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The Walking Dead 5×14: Daryl è in sella, si avvicina il final lap

La 5×14 di The Walking Dead si apre con le strade ancora dormienti di un’Alexandria a prima mattina.

Dopo l’approdo alla comunità, i nuovi arrivati si stanno integrando alla vita attuale e vedono TRASCORRERE i giorni in maniera piu’ distesa e tranquilla, almeno per come se la passavano prima di arrivare lì. Vediamo quindi nascere e crescere nuove situazioni che si intersecano tra loro con i personaggi già presenti.
Sembra uno spaccato di routine la scena del giovane allievo Noah che incontra il ‘professore all’universita’, il marito di Deanna, per la sua prima lezione di architettura. Ed è bello lo spirito del ragazzo , la sua voglia di imparare, il suo proposito di un futuro da tramandare ai posteri. Il risorgere di un’alba di una nuova società/civiltà ,in un tempo non più allenato a pensare un futuro, passa per aspirazioni di questo genere e vede in quell’entusiasmo molto di più che il solo ‘sopravvivere’ a cui ci si è ormai abituati.
Su indicazione di Mister Monroe comincia a prendere degli appunti.
Sul suo nuovo diario la frase : questo è l’inizio.
Ma in questa scena così piena di buone intenzioni/impressioni c’è l’indizio che la tranquillità è solo apparente e quelle 4 parole siano solo il preludio di qualcosa di tutt’altro che tranquillo. Purtroppo la sopravvivenza è la cruda realtà e non è affatto diventata ‘scontata’ : il sogno del futuro crolla dinanzi a un presente fatto di guardarsi le spalle e salvarsi la pelle, in ogni istante. Sempre.
Infatti Noah muore il giorno stesso, davanti agli occhi straziati di Glenn che non può fare null’altro che assistere con orrore agli zombi che lo divorano. (Scena truce, molto ‘romeriana’).
In un attimo quel futuro non esiste più.


(FOR KIRKMAN: dopo aver ‘sacrificato’ Bethina per lui, pensavamo ad uno sviluppo migliore per Noah. questa scelta sembra dare ragione alla ‘tradizione’ che vede i personaggi di colore nei film morire per primi)

La morte dietro ogni angolo, ‘dont’open dead inside’: è stata sempre la dottrina di questo nuovo mondo post-apocalittico. Ma ad Alexandria a volte sembrano ignorare questa amara verità. Alcune sequenze ingannano anche noi.
In effetti la puntata parte lentamente,soffermandosi proprio sugli aspetti soft ,i baci di Maggie e Glenn, le ‘battute’ scherzose di Tara, il piagnucoloso Eugene che borbotta le sue teorie arzigogolate sulla paura di uscire. Abbiamo anche musica e bassi a palla, inusuali per The Walking Dead (fa venire in mente un’altra serie della AMC piena di questi ritmi)

And now you’re going to die’ pompano (e ‘spoilerano’) gli Knife Party con ‘Internet Friends’

La partenza con il furgone sembra più un’uscita in discoteca che una spedizione dove tenere gli occhi ben aperti.
E purtoppo l’indizio di cui parlavamo prima diventa una certezza una volta fuori, nonchè il presagio di una nemesi beffarda . Nella missione per recuperare un pezzo per ripristinare la corrente, la paura e l’inesperienza di Aiden provocano un’esplosione dove ci rimette la vita il figlio di Deanna stesso (è durato poco il ganzo) divorato anch’egli ferocemente dalle bocche affamate dei non-morti (e dove si scopre anche qualche retroscena sull’applicazione dei ‘protocolli’ in diffuso tra gli alexandrini).
Glenn, da grande uomo ,tenta di salvarlo ma è inutile, e Nicholas, pur di salvare la sua di vita, se ne fotte di protocolli e tutto e mettendosi in salvo fa in modo che quella porta girevole diventi una ruota della morte dove, come abbiamo detto, ci lascia le penne il povero Noah. Anche Tara è mezza morta, e finalmente Eugene cuor di leone, messo alle strette, trova un po’ di coraggio e si ritaglia un pezzo di gloria. Prima trascina Tara priva di sensi fuori pericolo, poi con il trucco del rumore che attira gli zombi, attiva il furgone in modalità discoteca ambulante (e così ci sentiamo un’altro po’ di subwoofer). La musica ‘capta’ i vaganti e questo consente a Glenn di scappare e salvarsi. Nel viaggio di ritorno verso Alexandria vediamo Glenn in lacrime al volante, Tara ferita con a lato Eugene che chiede -dov’è Noah?-
e l’inquadratura si sposta proprio sulla prima pagina del suo diario, dove leggiamo quella scritta : questo è (solo) l’inizio…

Quindi cari walkers preparatevi per un finale di stagione bello tosto!

