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Perché dovreste assolutamente guardare la prima stagione di True Detective almeno una volta nella vita

Uno dei tanti gioielli di cui spesso ci si dimentica, pensando alla vasta collezione di successi della HBO, è True Detective. La serie antologica ideata da Nic Pizzolatto è uno dei capisaldi moderni del genere crime: cast stellari, fotografia curata nei minimi dettagli e riferimenti letterari davvero azzeccati. True Detective esordì con il botto nel 2014, e dopo dieci anni sta per arrivare al suo quarto rinnovo, che vedrà protagoniste Jodie Foster e Kali Reis. Ma il successo di questa serie è dovuto, in gran parte, proprio alla sua prima stagione, interpretata da due assoluti pesi massimi come Matthew McConaughey e Woody Harrelson, tra cui già era evidente la nota chimica che li accomuna. La prima stagione di True Detective è stata un vero e proprio uragano che ha travolto il mondo della serialità, rendendo unica la narrazione di un crimine sconvolgente che viene assorbito dai due protagonisti e sviscerato in un clima di totale nichilismo e pessimismo nei confronti dell’umanità. La serie HBO, per la maggior parte dei fan, non ha più eguagliato i picchi narrativi della prima stagione, che oggi vogliamo elogiare spiegandovi i motivi per cui dovreste assolutamente vederla, almeno una volta nella vita.

Rust e Marty

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Rust e Marty (640×360)

Matthew McConaughey e Woody Harrelson sono il volto sul biglietto da visita della prima stagione di True Detective, una serie che ha sempre puntato molto, anche successivamente, sulla scelta degli attori e sull’importanza dell’interpretazione dei personaggi messi in scena. Matthew McConaughey, nel 2014, viveva il suo periodo d’oro per eccellenza, coronato dalla vittoria dell’Oscar per il miglior attore protagonista nel medesimo anno di uscita della serie, e proprio in Dallas Buyers Club, film che gli ha garantito la vittoria, aveva avuto la possibilità di interpretare un soggetto mentalmente borderline, che gli sarà stato sicuramente d’aiuto per intavolare il suo personale rapporto con Rustin Cohle, detective dannato, profondamente nichilista che soffre di insonnia e vive solo ed esclusivamente per il proprio lavoro. D’altro canto, la performance di Woody Harrelson è ugualmente esaltante: l’attore interpreta Martin Hart, un detective della Louisiana con una personalità egocentrica e una visione della vita diametralmente opposta a quella del collega. I due si incontrano nello storico pilota di True Detective: Rust è stato appena trasferito in Luisiana, viene dal Texas ma ha vissuto tanti anni in Alaska insieme a suo padre, ha un passato recente difficile che lo ha traumatizzato e lo ha reso critico nei confronti del genere umano; Martin è un detective in carriera, ha una moglie e due splendide figlie, ma la sua ingombrante personalità lo porta spesso a sottovalutare l’importanza del suo mestiere e della sua posizione, oltre alle distrazioni extraconiugali che ben presto lo porteranno a dover affrontare una situazione estremamente delicata.

True Detective (640×360)

