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5 Serie Tv semisconosciute da guardare se sei in astinenza da Lost

Parlare di Lost senza scatenare un vespaio è un gioco da equilibristi degno del migliore Philippe Petit, funambolo francese che negli anni ’70 andava su e giù sopra un filo sospeso tra le Torri Gemelle. Della serie televisiva creata J. J. Abrams e andata in onda, in Italia, tra il 2005 e il 2010 per un totale di centoquattordici episodi suddivisi in sei stagioni, si è scritto e detto tutto e il suo contrario.
Premiata con una valanga di riconoscimenti probabilmente Lost (qui trovate una nostra classifica) è la serie che maggiormente ha colpito il pubblico televisivo a livello mondiale nell’ultimo ventennio registrando picchi di share altissimi su qualsiasi canale che la trasmettesse. Ogni puntata è stata sezionata e discussa da milioni di persone sui social scatenando discussioni lunghe e articolate, come all’indomani dell’ultima con quel finale (qui ne parliamo anche noi) che più che dare spiegazioni ha creato altri dubbi e alimentato delusioni lasciando spiazzati milioni di telespettatori.


Lost è, per antonomasia, la serie dei misteri, qualcosa che ricorda molto da vicino una di quelle creatura della mitologia, un perfetto mix tra avventura, dramma, thriller e fantascienza. I temi trattati sono molteplici e spaziano dalla religione alla psicologia, dalla rivalità all’amicizia, dai problemi familiari a quelli relazionali senza dimenticare i più banali quali l’amore, la vita e la morte.


Lost ha lasciato un vuoto che difficilmente si potrà colmare perché è riuscita ad andare oltre la classica dicotomia amore/odio tipica delle serie televisive con un nutrito seguito. Proporre una serie che la sostituisca è praticamente una mission impossibile ciononostante noi di Hall of Series siamo riusciti a trovarne cinque, semisconosciute, che potrebbero piacervi se vi è piaciuta l’Isola. Alcune di esse sono state prodotte da J. J. Abrams e questo è già un buon motivo per guardarle, altre hanno un cast importante dandovi l’opportunità di ritrovare facce conosciute. Alcune sono piene di avventura e suspence, altre ancora ingarbugliate e ricche di colpi di scena. Alcune parlano della realtà come fosse fantascienza altre viceversa, della fantascienza come fosse realtà. Protagonisti di queste serie sono, oltre agli attori, gli argomenti cari a Lost: il viaggio, sia fisico che spirituale, la ricerca della verità attraverso l’oscurità, l’accettazione del cambiamento che destabilizza, la comprensione di se stessi e tanti, tanti altri ancora.
Una cosa dev’essere chiara: Lost è Lost ma queste piccole, semisconosciute serie sapranno davvero come rimediare alla vostre crisi di astinenza!

1 – Alcatraz

La serie prende il nome dal celeberrimo penitenziario federale statunitense dentro il quale vennero rinchiusi tra i più efferati criminali degli Stati Uniti, tra i quali il mitico Al Capone. Dalla prigione, situata su un’isola nella Baia di San Francisco e circondata da acque gelide e tumultuose, in molti tentarono di evadere ma nessuno sembra mai esserci riuscito veramente. Le statistiche parlano di diversi tentativi mai portati a termine completamente o con nefaste conseguenze. Nell’immaginario collettivo Alcatraz è proprio questo: un posto dal quale non si può scappare, quattro mura dentro le quali si è condannati a restare per sempre. Ma con la fantasia tutto è possibile.
Gli ideatori della serie, andata in onda in Italia su Premium Crime praticamente in contemporanea con gli USA, partono da un fatto storico: la prigione venne chiusa nel marzo del 1963, ufficialmente per via dei troppi costi di gestione ma ufficiosamente perché diversi detenuti e diverse guardie si volatilizzarono nel nulla, all’improvviso. Ovviamente la versione ufficiosa è quella che Elizabeth Sarnoff, sceneggiatrice tra le altre cose di diversi episodi di Lost, ha creato e che la FOX ha mandato in onda per tredici puntate prima di sospenderla.


