forense Michael Stone. Lo studioso ha operato la categorizzazione in una scala di ventidue livelli dei principali “modelli” di assassini, dal più moderato al più immorale.

Perché non tentare di adattare questa scala di malvagità ai personaggi delle nostre amate Serie Tv? Che gli autori si servano spesso di specialisti forensi nella caratterizzazione dei villain più importanti, d’altronde, è un dato di fatto. E spesso e volentieri nelle trame acquistano rilievo le motivazioni sottese alle azioni dei protagonisti e gli antefatti che hanno contribuito alla genesi del “mostro”.

In questo nostro esperimento non possiamo non partire dalla Serie Tv che più di altre ha fatto dell’approfondimento psicologico il suo punto di forza: Lost. Il capolavoro targato J.J. Abrams e Damon Lindelof ha costruito la sua fortuna sul percorso evolutivo (o involutivo) dei suoi interpreti, riuscendo a distribuire la storia sulle vicende di più personaggi. Tutti con un loro personalissimo travaglio emotivo e una loro possibilità di redenzione.

1) James e KateLost

“Persone traumatizzate o disperate che hanno ucciso parenti che commettevano abusi o altre persone ma che mostrano rimorso per i loro crimini e non presentano tratti da psicopatici”, posizione numero 5

Entrambi i personaggi di Lost sono artefici di due omicidi premeditati. Kate uccide il padre biologico colpevole di abusi sulla madre. James invece il truffatore che aveva ingannato la madre e che aveva innescato il raptus omicida-suicida del padre. Ambedue insomma hanno motivazioni molto forti dietro gli atti compiuti e non presentano personalità borderline. Nello stesso tempo però ricadono costantemente nei loro errori, vittime di quell’istinto truffaldino che sembra caratterizzarli. James diventerà egli stesso un abilissimo con-man, Kate un’astuta bugiarda patologica in costante fuga dalla giustizia. Entrambi legano il loro carattere alle profonde carenze genitoriali. A quella mancanza di affetto e di stabilità familiare che ne ha compromesso l’infanzia. Sarà solo nel duro e travagliato percorso intrapreso sull’Isola, nella riscoperta di valori umani e familiari e soprattutto nell’amore, che James e Kate supereranno le loro angosce e le nevrosi di sempre. E troveranno se stessi.

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