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Black Mirror 6×05 – La Recensione: era meglio Lucifer

Of course we all want change, but the right kind.

Ironico come l’ultimo episodio della sesta stagione di Black Mirror metta in scena le bassezze più infime dell’animo umano e sia, allo stesso tempo, il punto più basso di questa nuova tornata di storie antologiche. “Demon 79” è un esperimento, un altro tentativo sfortunatamente mal riuscito da parte di Charlie Brooker di addentrarsi in boschi oscuri inesplorati. Come nel caso di “Mazey Day”. Questa volta lo showrunner utilizza persino un capro espiatorio nel caso in cui le cose possano mettersi male, quello di Red Mirror, sorella gemella di Black Mirror nonché controparte più sanguinosa e horror. Con quello che sembrerebbe, in effetti, l’annuncio di una serie tv spin-off, Brooker chiude questa stagione con la storia più fuori dal coro dell’intero parterre. Una storia di patti con il diavolo, sacrifici e apocalisse alla vecchia maniera.

ATTENZIONE! Se non avete visto ancora il quinto episodio di Black Mirror, la recensione potrebbe contenere SPOILERS.

Black Mirror
Anjana Vasan (640×360)

Il folklore della maggior parte delle culture del mondo, a prescindere da quanto diverse possano essere tra di loro, ha in comune un topos ricorrente: quello del patto con il diavolo. L’immagine del Diavolo attraversa tutta la letteratura, rielaborata secondo varianti diverse ma unite da alcuni punti in comune: l’idea del male assoluto e, appunto, quella del patto. Nella cultura occidentale, figlia della morale cristiana, il male assoluto assume le fattezze di Lucifero, angelo caduto e signore dei dannati. Satana ricorre nella letteratura e nella cultura come immagine ora di diavolo tentatore, ora di principe dell’oscurità alimentando un immaginario dalle molteplici variabili. Anche il diavolo dantesco è un essere mostruoso, la cui antica beltà è stata completamente corrotta e distorta dal peccato.

Siamo di fronte a una rappresentazione molto lontana, ad esempio, dal Lucifero di John Milton che descrive, invece, l’essere come un angelo caduto il cui unico, reale peccato è stato il suo orgoglioso tenere testa a Dio. Bellissimo e maledetto, la “stella del mattino” è ben diversa dal diavolo medievale di cui la Chiesa si era fatta portavoce, un’interpretazione di cui rimarranno particolarmente affascinati i poeti romantici e non solo. Infatti, in tempi più moderni all’immagine tradizionale e orripilante del diavolo (quella che, per intenderci, vive in quel filone cinematografico denominato come “film horror demoniaci”) se ne affiancata una di principe delle tenebre bello e dannato. Il mondo del cinema e delle serie tv ne è pieno zeppo: dal demonio di Al Pacino in “L’avvocato del Diavolo” fino al Lucifer dello show omonimo targato FOX, con protagonista Tom Ellis.

Black Mirror
Paapa Essiedu (640×360)

In “Demon 79”, il diavolo tentatore non ha le caratteristiche né del mostro degli inferi né tantomeno del seduttore per antonomasia. A dirla tutta, il signor Diavolo a capo della sezione non si è nemmeno fatto vedere lasciando il lavoro sporco, ma anche qui si fa per dire, a un sottoposto di nome Gaap. Intrappolato all’interno di un talismano che reca curiosamente il simbolo presente già in “White Bear” (una delle puntate più cruente della serie tv), Gaap viene liberato da Nida Huq, commessa di scape in un grande magazzino di Londra che vive tra ansie e paure.

Una volta liberato, il demone le comunica che dovrà uccidere tre persone a sua scelta, tre vittime sacrificali per impedire che avvenga l’apocalisse. Gaap sembra sinceramente interessato alle sorti del mondo, d’altronde ne va di una sua eventuale promozione. Se Nida dovesse fallire, sarebbe la fine di ogni cosa e il demone verrebbe spedito nel vuoto cosmico per non aver saputo adempiere al proprio incarico. La puntata, quindi, mescola il topos inflazionato di cui abbiamo parlato prima con un altro dal sapore molto più orientale, quello del genio della lampada e dei tre desideri.

Di fronte a un tema così classico, Black Mirror risponde con una morale delle sue. Chi è il vero mostro?

Nida (640×427)

Nell’Inghilterra a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, il nazionalismo dilagante e lo spirito nettamente xenofobo fanno riflettere tanto e rendono la decisione di Nida più comprensibile di quanto vorremmo ammettere. Il mondo nel quale vediamo muovere la nostra protagonista fin da prima dell’arrivo di Gaap è grigio e senza cuore, un mondo che non ha alcun interesse a conoscere il diverso ma solamente a giudicarlo. Di fronte al razzismo con il quale ha a che fare ogni giorno, Nida trova in tutto sommato allettante l’offerta fattale da Gaap.

Persino quando fallisce nel portare a termine il terzo omicidio, è possibile intravedere una sorta di vendetta karmica da parte di Nida rispetto alla fine del mondo. L’apocalisse che si abbatte sotto forma di bombardamenti nucleari è una fine che l’umanità ha scelto per se stessa, più spaventosa persino di qualsiasi patto con qualsivoglia demonio. Il vuoto cosmico che attende Gaap e Nida diventa quindi una liberazione, una fuga ultima lontana da una società che l’ha sempre maltrattata e alla quale, a ben pensarci, non deve nulla. Il messaggio estremamente cinico di Black Mirror si perde, purtroppo, all’interno di una narrazione scialba e senza tono, impoverita da un umorismo fuori luogo e che ci impedisce di riflettere davvero sui diversi sottotesto che “Demon 79” avrebbe potuto offrire. A conti fatti si tratta dell’episodio più debole del gruppo.

La conclusione amara di una Black Mirror nella quale non riusciamo più a specchiarci come dovremmo.