La critica, tra l’altro, fu piuttosto ben disposta nei confronti di questa serie: le più importanti testate giornalistiche statunitensi si espressero favorevolmente dichiarando che Alcatraz era molto promettente. Alla presentazione del pilot al Comic-Con di San Diego il successo fu ragguardevole e alla prima, in onda nel gennaio del 2012, lo share fu decisamente alto per un panorama seriale intasato come quello americano.


Fantascienza, avventura, thriller ma anche police procedural, Alcatraz aveva tutti gli ingredienti per far bene: un produttore esecutivo del calibro di J. J. Abrams (regista, produttore, sceneggiatore e anche compositore dato che il tema della sigla iniziale l’ha scritto lui); un cast composto tra gli altri da Sam Neil (Jurassic Park su tutto) e Jorge Garcia (che oltre a Lost era su Hawaii Five-0); una trama ben congegnata e ricca di spunti che si sviluppa nell’arco delle tredici puntate anche se ciascuna si occupava di un singolo caso e detenuto a lui collegato; e una location resa incredibilmente affascinante nei flashback come il penitenziario dirimpettaio di una intramontabile San Francisco.
È difficile capire i motivi per i quali Alcatraz ha perso pubblico ma le potenzialità per farne un grande successo televisivo c’erano tutte. Chissà, magari tra qualche anno la vedremo ricomparire sui nostri schermi proprio come hanno fatto i detenuti, con un prosieguo degno della prima, e unica, stagione.

2 – Revolution

Chi non si è mai chiesto almeno una volta nella vita cosa succederebbe se venisse a mancare, improvvisamente, completamente e per sempre, l’energia elettrica? Guardandovi un po’ attorno scoprireste che tante cose che diamo tutti per scontate non le potreste usare a cominciare proprio dal dispositivo con il quale ora state leggendo questo articolo.


Ecco l’idea di Eric Kripke, sceneggiatore e regista televisivo già ideatore di Supernatural e Timeless e produttore diThe Boys (leggete qui se non la conoscete), prodotta da J. J. Abrams (ideatore di Lost) e Jon Favreau, e messa in onda, tra il 2012 e il 2014 dalla NBC per un totale di quarantadue episodi spalmati su due stagioni. In Italia la serie venne trasmessa su Steel che poi divenne Premium Action tra il 2013 e il 2014.


Revolution è una serie principalmente di azione condita con una buona dose di fantascienza nella quale gli sceneggiatori si sono divertiti a immaginare e ricreare un mondo sulla soglia di una nuova Rivoluzione Industriale ponendo i personaggi all’interno di una società che nulla a che fare con quella precedentemente conosciuta. I protagonisti, quelli positivi quanto quelli negativi, dopo esser stati costretti a uscire dalla comfort zone si ritrovano a dover contare soltanto sulle proprie capacità, fisiche o intellettuali che siano, per poter sopravvivere. In una nuova e alquanto oscura collettività sparsa in giro per gli Stati Uniti, dove la legge del più forte sembra essere l’unica veramente conosciuta e temuta da tutti, si scontrano quelli che sono stati più capaci ad adattarsi, magari instaurando un sistema dittatoriale, contro quelli che cercano, almeno apparentemente, di riportare un ordine e un sistema il più possibile somigliante a quello preesistente. Alcuni tra i protagonisti di questa serie, spesso posti di fronte a difficoltà quasi insormontabili, sono interpretati da Tracy Spiridakos (conosciuta per il ruolo di Hailey Upton in Chicago PD), Billy Burke (spesso presente in diverse serie televisive) e Giancarlo Esposito (che presta il volto e la voce al dittatore di Far Cry 6 oltre ovviamente ad avere un curriculum cinematografico e televisivo di grande spessore).


