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Briganti – La Recensione della nuova serie originale Netflix made in Italy

Il seguente articolo contiene SPOILER sulla nuova serie Netflix, Briganti.

Da pochi giorni è sbarcata su Netflix una serie tv tutta italiana, il che è già di per sé sufficiente per attirare la nostra attenzione. Ma ciò che ci ha colpito, e per certi versi preoccupato di più di Briganti è che si tratta di un period drama. E non di un period drama qualunque, perché è ambientato in un periodo storico piuttosto inconsueto per la serialità italiana: gli anni dell’Unità. Briganti racconta la versione dei popoli invasi dal nord durante l’Unità d’Italia, proponendo uno spaccato di storia tutt’altro che banale. I period drama così datati, a essere onesti, sono in realtà tra i punti deboli della produzione seriale del nostro paese, motivo per cui la scelta di Netflix di puntare su una serie come Briganti è comunque da ammirare, a prescindere dal giudizio finale. La nostra recensione.

Briganti mescola realtà e finzione mettendo in scena la storia di alcuni dei più noti banditi dell’Ottocento italiano

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Una scena di combattimento in Briganti

Ebbene sì, la maggior parte dei protagonisti di Briganti sono personaggi realmente esistiti. Pennacchio, Ciccilla e Schiavone, detto Sparviero, sono solo alcuni dei banditi che, dopo la battaglia contro i garibaldini, scelsero la via del brigantaggio per tentare di fuggire da una condizione di disagio economico e sociale. Briganti mette in scena la versione della controparte, quella mai abbastanza evidenziata nei libri di storia, quella della povera gente innocente che vide invasa la propria terra durante gli anni dell’Unità.

Nella versione raccontata dalla serie, i piemontesi invasero il Regno delle Due Sicilie, saccheggiando i popoli che lo abitavano e riducendo il profondo sud in miseria. L’oggetto del desiderio della narrazione è il leggendario Oro del Sud, protetto dai piemontesi guidati dal perfido Fumel, intenzionato a portarlo al nord. E’ in questo contesto di instabilità e incertezze sociali che si fanno strada i temibili briganti: uomini e donne pronti a tutto pur di riconquistare la propria libertà.

La leggendaria profezia che i briganti si tramandano da generazioni parla di una donna che salverà il sud

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Ciccilla, interpretata da Ivana Lotito

Il ruolo della donna, all’interno della serie, assume un valore centrale fin da subito. La protagonista è Filomena, una giovane donna sposata con un nobile violento che la tratta come un oggetto, abusando di lei quotidianamente. La svolta avviene quando Filomena, interpretata da un’ottima Michela De Rossi, decide di ribellarsi alle angherie del marito, accoltellandolo con rabbia e uccidendolo. Filomena non può fare altro che darsi alla macchia per sfuggire a morte certa. Da qui comincia la sua epopea tra gli incontaminati luoghi del regno, dove presto si imbatte nel clan dei Monaco. Briganti esalta l’importanza della figura femminile, appellandosi alla storia e raccontando di una società matriarcale, in cui la donna era spesso a capo della famiglia e, come nel caso dei Monaco, aveva un ruolo fondamentale nelle strategia dei clan.

Ciccilla è infatti la leader assoluta del clan Monaco, ed è forse il personaggio femminile più riuscito di Briganti. In generale, lo sviluppo dei personaggi non ci ha convinto fino in fondo. La serie tende a dare fin troppo spazio alle dinamiche interne delle fazioni, spesso dando per scontato che il pubblico sia totalmente informato sui fatti. I personaggi hanno tutte le carte in regola per emergere, ma sono davvero pochi quelli che riescono a conquistare l’attenzione del pubblico. Su tutti, Michelina sembrava poter essere il personaggio di svolta, ma la sua gestione è stata un po’ macchinosa, viziata probabilmente da un ingresso troppo tardivo nella narrazione. Filomena, invece, si è evoluta molto velocemente nel corso degli episodi, complice anche un finale in cui la giovane donna viene messa di fronte alla dura realtà: nel suo nuovo mondo non può fidarsi di nessuno, nemmeno di chi ama.

La serie è un’ottima notizia per il mercato italiano: Netflix prova a sperimentare e lo fa con un prodotto di assoluta qualità 

Filomena, la protagonista di Briganti

Il fatto che il period non sia proprio nelle nostre corde è un mito che va necessariamente sfatato. La storia d’Italia, proprio come dimostra Briganti, è ricca di storie, leggende e miti affascinanti che meriterebbero di essere raccontati. La potenziale internazionalità della produzione italiana passa proprio da storie local come questa, capaci di affascinare il pubblico estero molto più di qualsiasi altro racconto trito e ritrito legato alla nostra attualità. Briganti si mette in gioco con l’intento e la consapevolezza di essere innovativa e, di conseguenza, sperimentale. Ma è proprio grazie a queste condizioni che gli autori hanno potuto esprimersi al meglio, mescolando i toni del drama, del classico western leoniano e del comedy, ottenendo un prodotto innovativo e interessante, per quanto confusionario (per certi versi). Il tono di voce di Briganti è molto particolare: la serie vuole in qualche modo provocare lo spettatore, lasciandogli pochissimi punti di riferimento. 

Questo lo si evince fin dalla sigla, un vero e proprio grido di battaglia a cura del sempreverde Raiz. Non mancano poi i riferimenti al western, come anticipavamo prima, e in particolare all’iconografia di Sergio Leone. Non solo le lunghe distese e le spaziose e suggestive riprese dei luoghi, ma anche la scelta di caratterizzare uno dei protagonisti assoluti, il temutissimo Sparviero, rendendolo piuttosto simile al Biondo di Clint Eastwood, in modo da omaggiare un gigante del nostro cinema come Leone. E’ proprio da questo tipo di identità che vuole partire Briganti, che ha già gettato le basi per una seconda stagione. Il cliffhanger finale della serie è inaspettato, ma è anche una fortissima dichiarazione di intenti: il cast di Briganti, già di per sé piuttosto notevole, va ad arricchirsi di altri due grossi nomi.

La serie ha molto potenziale, ma il passo per raggiungere la credibilità necessaria per un prodotto simile è ancora da compiere

La serie ha una forte identità, seppure di non immediata comprensione, e i risultati ottenuti in questi primi giorni sulla piattaforma sono incoraggianti. La scelta di Netflix Italia di puntare su un prodotto così “rischioso” è comunque da ammirare, e lascia ben sperare sul futuro della produzione originale per quel che riguarda il bel paese. La sperimentazione è sempre positiva, soprattutto quando va a valorizzare storie local e territori come quella di Briganti. Vi lasciamo con una lista delle 10 migliori serie tv italiane dal 2018 a oggi.