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Guardo quel pub chiuso, pieno di polvere e in totale abbandono. Quel pub che fino a qualche anno fa mi vedeva ridere e scherzare come un ragazzino. Eravamo tanti, eravamo spensierati, sconsiderati, forse un po’ ingenui, di certo innocenti. Non che non avessimo già commesso errori, sofferto e perso ma a vent’anni lo fai in un modo diverso. Soffri, sbagli, perdi “da lontano”, come se ogni cosa fosse ancora possibile, come se ogni dolore seppur intensissimo fosse solo parte del gioco, ennesima emozione che ti rende giovane e vivo. A trent’anni non è più così, quell’innocenza cade perché nel migliore dei casi quella folla di spensierati si è dispersa, nel peggiore hai provato sulla tua pelle cosa significa perdere un amico.

A trent’anni, dai trent’anni, capisci che non può essere più come prima, che l’onda emozionale si è infranta e quel pub si è svuotato.

La casa di Friends, la casa delle mille avventure, risate e passioni perde i mobili, rimane uno scheletro spolpato della carne. Ross, Rachel, Chandler, Monica, Phoebe e Joey guardano sull’uscio quel luogo che ormai non gli appartiene più. La porta si chiude e Friends si conclude. È lo stesso appartamento spoglio di How I Met Your Mother nella 9×23 quando Robin mette Lily di fronte alla verità: “Saremo amici per sempre solo che non sarà più come prima, non può esserlo“, “Noi cinque che passiamo il tempo al Mclaren’s giovani e stupidi fa solo parte del passato“.

How I Met Your Mother
How I Met Your Mother

Mi siedo sulla panchina esterna di quel pub e guardo da lontani alcuni ragazzi radunati in gruppo, nuovi “giovani e stupidi” che scherzano tra loro e ripenso a quando tutto era ancora possibile. A quando fantasticavamo di una vita insieme, sotto il portico di How I Met Your Mother con le nostre rispettive famiglie, noi stessi ancora, per sempre, una famiglia, fratelli più che amici, pensionati, felici di un rapporto che il tempo non avrebbe potuto infrangere. Come Marshall sulla panca del McLaren’s mi viene voglia di girarmi verso quei ragazzi che scherzano sorridenti e dir loro: “Hey giovani, avete la minima idea di cosa è successo qui, proprio in questo pub? Solo… Tantissime cose“.

Quei ragazzi forse non capirebbero queste scarne e sbilenche parole piene d’emozione, come potrebbero? Marshall pronunciandole si è reso conto che non era possibile esprimere in breve l’emozionante complessità di un’intera età, quella dei vent’anni, un’età in cui ogni ricordo sarebbe rimasto per sempre impresso in ognuno di noi. Sono successe tantissime cose su quella panca. Eravamo lì a scherzare con le tue strampalate teorie sulle ragazze, a sfidarci a bere tre pinte a testa, giovani e stupidi che finivamo quasi inseguiti dalle forze dell’ordine.

Guardo quella panchina circondato da chi è rimasto, dagli amici più cari, nella consapevolezza che non sarà mai come prima.

Adesso che parliamo di lavoro e faccende di casa, di bollette e assicurazioni d’auto. Adesso che abbiamo vissuto tutti il dolore della perdita, accomunati da quel dolore. Ora che quel dolore ci ha privato della nostra innocenza e ci ha legato in un modo diverso. A trent’anni capisci che il tempo infrange ogni cosa, che la vita si usura, a volte si recide d’improvviso, senza preavviso, senza ragione. Capisci che non potrai mai più essere spensierato.

Scrubs

J.D. in Scrubs guarda quell’ospedale che è chiamato a lasciare, che sceglie di lasciare, perché una fase della sua vita si è conclusa per sempre e bisogna andare avanti. In quella finale passerella rivede tutte le persone, le esperenze vissute. Vede la fine dei suoi vent’anni, l’inizio di una età nuova. Non sarà mai come prima ma “Chi dice che non accadrà? Chi può dirmi che le mie fantasie non si avvereranno, almeno stavolta?“. I trent’anni ti inaridiscono perché ti mettono di fronte al lato burocratico della vita, alle occupazioni profane e logoranti. Ma mantenere lo sguardo sognante di J.D. al mondo, l’approccio sensitivo, è ancora possibile, dobbiamo credere che lo sia.

Guardo quella panchina e rivedo il passato ma mi proietto anche al futuro. Alle nuove vite che stiamo costruendo, a piccole famiglie che crescono, all’amico di bevute ora orgoglioso e morigerato padre di un bel bimbo. Ha ragione Robin in How I Met Your Mother: non sarà più come prima ma “Non è per forza una cosa che mette tristezza. Stanno accadendo molte altre cose bellissime nelle nostre vite adesso ed è per questo che dobbiamo essere grati“.

Non potrà mai essere come prima ma è anche questa la bellezza e il valore dei vent’anni: la loro unicità.

Dobbiamo essere felici di averli vissuti, di aver avuto la fortuna di esserci goduti quella spensieratezza e incoscienza, l’illusione di credere che sarebbe durato per sempre, che non sarebbe mai cambiato nulla. Fa male rendersi conto che non è così. Fa male essere gettati alla vita, alla sua crudeltà gratuita, all’indifferenza di un mondo che sembra procedere casualmente. Ma sapete cosa? Sta a noi non farci riassorbire da questo mondo, non sprofondare nel ripetitivo, logorante automatismo della quotidianità.

How I Met Your Mother

Mi guardo attorno e accendo un sigaro in ricordo del nostro rito, di quel momento di pura sacralità in cui tacitamente ci dicevamo che ci saremmo sempre stati. Tu non ci sei più per colpa della vita crudele e casuale ma quel sigaro non lo accendo da solo. Sono circondato da questi stanchi, delusi, ma tenaci trentenni che hanno deciso che no, oggi, almeno oggi, la logorante realtà non l’avrebbe vinta. E allora mi proietto al futuro, come J.D. in Scrubs e vedo chiaramente quello che sarà. Non saremo più incoscienti, forse solo ogni tanto, non saremo più spensierati, forse solo ogni tanto, non saremo più ventenni, forse solo ogni tanto. Qualcuno se ne andrà, con altri non ci perderemo mai, ripensando al passato con nostalgia mentre i nostri figli scherzeranno incoscienti, felicemente inconsapevoli di quello che li aspetta.

Sorriderò, sorrideremo, ripensando a quegli anni, ripensando a te, all’amico che ci ha fatto conoscere tutti e che se ne è andato prima di tutti. E ci abbracceremo, fratelli anche ora che è giunta la fine dei vent’anni, ora che non siamo più ragazzini ma che abbiamo ancora l’ingenua ostinazione di credere che le nostre fantasie si avvereranno, almeno stavolta. Che i nostri sogni da ventenni ci conducano sotto quel portico di How I Met Your Mother, per sempre insieme, per sempre fratelli, nell’ultima fase delle nostre vite. Mi alzo dalla panchina, guardo quel pub e torno a sorridere salutando la fine dei vent’anni.

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