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La scala della malvagità in Lost

6) Uomo in neroLost

“Psicopatici artefici di numerosi atti di ferocia e di estrema violenza”

Appena un gradino più in alto nella scala di Stone ecco la personificazione del male in Lost. A dire il vero dal punto di vista comportamentale MIB è molto lontano dalle prime posizioni. E anche le sue motivazioni non ci sembrano del tutto incomprensibili. La malvagità di questa figura è posta su un piano diverso. Uccide per proprio tornaconto, certo, non differentemente da quanto abbiamo visto fare da altri interpreti. Ferocia e violenza dominano il suo modus operandi. L’odio nei confronti di Jacob è assoluto. Gli scrupoli morali inesistenti.

C’è però, soprattutto, dell’altro. L’Uomo in nero rappresenta la Tecnica. Rappresenta cioè quello che pasolinianamente veniva definito “sviluppo” contrapposto al “progresso”. La Tecnica e lo sviluppo sono i luoghi in cui si dipana il razionalismo, in cui sentimenti e umanità non hanno ragione d’esistere. Organizzazione e funzionalità sono gli unici valori. Non c’è spazio per l’uomo e il nuovo umanesimo di Jacob. “Arrivano, combattono, distruggono e corrompono. È così che finisce sempre.” Jacob: “Finisce una volta sola. E qualunque cosa succeda prima… è solo progresso”. Visione ciclica contro visione lineare-cristiano-progressiva. Il più grande male nel mondo, ci ricordano gli autori di Lost, è proprio questo: l’assenza di amore e speranza nell’uomo. La scala di malvagità, forse, caro Michael Stone, andrebbe rivista.

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