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La classifica degli episodi di Black Mirror 6, dal peggiore al migliore

Black Mirror 6 ha ormai smarrito la via, e già da diverse stagioni: il passaggio a Netflix e la persistenza sulla piattaforma hanno fatto decisamente male al creatore Charlie Brooker, che ha ormai perso il genio e l’ispirazione che ci avevano regalato due prime stagioni da vero pugno nello stomaco.

Ormai l’ombra di se stessa, tristemente auto citazionista e compiaciuta nel rimestare nella propria gloria, Black Mirror è giunta ormai alla sesta stagione, sempre accolta da un coro di critiche e qualche sporadica voce entusiasta. Non è tutto da buttare, qualcosa si può ancora salvare di questa serie, ma forse sarebbe meglio valutare di fermarsi, per non perdere del tutto la stima dei fan.

La sesta stagione della serie che è stata capace di prevedere e anticipare molti trend tecnologici e innovativi della modernità e che pone al centro la riflessione sul difficile rapporto tra uomo e tecnologia è composta da cinque episodi, che abbiamo classificato dal migliore al peggiore.

Così, se ancora non l’avete vista, sapere da quali episodi di Black Mirror 6 cominciare la visione.

5. Demon ’79

black mirror 6

Black Mirror (640×360)

L’episodio che si piazza in fondo alla classifica avrebbe potuto tranquillamente concorrere per i primi posti: il problema è che la tecnologia è pressoché assente da questo episodio. Non c’è Black Mirror senza tecnologia, è un binomio inscindibile che ha fatto la fortuna di questa serie e che avrebbe potuto fare la fortuna di questo episodio se, insieme alla riflessione sulle patologie mentali e su ciò che si è disposti a fare per fermare una catastrofe, Charlie Brooker si fosse preso la briga di inserirci una riflessione sui rischi della tecnologia.

Siamo negli anni Settanta e una commessa comincia a sentire la voce di un demone (decisamente pittoresco) che nessuno oltre a lei percepisce che le dice che, se non ucciderà almeno tre persone in tre giorni, arriverà la fine del mondo. In questo episodio incontriamo alcune delle caratteristiche tipiche delle prime, ispirate, stagioni di Black Mirror, una su tutte il black humor tipicamente inglese. A pesare troppo sul giudizio degli spettatori e della critica è però la lunghezza eccessiva dell’episodio, oltre 70 minuti, e lo scarso approfondimento psicologico che viene dato ai personaggi, soprattutto quando si passa a riflettere su quanto sia facile trasformarsi in violenti.

4. Mazey Day

black mirror 6

Black Mirror (640×360)

L’episodio che si posiziona come vice-peggiore di questa classifica dal migliore al peggiore è anche quello che fa meno sfoggio di tecnologia e aspetti fantascientifici, basandosi su una realtà che è già di per sé sufficientemente inquietante. Un paparazzo a corto di denaro vede l’occasione di rifarsi quando viene incaricato di scattare a tutti i costi una foto a un’attrice che, dopo essere scappata in seguito a un incidente, si sospetta abbia problemi di dipendenza dalle droghe.

La sua ossessione per questa missione avrà, com’è da aspettarsi in Black Mirror, dei risvolti tutt’altro che rassicuranti. Questo episodio avrebbe potuto tranquillamente guadagnare qualche posizione e dare filo da torcere a tutti gli altri, per la potenza delle tematiche trattate: la mancanza di scrupoli da parte della stampa, il senso di onnipotenza che dà avere il potere di rovinare la reputazione a qualcuno, quello che si è disposti a fare per i soldi.

Purtroppo, però, Mazey Day si perde in un finale frettoloso ed eccessivamente sopra le righe che dà l’impressione che Charlie Brooker non sapesse bene come concludere la storia.

3. Lock Henry

Black Mirror (640×427)

Un’altra puntata che, come scritto anche nella nostra recensione, cita in maniera abbastanza evidente un altro prodotto Netflix di punta, Monster: The Jeffrey Dahmer Story, con uno straordinario Evan Peters, che ha spopolato lo scorso autunno. Una coppia va in una cittadina della Scozia per girare un documentario sulla natura, ma abbandona il progetto dopo essersi resa conto di trovarsi al centro di una serie di misteri oscuri e legati al passato della città.