Accolta dalla critica e dal pubblico molto positivamente Revolution ha lentamente perso spettatori venendo definitivamente chiusa dalla NBC. Ma gli ideatori e i produttori, in collaborazione con la DC Comics, hanno prodotto un fumetto in quattro parti, disegnato da Angel Hernandez, con il finale tanto atteso.

3 – 8 giorni alla fine

L’asteroide Horus ha deciso di terminare la sua corsa in Germania creando ovviamente il panico in tutto il mondo. Le azioni militari contro l’ammasso celeste non hanno sortito alcun effetto obbligando l’umanità intera ad avviare il conto alla rovescia.


Non è la prima né l’ultima volta che gli sceneggiatori affrontano un tema come quello dell’apocalisse imminente per raccontare storie di forte impatto ma nel caso di 8 giorni alla fine la situazione è differente. Non ci sono eroi pronti a sacrificarsi per il bene del prossimo, non ci sono reporter pronti a morire per raccontare la verità, non ci sono politici disposti a prendersi cura dei propri elettori. No, nella serie tedesca ideata da Rafael Parente e diretta da Stefan Ruzowitzky (vincitore nel 2008 come miglior film straniero con Il falsario – Operazione Bernhard) non c’è posto per gli eroi ma solo per le persone normali che, messe di fronte a una catastrofe imminente, devono fare i conti con la propria coscienza e la propria etica.


Trasmessa in Germania da Sky Deutschland nel marzo del 2019 e in Italia da Sky Atlantic pochi mesi dopo, 8 giorni alla fine racconta, in otto puntate, una per ogni giorno che manca all’impatto, come potrebbe essere l’umanità posta di fronte alla necessità di sopravvivere in una società civile che ha rinunciato a tutelare i suoi cittadini impedendo loro persino di abbandonare il luogo dell’impatto se non attraverso i viaggi della speranza, fatti da contrabbandieri senza scrupoli.
Certi della fine i protagonisti sono obbligati a confrontarsi con la loro parte più oscura dando sfogo alle peggiori pulsioni, apparentemente senza rimorso. Senza mai abbandonare la speranza i protagonisti di questa miniserie si battono per la loro vita e quella dei loro cari rendendosi conto, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto possa essere fragile e inquadrata l’esistenza comune e di come sia difficile poterla modificare per migliorarla.


8 giorni alla fine pone lo spettatore di fronte a uno dei più classici what if… obbligandolo a porsi delle domande alle quali difficilmente si riescono a dare risposte. Cruda, violenta, a tratti delirante, con una fotografia fredda e asettica, 8 giorni alla fine è un piccolo gioiello europeo poco conosciuto che vale veramente la pena di essere visto.

4 – Travelers

Travelers

I viaggi nel tempo sono uno degli argomenti più affascinanti della fantascienza e la serie Travelers (qui diciamo la nostra) ne è una degna rappresentante. Decisamente poco conosciuta, ma attualmente presente sul catalogo Netflix, Travelers è una di quelle serie che partono da un argomento già ampiamente sfruttato, l’umanità futura in grave pericolo e un gruppo di uomini mandato nel passato per salvarla, al quale gli sceneggiatori hanno dovuto, giocoforza, dare nuova linfa vitale per attirare e fidelizzare i telespettatori, riuscendoci perfettamente.


La serie si sviluppa su tre stagioni per un totale di trentaquattro puntate, andate in onda dal 2016 al 2018, e non ha un protagonista assoluto ma un gruppo di cinque tra uomini e donne il cui leader de facto è un agente speciale dell’FBI interpretato perfettamente da Eric McCormack (amatissimo Will di Will&Grace). Ciascuno dei personaggi, che nel corso delle prime puntate vengono ben definiti e caratterizzati, è alle prese con una serie di obiettivi prefissati utili per cercare di salvare l’umanità del futuro. Per farlo devono prendere possesso, attraverso un trasferimento di coscienza, di un corpo umano del XXI secolo in fin di vita. Saranno perciò costretti a vivere una vita che non appartiene loro facendolo nella maniera più insospettabile possibile, in una epoca che, ormai, è storia passata, rispettando protocolli precedentemente dettati da un’intelligenza artificiale che ne guida le fila come una sorta di burattinaio impazzito.

