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True Detective – Denvers e Cohle: l’eterno ritorno del falso ricordo 

Nell’infinito panorama delle serie crime, True Detective emerge come una creatura unica e a sé stante. Sin dalla sua prima stagione, la produzione HBO ha dimostrato di essere molto più di una semplice storia di investigatori e di serial killer. Gli spettatori hanno potuto scoprire un labirinto oscuro labirinto di mistero, filosofia e dramma umano. La sua capacità di esplorare le profondità della psiche umana e di mescolare magistralmente il genere noir con elementi filosofici e metafisici ha reso True Detective un’opera unica nel suo genere.

Dalla messa in onda della prima stagione sono però trascorsi dieci anni, e questo lasso di tempo per noi spettatori è stato come un limbo. True Detective 2 e 3 sono state delle delusioni totali o parziali (anche se la prima delle due meriterebbe forse un’apologia), e in entrambe le occasioni noi spettatori abbiamo sentito l’esigenza di tronare indietro alle vicende di Rust e Marty. “L’eterno ritorno”. Night Country potrebbe però aver spezzato la maledizione. La quarta stagione si posizione in totale opposizione con quanto fatto in precedenza, e nel far ciò trova un’identità nuova (potete recuperare la serie qui alla pagine dedicata NOW).

Dove True Detective 1 è maschio, caldo e sudato, True Detective 4 è femmina, fredda e sola.

Il cambio di rotta ha portato un rinnovato interesse da parte della critica, ma una per buona fetta degli spettatori non è ancora abbastanza: e allora partono i rimpianti per una prima stagione irripetibile. Un “falso ricordo”?. Non proprio, ma il punto è questo: Night country è una cosa diversa rispetto a True Detective 1, e un confronto tra i due racconti è una cosa che ormai non ci serve più (se proprio vi interessa sapere se qualche stagione sarà mai all’altezza della prima, provate qui). Questo articolo nasce allora come una celebrazione delle due iterazioni della serie. Due racconti diversi, indipendenti e dotati di un senso che è proprio e compiuto. Il nostro discorso verrà portato avanti a partire dai due protagonisti: Rust Cohle e Liz Danvers.

Rust Cohle e il non-senso dell’esistenza umana

Rust in True Detective (640x360)
True Detective, il personaggio di Rust Cohle

Rust Cohle è uno dei punti più alti toccati dalla scrittura televisiva e dalla recitazione di Matthew McConaughey. Profondamente tormentato e introspettivo, è un detective dalla mente acuta ma dallo spirito logorato da un passato di perdita, di sacrificio, di violenta penitenza. La caratteristica più evidente di Rust è la sua visione nichilistica del mondo, elemento che si manifesta attraverso certo lunghi monologhi che sono nel tempo diventarti uno dei simboli eterni di True Detective. La sua è l’idea di un’esistenza priva di significato intrinseco, un oscuro corridoio di sofferenza e di vuoto.

Nonostante un certo senso di distacco nei confronti della vita che lo caratterizza, Rust è guidato da un profondo senso di giustizia. La sua moralità anarchica si accompagna a una necessità di affrontare l’oscurità che permea il mondo. La sua ossessione per il caso irrisolto al centro della narrazione è alimentata non solo dalla ricerca di verità esterne, ma anche dalla sua esigenza interiore di redenzione e significato. Questo conflitto interno tra disillusione e desiderio di giustizia crea una tensione palpabile nel personaggio, rendendolo affascinante e al contempo disturbante.

Rust in True Detective (640x360)
Rust in True Detective

Nonostante le sue imperfezioni e il suo cinismo, Rust rappresenta anche una sorta di eroe tragico: un individuo che combatte contro le forze del male nonostante una convinzione ferrea nella natura inesorabile e corrotta dell’universo. Il suo viaggio attraverso la serie rivela un processo di auto-rivelazione e crescita personale che culmina in un rinnovato desiderio di ricerca di senso nell’apparente caos del mondo. In definitiva, Rust Cohle rimane uno dei personaggi più iconici e psicologicamente profondi della televisione contemporanea, un’impronta indelebile nella mente degli spettatori. Nel caso ve la foste persa, ecco perché dovreste assolutamente guardare la prima stagione di True Detective almeno una volta nella vita.

Liz Denvers e l’illusione del controllo

Liz Denvers è tutto un altro personaggio, com’è giusto che sia. È una detective attenta, razionale, dotata di un distacco che la rende lucida ai limiti dell’inumanità. È solo una scorza: Liz combatte con un demone non diverso da quello che conosce Cohle. il suo passato è segnato dalla perdita di un figlio, un trauma mostruoso con cui la donna combatte tutti i giorni e tutte le notti, con gli occhi aperti nel mistero dei suoi incubi. Allora il raziocinio diventa una strumento per difendersi, per nascondere le vulnerabilità e allontanare i terrori dell’esistenza.

Liz in True Detective (640x360)
Liz Denvers in True Detective

Non crede nei fantasmi e negli spiriti animali, non crede nel soprannaturale né in tutte le superstizioni ai credono i suoi colleghi. Nella città di Ennis queste credenze sono molto comuni, e Denvers se ne tiene a debita distanza. Eppure i mostri esistono. La detective dà la caccia a uno di questi, a una forza oscura che per quanto si sforzi non riesce a comprendere. Il suo è un percorso congelante, perso nel buio eterno della notte; una via incerta che la porta man mano a mettere in dubbio tutto e sé stessa.

Esistono dei fan che hanno tacciato il personaggio Liz Denvers di monodimensionalità, una critica un po’ ingiusta e, nelle sue versione più contorte, anche superficiale. Non è così: è un personaggio freddo e respingente, e in questo incarna a pieno il senso profondo di Night Country. L’eterno ritorno del falso ricordo sta tutto qui: se l’aspettativa continua ad essere True Detective 1, allora l’aspettativa è tutta sbagliata. La serie è andata avanti: quando saremo disposti a farlo anche noi?
E se siete alla ricerca di altri personaggi complessi, vi lasciamo con 10 personaggi delle serie tv che hanno una doppia vita.