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True Detective 4 – La metafora della “lunga notte” potrebbe essere la chiave di tutto

true detective 4
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Il seguente articolo contiene SPOILER su True Detective 4.

La più grande differenza di True Detective 4 rispetto ai precedenti capitoli della saga HBO sta in un uso più esplicito dell’elemento del paranormale. Nella prima stagione (disponibile su NOW), il ruolo del Re Giallo e di Carcosa era servito anche per la costruzione di uno scenario che si sposasse al meglio con le caratteristiche dei due protagonisti. Diversamente, il quarto capitolo presenta fin da subito un immaginario ben preciso, contraddistinto dalle tonalità cupe dell’Alaska. Teatro di crimini e misteri strettamente legati al tipo di ambientazione in questione.

Avevamo già anticipato in precedenza un’osservazione sul modo in cui i personaggi di True Detective 4 si muovono all’interno del mondo narrativo della serie. La lunga notte polare che inizia subito, e che si dilungherà presumibilmente fino alla fine della stagione, sembra quasi essere invisibile per i personaggi. Questo dal momento che non si fa mai riferimento diretto a questa particolare condizione climatica. Una condizione che, invece, viene quasi sempre tirata in ballo come tema principale in prodotti che presentano ambientazioni analoghe. Dopo i fatti del quarto episodio, cominciamo a pensare che questo aspetto sia fondamentale proprio per la comprensione dell’intera serie. Ci sono diversi motivi che avvalorano questa tesi.

I personaggi di True Detective 4 si muovono come fantasmi all’interno di uno scenario fuori dal comune, rendendo l’atmosfera della serie surreale.

True Detective 4 (640×360)

Già all’inizio del primo episodio della quarta stagione di True Detective, il pubblico si scontra con la violenza degli abitanti di Ennis. Succede nella scena di un uomo arrestato per percosse sulla sua compagna. Al di là del misterioso caso degli scienziati della Tsalal, collegato a quello di Annie, negli episodi successivi si verifica un crescendo di crimini minori, violenze e proteste. Oltre al ricordo di altri violenti casi a cui Danvers e Navarro avevano lavorato in passato. In particolare, ci ha colpito l’ultima scenda del terzo episodio: le due detective si trovano all’ospedale per parlare con il dott. Lund, appena uscito dal coma, e nell’atrio della struttura scoppia una violenta rissa che coinvolge pazienti e altre persone.

Questo espediente distrae Danvers e permette a Navarro di restare sola con Lund che si rivolge a lei parlando per conto della sua defunta madre. Tuttavia, pensandoci bene, non può trattarsi di un semplice espediente qualunque. Si potevano usare altri mille modi per far sì che Navarro restasse da sola con il ricercatore. Da un punto di vista strutturale è un motivo valido per allontanare Danvers dalla stanza di Lund. Ma è lecito pensare che si tratti di un vero e proprio indizio, utile per ampliare il quadro della situazione degli spettatori.

Ennis è infetta da una rabbia feroce. Una rabbia percepibile negli sguardi spenti dei suoi abitanti e nei continui crimini che si verificano puntata dopo puntata.

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True Detective 4

La cosa strana è che i personaggi che si muovono all’interno di questo mondo così visibilmente ostile non fanno mai menzione della propria condizione. È come se la lunga notte, per gli abitanti di Ennis, non sia mai cominciata. Già di per sé è una cosa insolita che non si parli apertamente della condizione in cui gli abitanti di Ennis sono costretti a vivere. O che non si faccia menzione agli episodi di violenza sempre più frequenti restituiscono un senso di ansia crescente allo spettatore. Non c’è una spiegazione logica che lega i crimini minori che si verificano in città. L’unico elemento che emerge riguarda la rivalità tra nativi e non, che comunque rimane sempre sullo sfondo. Quasi come se fosse pronta a esplodere da un momento all’altro.

Anche la tragica fine di Annie Kowtok è viziata dall’odio di fondo della popolazione di Ennis. Annie protestava contro il progetto della miniera, che minacciava di inquinare le acque della città, e la sua fine è automaticamente collegata a una condizione di rivalità tra la sua gente e il resto della popolazione.

La teoria più interessante riguarda il parallelismo tra la condizione di buio perenne e il discorso legato all’inquinamento delle acque della città.

Annie Kowtok (640×360)

Questa teoria spiegherebbe tante cose: in primis il comportamento degli abitanti di Ennis, che non solo sarebbero ormai impassibili rispetto alla condizione di buio perenne, ma che potrebbero essere stati avvelenati dall’inquinamento sempre più consistente delle acque della città. La maledizione di cui si parla in True Detective 4, quella che terrorizza in prima persona la detective Evangeline Navarro, dunque, potrebbe essere una metafora che riconduce al tema dell’inquinamento: la follia collettiva che si sta manifestando in quel di Ennis sarebbe motivata dall’avvelenamento delle acque.

Questa condizione, di cui non si parla ancora abbastanza, è vista dai protagonisti come un segno divino, una maledizione arcaica scatenatasi forse proprio dopo la morte di Annie Kowtok, e risvegliatasi con l’omicidio dei ricercatori della Tsalal. Il minimo comune denominatore tra i due casi è Raymond Clark, l’unico ricercatore ancora disperso precedentemente legato ad Annie, ma è ancora da stabilire la natura del suo ruolo rispetto agli omicidi.

Non dimentichiamoci poi del primo (enorme) indizio sulla connessione tra prima e quarta stagione di True Detective: la famiglia Tuttle.

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True Detective 4 (640×360)

Nel primo episodio di True Detective 4, il nome della famiglia Tuttle emerge in una scena in cui la matricola Peter Prior elenca alla detective Liz Danvers le possibili piste da seguire sul caso della Tsalal, rivelando agli spettatori una inaspettata verità. La stazione di ricerca, infatti, è di proprietà di una ONG gestita da un conglomerato che risponde al nome di Tuttle United. La famiglia Tuttle, la cui integrità fu a mala pena scalfita dalle vicende della prima stagione, potrebbe essere dunque la diretta responsabile dell’inquinamento del territorio di Ennis. Ma tornando alla lunga notte, per concludere, la teoria più accreditata sarebbe proprio quella della metafora tra maledizione e follia collettiva; gli abitanti di Ennis sono delle semplici pedine di un gioco mortale, e si muovono come dei condannati inconsapevoli all’interno di un ambiente sempre più ostile.