Fin dalla prima puntata lo spettatore viene immerso nella storia e la trama, con lo scorrere delle puntate, riesce a infittirsi senza mai ingarbugliarsi. Ricca di mistero, come per esempio questo incombente e drammatico futuro del quale non si ha nessuna immagine o racconto, e con una serie di sottotrame legate alla vita e ai legami dei cinque protagonisti, Travelers è un prodotto che sa creare suspence e la giusta empatia nei confronti di personaggi, interpretati da attori ancora semisconosciuti, che sanno farsi voler bene proprio grazie alle loro vicissitudini quotidiane.
Malgrado un buon successo in termini di share la serie non è stata rinnovata per una quarta stagione. A differenza di tante altre improvvisamente troncate per i fan di Travelers non è stato un dramma: sono in moltissimi ad affermare, infatti, che il finale della terza stagione è sorprendente, emozionante e molto profondo e perfettamente credibile come conclusione. Non certo come quello di Lost, viste le tante polemiche suscitate!

5 – Quando gli eroi volano

Tratta dal romanzo “When heroes fly” dello scrittore israeliano Amir Gutfreund, in Italia pubblicato col titolo “Per lei gli eroi volano” ideata, scritta e diretta da Omri Givon (già autore e regista di Hostages la versione originale israeliana) Quando gli eroi volano è la storia drammatica di cinque persone, quattro uomini e una donna, legati tra loro in maniera indissolubile e disposti a tutto per chiudere un capitolo della loro travagliata vita.

I quattro uomini, tutti ex militari dell’esercito di difesa israeliano, tra continui flashback che ci aiutano a ricostruire il loro trascorso ma soprattutto la loro psicologia, sono costretti a riunirsi controvoglia per ritrovare la donna che li tiene ancorati al passato, morta improvvisamente in un viaggio nella pericolosa giungla della Colombia. I quattro, ciascuno con la propria vita e con i propri problemi, mettono da parte i vecchi rancori mai sopiti per un bene comune scoprendo alla fine di un lungo e travagliato viaggio, soprattutto interiore, dalla moderna Tel Aviv alla rovinosa Bogotà, che l’accettazione di sé e il conseguente perdono siano la soluzione a molti mali dell’anima.

Quando gli eroi volano, a differenza delle altre serie presentate, non ha elementi fantascientifici, i momenti di tensione sono davvero pochi e le location piuttosto modeste eppure sa prenderti per mano e ti accompagna fino alla fine lasciandoti poi con quella sensazione di aver conosciuto dei nuovi amici ai quali non puoi che voler bene perché con loro hai sofferto imparando a conoscerli. Non è tanto la storia in sé, una faccenda che sfocia banalmente nel traffico di stupefacenti tra la Colombia e Israele, quanto i protagonisti, belli soprattutto perché veri e credibili, ognuno con le proprie magagne e i propri demoni interiori, tutti alla ricerca affannosa di un qualcosa che li aiuti a stare a galla nella vita per combattere la paura della morte, non soltanto fisica.

Premiata nel 2018 al festival delle serie televisive Canneseries come migliore serie, attualmente presente nel catalogo Netflix, vede, tra i suoi protagonisti Tomer Capon (Boaz in Fauda e Serge in The Boys) e Michael Aloni (Akiva in Shtisel). Quando gli eroi volano è una miniserie di dieci puntate che vale davvero la pena di esser vista e che, alla fine, potrebbe farvi comprendere anche qualche punto non ancora del tutto chiaro di Lost.

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