Il rapporto tra i due detective è altalenante: Martin, un po’ come da cliché, non vede di buon occhio il nuovo collega, soprattutto perché questi sembra non rispondere bene alla solita trafila a cui Martin sottopone i propri partner, tra cene in famiglia e tempo passato insieme al di fuori dell’orario lavorativo. Marty vede Rust, in prima battuta, come uno svitato, sottovalutando i demoni del passato che tormentano il collega; d’altro canto, Rustin non nasconde il proprio disappunto nei confronti del partner e dei suoi atteggiamenti immorali, ma preferisce accantonare sempre il tutto per concentrarsi sulla loro missione, ossia quella di rivolere l’inquietante caso dell’omicidio di Dora Lange, una giovane donna il cui cadavere viene rinvenuto sotto un albero solitario, in una piantagione sperduta, nel lontano 1995. Il caso di Dora Lange apre la caccia a uno spietato serial killer, una caccia lunga e decisamente in salita che dura ben diciassette anni, e che porta Rust e Marty a misurarsi con tutte le complessità dell’indagine, che si scontrano con i problemi dei due detective e con le proprie personalità a dir poco stravaganti. In True Detective, le vite private e le personalità dei due protagonisti, vengono sviscerate tramite una collocazione su tre linee temporali differenti, in ognuna delle quali vengono rivelati al pubblico nuovi particolari sul ritratto complessivo dei due personaggi principali. In definitiva, Rust e Marty sono due personaggi complessi e intriganti, accomunati proprio dalle differenze di vedute nei confronti della vita e, soprattutto, del tempo: Marty non accetta di dover invecchiare, vive una crisi di mezza età anticipata, mentre Rust ha accettato la propria condizione, fatto pace con il suo passato, e pontifica costantemente sull’inesorabilità dello scorrere del tempo, presentandosi agli occhi del collega e del pubblico come una specie di condannato a morte.

True Detective è una pietra miliare del crime in era moderna

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True Detective (640×360)

Al di là della scelta dei protagonisti e dell’ottimo sviluppo dei personaggi, la prima stagione di True Detective dimostra di essere un macchinario perfetto, cosa che ha inevitabilmente aumentato le aspettative per i capitoli successivi della serie: il caso di Dora Lange sembra, almeno fino alla metà della stagione, quasi un espediente narrativo come un altro, utilizzato per entrare nella mente dei protagonisti. Puntata dopo puntata, tuttavia, si comprende la complessità del caso, le cui fondamenta vanno ben oltre quelle di una normale indagine. In True Detective non mancano colpi di scena e stravolgenti turning point, attraverso i quali non solo si va a completare il profilo psicologico dei protagonisti, ma soprattutto si aprono sempre più corridoi che portano alla soluzione del caso, tra misteri e intrighi di pregevole scrittura. True Detective ha tante armi segrete, e una di queste è sicuramente la fotografia: gli sconfinati campi della Luisiana conferiscono un senso di impotenza, lo stesso che sembra condannare i due protagonisti a continuare perpetuamente a girare attorno alla reale soluzione dell’indagine; la regia in generale regala scene diventate oggetto di studio, come il famoso piano sequenza del quarto episodio. I paesaggi naturali si alternano ad ambientazioni asettiche e raccapriccianti: la simbologia di True Detective è davvero inquietante, e lo è ancora di più il fatto che molte delle location utilizzate riportino alla mente la storica saga di The Texas Chain Saw Massacre. L’atmosfera riesce, dunque, a far convergere sia le tonalità del thriller psicologico che quelle dell’horror, restituendo un’opera completa sotto tutti i punti di vista.

True Detective (640×360)

La colonna sonora è un altro tema importante all’interno del microcosmo di True Detective; la storica sigla della prima stagione sembra anticipare la condizione dei due protagonisti: spaesati e confusi, devastati dal senso del dovere e dalle difficoltà al mettere fine a una storia che li ha trascinati in un disturbante loop infinito. Considerando anche tutti gli elementi di contorno, è evidente che Rust e Marty siano il punto centrale della stagione, che nonostante sia costruita attorno a un caso a dir poco inquietante, riesce a ritagliare molto spazio alle implicazioni che questo ha avuto, e continua ad avere, sulla vita privata dei due protagonisti. La prima stagione di True Detective è una autentica boccata d’aria fresca per il genere crime, e il fatto che possa contare su due protagonisti del calibro di Matthew McConaughey e Woody Harrelson, che insieme sono sinonimo di successo, fa gran parte del lavoro. Forse è vero che la serie HBO non è più riuscita a ripetersi, ma vista la qualità della prima stagione è davvero complesso pensare di bissare un successo simile, destinato a restare un punto fisso nel panorama del crime moderno.