Ma i pericoli non sono solo fuori, e non sono solo gli zombi quelli a far paura.
All’interno della comunita’ troviamo altre situazioni che si intrecciano tra loro. e così scopriamo questa figura poco chiara di Pete,il medico marito di Jessie. Lo vediamo prima far visita a Rick (ohoh!) offredogli la sua amicizia con tanto di discorsi stralunati sul dispiacere per la morte della moglie Lori e a cui corrispondono sguardi non proprio amichevoli del nostro sceriffo, e successivamente , non aprire la porta a Carol. In entrambi i casi visibilmente sotto effetto di alcolici. A lui si ricollega la figura del figlio, Sam ,che ritorna a farsi vivo da Carol dopo la situazione nell’armeria. Carol in un primo momento gli da poco conto, quasi lo ‘scaccia’ burberamente ma poi attraverso le cose che le chiede il bambino, fiuta che c’è qualcosa di strano nella sua famiglia. Sam infatti, prima si lascia scappare una frase che colpisce la donna ‘ non è indispensabile che siamo amici, l’importante è che non stiamo in silenzio’ e poi le chiede di poter avere una pistola.Ma alla domanda di Carol di cosa dovesse farsene di quella pistola ,il bambino scappa via senza rispondere.
Carol ha già capito tutto. Lei lo sa,chi meglio di lei che l’ha vissuto sulla sua pelle. Ed intuisce immediatamente la situazione, così velocemente che, dopo aver tentato di parlare con Pete ed aver ricevuto il rifiuto di farla entrare a casa sua, si presenta da Rick proponendo di uccidere l’uomo come ‘solo modo possibile’.
Sul diario di Noah c’era scritto : this is the beging – questo è l’inizio

La 5×14 si chiude con questa scena dai propositi molto meno ‘lucenti’ rispetto a quelli di Noah. A cui si mescolano le parole farneticanti di Padre Gabriel alla signora Monroe ,in un montaggio asincronico che comprende un altro personaggio che vediamo imporsi di prepotenza: Abraham.
Questo personaggio, dopo la batosta della bugia di Washington, ha accresciuto nell’ombra del suo mutismo una ritrovata ‘voglia di sopravvivenza’. Lo vediamo rimettersi la divisa da sergente, con l’investitura direttamente da parte degli uomini del cantiere, ed il suo discorso ‘in cattedra’ sembra caratterizzarlo in una sorta di capo dei lavoratori, venendo fuori la sua personalità da leader lo vediamo dettare le regole per un modo più efficiente di lavorare e di difendersi.
Quindi , anche se con qualche raptus di troppo sembra non se la passi male baffo (ha ancora Rosita nel letto) , lo vediamo applicato in una specie di ‘outing’ nel suo appartamento per placare i turbamenti che non lo lasciano dormire ma liberarsi successivamente quando stermina da solo una mandria di vaganti. In realtà cio’ di cui ha veramente bisogno è una ‘missione’ ,come quando aveva quella di Washington ,per sentirsi vivo ,per giustificare tutta quella sua esuberanza ,e con questo nuovo incarico sembra averla trovata.
Ma questo spirito da condottiero e questa esuberanza di Abraham possono essere pericolosi?

E’ la preoccupazione di Deanna, notando che in tanti ruoli cruciali della comunità si stanno imponendo tutti componenti del gruppo ultimo arrivato. La bella consigliera Maggie le fa intendere che è proprio quello il motivo per cui li ha voluti lì. Ma ad alimentare questa preoccupazione, ed anche in modo piuttosto veemente, è la visita che le fa il prete che si raccomanda di poter parlare in privato. Maggie in questo caso ascolta in silenzio senza essere vista.

-Satana molto spesso si traveste da Angelo della Luce! Temo che la falsa luce sia qui,dentro queste mura!-

Il prete, nella scena introduttiva della puntata, strappa una Bibbia in preda al suo tormento dopo aver visto le fragole che gli regalano dalla comunità (il bigliettino forse gli ricorda qualcosa) poi sente il bisogno di andare a parlare con la signora Monroe.

-Satana molto spesso si traveste da Angelo della Luce, i suoi servitori sono falsi apostoli di rettitudine.
Non meritano questo posto! non meritano il paradiso! –

Gabriel sembra posseduto dalla paura quando si presenta a casa di Deanna. E parlando di apostoli forse si cala nelle vesti di un apostolo che di nome faceva Giuda. -Voi dite che la vostra comunità non è il paradiso, ma lo è ,io vi sono grato di essere qui. Ma è stato un errore fare entrare gli altri- e poi aggiunge -Rick e il suo gruppo non sono brave persone, hanno fatto cose indicibili-
Deanna prova a stemperare l’enfasi di Padre Gabriel adducendo motivazioni plausibili, di atti compiuti per estreme necessità, come le ha raccontato Rick, per poter sopravvivere. Ma il prete incalza, sempre più animatamente, configurando quasi un’anatema terribile: – Ti sbagli! non vi potete fidare, sono pericolosi! Potrei anche credere che abbiano fatto quello che era necessario, che avessero paura e quindi…-
Arriverà il giorno in cui metteranno le loro vite davanti alla tua e quella di chiunque altro e distruggeranno tutto quello che avete creato qui ,tutto quello per cui avete lavorato così duramente! –

