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The Handmaid’s Tale 4 – Il Mayday siamo noi

ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su The Handmaid’s Tale 4.

Dopo aver visto i primi quattro episodi della quarta stagione di The Handmaid’s Tale in anteprima (qui trovate le nostre impressioni), abbiamo provato sollievo con June e le Ancelle durante la loro fuga da Gilead, per quanto breve sia stata. Abbiamo tremato ogni volta che una macchina degli Occhi si avvicinava alla fattoria dei Keyes e siamo state sul punto di gridare dal terrore quando June si è trovata da sola, catapultata ancora una volta contro la sua volontà tra le mura di quella città grigia e abbandonata da Dio da cui ha fatto scappare 86 bambini. Lei è la scintilla che tiene alte le speranze di tutte le Ancelle e di coloro che si oppongono all’oppressione del regime teocratico che infesta gli Stati Uniti come una piaga.

È arrivato il momento di combattere apertamente, senza più nascondersi. È giunta l’ora in cui le donne, private della libertà di scegliere e di essere se stesse, a Gilead come in tutto il mondo, si uniscano contro i tiranni che le hanno rese schiave di un sistema che agisce in nome di Dio, ma che ha dimenticato cosa questo significhi davvero. Negli occhi di June Osborne (e della magistrale Elisabeth Moss che la interpreta e che dirige le prime tre puntate della stagione) non leggiamo più solo paura. Il suo sguardo si fa portatore di un messaggio di ribellione. Sfida Zia Lydia, sfida i comandanti, sfida tutto ciò che essi rappresentano, e lo fa con la consapevolezza di aver trovato l’unica cosa per cui vale davvero la pena lottare.

The Handmaid's Tale

Sembra che The Handmaid’s Tale 4 stia ponendo basi solide per lo scontro decisivo tra il sistema incarnato da Gilead e il Canada, che ha offerto riparo a tutti gli americani in fuga.

Il Paradiso non è mai stato e non potrà mai essere un posto sulla Terra finché nel mondo ci sarà chi crede di essere nel giusto, scegliendo al posto di altre persone e giustificando le proprie azioni con scuse ipocrite. Ed è ancora una volta June che ci lascia questo triste promemoria, canticchiando ancora una volta Heaven Is A Place On Earth. Con le sue azioni ci invita a prendere parte alla lotta, a diventare parte essenziale di un cambiamento più grande. Il suo ruolo è questo. Quale sarà il nostro?

Nel primo episodio di The Handmaid’s Tale abbiamo conosciuto una June diversa e abbiamo visto quali atrocità l’hanno resa la donna che è all’inizio della quarta stagione. Pronta a tutto pur di combattere. Per quanto stanca possa essere, per quanto demoralizzata o colma di senso di colpa, non può permettersi di mollare, non permetterà più a nessuno di spezzarla. All’inizio di questa stagione sembra essere necessaria la figura di Esther Keyes (una bravissima Mckenna Grace) per ricordarglielo. Una giovane donna piena di rabbia e di dolore, di risentimento e di voglia di vendetta, più matura di quanto dovrebbe. La figlia che, da quando Gilead le ha portato via ogni cosa, June non ha mai avuto il diritto di avere. Un legame forzato dalle circostanze, ma inevitabile per rimuovere ogni esitazione residua.

Ora non importa più salvare la propria anima. A distruggerla ci ha già pensato Gilead molto tempo fa. L’unica cosa che conta è mettere fine a tutto questo, a prescindere dal prezzo da pagare. La vita di una per salvarle tutte.

The Handmaid's Tale 4

Siamo il Mayday.

Noi non ci nascondiamo.

Noi combattiamo.

Sì, perché quello che The Handmaid’s Tale vuole farci capire è che il Mayday, la resistenza, non sono solo le Ancelle che hanno subito stupri e violenze di ogni genere, le Marte maltrattate e costrette a servire uomini ingrati o le Mogli che hanno scelto di ribellarsi ai Comandanti. Il Mayday siamo (e dobbiamo essere) anche tutti noi spettatori e spettatrici della serie. Dentro ciascuno si nasconde un membro della resistenza. Forse, stiamo solo aspettando che qualcuno ci aiuti a risvegliare questa parte e ci faccia aprire gli occhi. E questo qualcuno può essere June Osborne.

Così come June ha fatto divampare la fiamma tra le Ancelle, può farlo anche con noi.

Noi siamo quelle che stavamo aspettando.

Bisogna solo ascoltare, tendere bene le orecchie e percepire che il sistema forzato imposto da Gilead non può funzionare. Questa città ha dimenticato la luce che accende davvero le persone, che gli permette di brillare ed essere libere. Ha messo da parte ogni cosa in nome del potere. Ma niente di tutto ciò può essere ancora tollerato, non più. È giunta l’ora di dare il proprio contributo, perché non esiste nulla al mondo che giustifichi la violenza, nessuna colpa, nessun gesto, nessun pensiero. Ogni individuo merita di trovare l’amore e di essere amato, di scegliere il proprio nome, cosa fare del proprio corpo o quale lavoro fare nella vita.

The Handmaid's Tale 4

Ma The Handmaid’s Tale 4, per quanto abbiamo avuto modo di vedere, non si concentrerà solo ed esclusivamente sulla battaglia contro Gilead, ma anche sulle conseguenze che il sistema prodotto da chi la comanda ha sui bambini. Perché per alcuni, troppo piccoli per ricordare i volti e le carezze dei genitori dai quali sono stati strappati, non c’è altro mondo al di fuori di questa opprimente città. Per molti di loro quella è “casa”, e non hanno raggiunto la consapevolezza di quanto ogni gesto imposto dal regime possa essere ingiusto. Casa è dove ci si sente al sicuro.

June non può ancora fare i conti con le conseguenze dei suoi gesti di ribellione. Per ora sono Luke e Moira a dover rimettere insieme i pezzi, ma prima o poi sappiamo che verrà anche il suo turno. Ne abbiamo avuto solo un assaggio nel momento in cui Hannah si è tirata indietro terrorizzata alla vista della madre che anni prima aveva amato incondizionatamente.

Ci resta ancora molto da mandare giù con gli episodi che verranno rilasciati ogni giovedì su TIMvision, e dobbiamo essere pronti a qualsiasi colpo di scena. Perché The Handmaid’s Tale vuole essere vero e reale, e la realtà a volte, può essere davvero così terribile.

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