In questo episodio Black Mirror 6 porta in scena la curiosità morbosa legata a crimini avvenuti nel passato, che continuano a vivere nel presente avvelenando la comunità e creando un circolo vizioso di cui i media si abbeverano. Quando si diventa così intrigati da un delitto da trascurare anche ciò che vogliono i sopravvissuti o i parenti delle vittime per soddisfare la propria curiosità, c’è un grosso problema nella nostra società.

Una società che sembra funzionare solo grazie a energie negative, a curiosità insaziabili e morbose, a una pornografia del male che non conosce limite e decenza.

2. Joan is awful

Black Mirror (640×360)

Il primo episodio di Black Mirror 6 racconta la surreale storia di una donna che, per caso, scopre che su una piattaforma streaming (che rievoca in tutto e per tutto Netflix) c’è uno show che adatta la sua vita ma con protagonista Salma Hayek.

Sì, avete ragione, detta così sembra veramente una scemenza, e in parte lo è: a cominciare dal grottesco rimando della piattaforma di nome Streamberry a Netflix, una sorta di doppio malvagio, come suggerito anche dalla nostra Serena Faro nella sua recensione. Ma questo episodio nasconde una critica potente al potere che noi cediamo alle grandi aziende quando, senza pensarci, gli affidiamo i nostri dati personali. Una riflessione che è particolarmente d’attualità, in tempi di intelligenze artificiali capaci di replicare noi stessi sui social, di generare testi scritti da noi e, forse, in un futuro non troppo lontano, di trarre una serie tv dalla nostra semplice e apparentemente insignificante esistenza.

Una delle puntate che scorre più velocemente di tutte, con i primi minuti dal ritmo veramente incalzante e una sensazione strisciante di angoscia che ci fa quasi sperare di stare assistendo a uno degli episodi delle stagioni più gloriose. Sicuramente a far guadagnare il podio a questo episodio le interpretazioni di Salma Hayek, impeccabile nel riproporre in chiave glamour l’esistenza di Joan, interpretata da Annie Murphy.

1. Beyond the Sea

Black Mirror (640×320)

L’episodio migliore di questa stagione di Black Mirror 6 è anche quello con la maggiore presenza di star, con nomi come Aaron Paul, Josh Hartnett e Kate Mara. Si tratta anche della puntata che ha il respiro più cinematografico, dal momento che dura ben 80 minuti, e che ha l’impianto visivo più d’impatto, essendo ambientata per buona parte nello spazio. Forse in alcuni momenti la sensazione di aver già visto qualcosa può assalire lo spettatore, d’altronde abbiamo ancora tutti negli occhi le atmosfere parodistiche di Star Trek dell’episodio USS Callister, che vedeva anche in quel caso una bella parata di star tra Jesse Plemons e Cristin Milioti.

Le premesse dell’episodio, d’altronde, sono in buona parte simili a quelle di USS Callister: due astronauti viaggiano nello spazio e le loro coscienze sono duplicate in due repliche sulla Terra, che continuano a vivere la loro vita, fino a che uno dei due perde la propria famiglia in un modo che ricorda molto gli omicidi della Manson family.

Gli aspetti positivi di questo episodio sono sicuramente legati al livello degli interpreti: dei veri fuoriclasse della recitazione, in particolare Aaron Paul, che si ritrova col difficile compito di interpretare due personaggi. La riflessione sulla natura umana, sulla sottile differenza tra coscienza e corpo materiale, su ciò che ci rende persone e su quanto sia difficile (o facile) trasformare una persona per bene in un criminale è un altro aspetto che rende Beyond the Sea forse la migliore puntata di questa sesta stagione.

L’aspetto negativo è forse l’eccessiva lunghezza dell’episodio, in parte non giustificata perché la narrazione più volte sembra perdersi senza arrivare a un punto. Questo episodio è stato anche il più acclamato dalla critica, oltre che dal pubblico.

Neanche questa volta Black Mirror 6 è riuscita a stupirci, regalandoci al massimo qualche ora di intrattenimento ma restando anni luce lontana dalle atmosfere da pugno nello stomaco delle prime stagioni. Provaci ancora, Charlie Brooker.