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The Handmaid’s Tale: fa male perchè è vero

Nel 1985, Margaret Atwood pubblicò il libro The Handmaid’s Tale. Fu da subito considerato un testo profetico, ma ciò di cui si sono resi conto in pochi è che la profezia si è già avverata.

“Tutte le storie ambientate nel futuro in realtà parlano del presente.”

Il romanzo della Atwood è stato fortemente caratterizzato dal suo personale vissuto e dal contesto storico che il mondo intero stava attraversando negli anni Ottanta. La vita della scrittrice è stata presentata anche in un documentario distribuito da Hulu. In quel periodo, infatti, c’è stato l’avvento di una delle più radicali sette di estremisti religiosi: gli ayatollah.
I loro precetti, fortemente misogini, da un giorno all’altro tolsero alle donne il diritto di lavorare negli ambiti giuridici. Tutte le ragazze e le donne di The Handmaid’s Tale vennero estromesse dal lavoro e i loro conti furono subordinati a quelli di un componente maschio della famiglia. In Iran, venne proibito alle donne di entrare negli stadi (fino al 2019) e impostarono l’età minima di una sposa a 9 anni. A Gilead le spose-bambine sono all’ordine del giorno.

La nascita di Gilead e l’origine delle tuniche che sono diventate un simbolo di femminismo in tutto il mondo

The Handmaid's Tale
“La colpa è loro: non dovevano darci un’uniforme se non volevano che diventassimo un esercito.”

Il corpo delle donne arabe era l’origine del vizio e del peccato, così per poter lasciare puri gli uomini fu introdotto un rigido codice di abbigliamento. La stessa direttiva è stata adottata in The Handmaid’s Tale ,e ha reso famoso e iconico, in tutto il mondo, il vestiario delle Ancelle: tunica rosso sangue, copricapo candido con alette laterali per non guardare né essere viste.

Ai tempi del Commodore 64 un altro evento che ha influenzato la creazione di questo (non troppo) distopico mondo, sono i movimenti di destra neofascisti. I gruppi evangelici infatti diventavano sempre più forti negli Stati Uniti e principalmente si battevano contro i matrimoni omosessuali e l’aborto.

Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!». Giacobbe s’irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?». Allora essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch’io una mia prole per mezzo di lei».

(Genesi, 30; 1-3)

Sono queste le parole della Bibbia su cui si fonda la Repubblica di Gilead. Un regime tirannico gestito da uomini fanatici del cristianesimo. Il romanzo originale presentava un aspetto che non è stato inserito nella trasposizione televisiva: la segregazione razziale. Uomini e donne nere erano rinchiusi ed emarginati, ma la scelta di ignorare questa caratteristica è tutt’altro che razzista. Lo showrunner ha così permesso al cast di non essere composto solo da attori bianchi, mandando quindi un messaggio di inclusione.

Il debutto televisivo e una strana coincidenza

Nel 2017 approda sul grande schermo la serie tv targata Hulu e ideata da Bruce Miller. Lo stesso anno, Donald J. Trump diventa il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. L’uomo che vinse grazie al voto del Ku Klux Klan, che decise di accelerare la costruzione di un muro per separare il proprio paese dal Messico, che ha preso parte alla manifestazione anti-aborto “March for life”, ha contribuito a rendere tutto questo parallelismo più efficace.

L’umanità di The Handmaid’s Tale è ridotta all’osso, stremata. Il mondo ha ceduto all’oppressione dell’inquinamento, le materie prima sono un bene raro e prezioso. La natura tutta ha avuto un crollo catastrofico che l’ha resa arida e sconfitta. Nella quotidianità della lotta del movimento globale “Friday For Future”, nel calore dei nostri inverni che somigliano sempre più alle primavere, il mondo già rispecchia l’universo di Gilead: un dominio di usi, costumi e norme sociali, in cui non pare esserci opportunità per la crescita e il progresso. Dove potrebbe esserci sempre meno spazio per essere liberi, se smettessimo di lottare.

“Non ho inventato nessun crimine che il genere umano non abbia già commesso, da qualche parte nel mondo e in qualche periodo della storia”

Le donne sono il centro gravitazionale di The Handmaid’s Tale

La serie televisiva è costruita attorno a un tema chiave, la figura della donna. All’epoca di Gilead, il tasso di natalità è quasi azzerato, mentre la mortalità infantile raggiunge i massimi storici. Gli uomini al comando hanno una chiara idea di chi sia il responsabile: le donne. Dio ha revocato loro il diritto alla maternità, poiché, negli ultimi decenni, avevano dimenticato quale fosse il loro posto: la casa. La loro divina vocazione ad essere angeli del focolare è stata screditata dalla moralità sempre più dubbia. Hanno barattato la vita da madri con la vita da dirigenti. Nella nostra realtà, in cui gender equality è solo una parola inglese che non sappiamo bene come tradurre, possiamo davvero parlare di distopia?

Le donne di Gilead (Ancelle, Mogli, Marthe e Nondonne) sono costrette a un analfabetismo forzato. A loro non è concesso leggere, né scrivere. I loro ticket per la spesa raffigurano l’immagine dell’alimento che possono comprare con quel buono. L’unica eccezione sono le Zie (qui un approfondimento sulla malvagia e intrigante Zia Lydia) a cui viene concessa carta e matita per monitorare le gravidanze e il percorso di inserimento delle Ancelle nelle famiglie dei Comandanti. Nel WeWord Index del 2020, aggravato della situazione globale del Coronavirus, sono 110 su 172 i Paesi in cui il diritto all’istruzione prevede delle forme di esclusione per il genere femminile.

Una delle forme più perverse di sottomissione in The Handmaid’s Tale è la collaborazione della popolazione civile. I vicini ti spiano, i tuoi amici ti spiano, gli Occhi ti spiano. E sono tutti tenuti a riportare ciò che esula delle norme sacre. Non ci si può fidare di nessuno. Una modalità di controllo delle masse che ricorda quella del 1960 praticata all’interno della DDR.

Nella serie è stato aggiunto un aspetto non presente nel romanzo

the handmaid's tale

Se nella serie televisiva non si è parlato di razzismo in senso stretto, è stato introdotto un tema nuovo rispetto al sotto testo del romanzo. A Gilead viene praticata la mutilazione genitale femminile a scopo punitivo. A Ofglen (Alexis Bledel) viene amputata parte dell’organo sessuale, dopo essere stata scoperta con un’altra donna. Questa pratica è stata di uso comune in diversi paesi dell’Africa. Un tema di cui si è parlato poco negli anni Ottanta e sul quale si sta iniziando a sensibilizzare. L’UNICEF stima che siano 125 milioni le donne che convivono con una mutilazione genitale. Solo nel Corno D’africa parliamo di una diffusione del 90%.

La concretezza di queste immagini è chiarificatrice: Gilead non è una distopia. Le barbarità di The Handmaid’s Tale non sono state studiate a tavolino per un effetto drammatico. Sono state ricavate dalle realtà, che in alcune zone del mondo, sono o sono state attuali e che una parte di umanità ha sperimentato sulla propria pelle. The Handmaid’s Tale fa male perché è vera: tirannia, schiavizzazione e oppressione sono verità spaventose con cui bisogna già fare i conti.

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