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True Detective: vedremo mai una stagione all’altezza della prima?

A distanza di pochi giorni dal finale di True Detective: Night Country (che puoi recuperare qui alla pagina dedicata NOW), possiamo finalmente tirare le somme sulla quarta stagione del crime drama targato HBO. Fin da quel lontano 9 marzo del 2014, quando è andato per la prima volta in onda l’episodio conclusivo delle vicende di Rust e Marty, a tutte le future reiterazioni della serie antologica è toccato di confrontarsi con le altissime vette raggiunte in quell’occasione da un team artistico d’eccellenza. All’appello Nic Pizzolato, Cary Fukunaga, Matthew McConaughey e Woody Harrelson.

Anche Night Country non è sfuggita a questo destino. Prima ancora della sua effettiva messa in onda, già i fan storici erano pronti a imbracciare i forconi e fare l’ennesima guerra alla HBO e a chiunque fosse coinvolto in qualche modo nella produzione di True Detective. La domanda che sorge spontanea è: come si è arrivati a questo? Cos’ha la prima stagione della serie di tanto speciale? E cos’è successo poi di tanto grave da alienare la fanbase a questo punto?

True Detective 1: la serie impossibile

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Rust e Marty in True Detective 1

Partiamo dal principio. True Detective 1 racconta la storia di Rustin Cohle e Matrin Hart, due detective della omicidi alle prese con un serial killer della Louisiana. Una premessa semplice, come ne abbiamo già sentite a centinaia in relazione al genere del crime drama. Eppure, i gli otto episodi che compongono la prima stagione della serie rappresentano una delle vette più alte mai toccate dalla televisione americana.

La formula vincente è una combinazione di diversi elementi, il primo dei quali sicuramente la sceneggiatura di Nic Pizzolato. Il racconto va ben oltre il semplice archetipo del caso da risolvere, e costruisce per i due personaggi principali delle psicologie profonde e credibili.

La scelta poi di affidare i ruoli di Rust e Marty a degli interpreti del calibro di McConaughey e Harrelson si è rivelata vincente.

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Rust e Marty in True Detective 1

Gli attori hanno affrontato una sfida per niente scontata, specialmente per McConaughey, che ai tempi dell’uscita di True Detective doveva ancora vincere l’Oscar per Dallas Buyers Club e rimaneva legato nell’immaginario del grande pubblico principalmente alle commedie romantiche. Nonostante ciò, il suo Rust emerge fin dal primo episodio come uno degli elementi più forti del racconto, e rimane ancora oggi il personaggio più ricordato dell’intera serie. L’alchimia tra i due interpreti principali è davvero leggendaria (per i nostalgici, ecco Matthew McConaughey e Woody Harrelson di nuovo insieme per la foto “reunion” di True Detective).

L’ultimo tassello del puzzle che ha consentito la realizzazione di True Detective si chiama Cary Fukunaga. Il cineasta di Oakland ha curato la regia di tutti gli episodi che compongono la prima stagione della serie, elemento che ha dato all’intero progetto un senso di continuità stilistica ed estetica degna dei più riusciti prodotti cinematografici. Il suo sguardo ha permesso al racconto di far emergere con ancora più forza e coerenza i temi cardine che lo compongono, come l’esistenzialismo, il pessimismo e la casualità della vita. Basti pensare a quanto fatto nel quarto episodio, e a quel lungo piano sequenza d’azione che è subito diventato un vero e proprio simbolo della serie. La regia di True Detective è senza dubbio uno degli elementi che ne hanno decretato il successo (se ti interessa l’argomento, trovi qui la classifica dei 10 migliori registi della storia delle serie tv).

Le due stagioni successive di True Detective e il peso delle aspettative

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Una scena di True Detective 2

Poi, la discesa. La seconda stagione di True Detective è stata un insuccesso clamoroso, una stroncatura netta sia in termini di pubblico che di critica. Nonostante a nostro avviso questa meriti una sorta di apologia. Qualche anno dopo, la terza stagione ha rappresentato una leggera ripresa, ma ancora una volta il grosso dei fan storici sono rimasti delusi. Tutto ciò ha comportato un tracollo progressivo degli ascolti, portando True Detective dallo status di serie evento a quello di un’anonima aggiunta al palinsesto televisivo.

Quello che è venuto a mancare rispetto al punto di partenza è l’unità d’insieme. True Detective 2 perde infatti uno dei pilastri della prima stagione, Cary Fukunaga, che viene per l’occasione relegato al ruolo di produttore. Si ritorna alla formula convenzionale in cui più registi lavorano a una singola stagione, una scelta che si è ben presto rivelata inefficace. È innegabile che l’assenza di Fukunaga abbia creato delle fratture profonde nell’identità stessa del progetto.

Così, True Detective 2 arriva sul piccolo schermo come un prodotto frammentato, e i fan si ritrovano davanti una serie completamente diversa. La terza stagione riesce in effetti a risultare più interessante, ma ormai gli appassionati sono rimasti scottati e molti non le danno nemmeno una possibilità. Questo in breve il percorso del crime drama fin qui, fatta eccezione ovviamente per la reiterazione più recente: Night Country.

Una nuova speranza per il futuro della serie?

La quarta stagione potrebbe però aver spezzato la maledizione. Torna l’idea del regista unico (non più Fukunaga ma Issa López), e con essa torna la visione d’insieme che aveva reso grande la True Detective 1. Certo, ci sono diversi dubbi e probabilmente le vette della prima stagione non sono ancora state raggiunte. Ma per la prima volta il futuro di True Detective sembra all’altezza delle aspettative gettate ormai 10 anni fa. Solo il tempo saprà comunque dirci come verranno ricordate le vicende delle detective Liz Danvers e Evangeline Navarro. Se non siete ancora convinti, qui vi spieghiamo perché dovreste assolutamente guardare la prima stagione di True detective almeno una volta nella vita.