A questo punto Deanna lo ringrazia promettendosi che ci penserà su e rimane interdetta e con mille interrogativi. Vediamo l’espressione di Maggie, nascosta nel sottoscala, restare sconvolta per quelle parole così vili ed appena si chiude la porta sentiamo le grida del prete chiedere aiuto,creando un effetto ancora più paradossale che riportano alla scena di quando implorava aiuto (spesso lo ha fatto) e fu salvato da Rick e gli altri (probabilmente le grida in questo caso sono perchè c’è Glenn di ritorno con Tara ferita e il prete chiede aiuto per questo).
Ma perchè? Perchè Padre Gabriel va dalla signora Monroe a dire quelle cose? Paura, tormento? ‘Coscienza’ di Dio? O vocazione a chiudere le porte? Ad abbandonare il gregge, a lasciarlo in bocca ai cannibali, per esempio.

Ma sul fatto che il male molto spesso possa nascondersi tra le proprie mura il parroco non si sbaglia.
Infatti quello che Carol intuisce succeda tra le mura della famiglia Anderson è non meno indicibile, soprattutto se è vero che scaturisce in un clima di pace come quello di Alexandria.
E quello che nascondono Jessie e suo figlio Sam, ha sicuramente la falsa luce di cui parlava Gabriel, riflettendosi attraverso un’apparenza di famiglia felice e serena. Ma all’ingenua forma di ribellione del piccolo che distrugge il gufo e pensa di procurarsi una pistola, si lega la rassegnazione e l’accettazione passiva della madre nei confronti del marito e di quella situazione. Lo vediamo nella scena iniziale quando Rick, con la scusa della ronda, va a fare il piacione con Jessie, trovandola in un garage intenta a rimettere in piedi quella ‘scultura’ del gufo che qualcuno (il figlio) le ha distrutto. Lo sceriffo, sempre molto simpatico e languido con la bella bionda, si preoccupa di tranquillizarla promettendo ‘un’indagine’ . Ma la rassegnazione di Jessie trova il suo perchè in una presa di coscienza innegabile: in un contesto dove non ci sono più istituzioni, come si puo’ rivendicare un torto, o un abuso? qualora si trovasse chi le ha distrutto il gufo cosa potrebbe mai succedere se non c’è più una tutela per niente e nessuno?
Rick parla di ‘conseguenze’ e tira fuori la sua ‘teoria della finestra rotta’ : ‘mantieni le finestre intatte , mantieni la società intatta’ .

Ma a che tipo di ‘conseguenze’ si riferisce Rick? Quelle che scaturiscono dalla propria legge personale o cosa?
Dalle intuizioni di Carol che lo sollecita a risolvere il tutto con un altro bell’omicidio?
Ora gli avvertimenti di Padre Gabriel a Deanna sembrano passare da infidi e vigliacchi a profetici e lungimiranti.
Il countdown delle sequenze finali mette i brividi e ci prepara a questo finale di stagione che promette davvero di essere esplosivo.
Da una parte la coscienza della parola di Dio, dall’altra la coscienza degli uomini: sono queste le due non facili riflessioni che ci lascia questa puntata.
L’interrogativo che ci offre non si cuce di una logica morale concreta ed esula da un criterio di razionalità, e non puo’ dare risposta.
Perchè la differenza da prima è che ora tutto è stato soverchiato da un’apocalisse che ha spazzato via qualunque regola e ne ha inserita un’altra, l’unica: non ci sono regole.
Ora che il fine ultimo è solo la sopravvivenza della propria vita, ad ogni costo, tutto il resto diventa anarchia, è libero arbitrio, è ‘mors tua vita mea’.
In base a questi nuovi criteri ,quindi, che valenza puo’ avere ancora quella parola? e il concetto di legge? e cosa puo’ancora valere un diritto e/o un dovere?
Per Padre Gabriel il Paradiso non spetta a chi gli ha salvato la vita e lo ha condotto fin là. Come non aspettava ai suoi parrocchiani quando gli chiuse le porte no?
E per Rick (e per Carol) il rispetto della legge non è ‘eliminare’ la minaccia a prescindere?
Possiamo dire che nel comportamento del prete è possibile scovare una metafora della Chiesa che avalla le barbarie,usufruendo dei benefici e allo stesso tempo censurandole e prendendone le distanze.
Nei piani diabolici di Carol e Rick, invece, la metafora è propriamente la legge del più forte, come nel più classico statuto della giungla. (Altro che protocollo!)

Quanto è sottile quindi il confine tra giustizia, giustizia divina e giustizia soggettiva? Tra legittima difesa e sopravvivenza ?
Sono visceralmente e da sempre i temi di fondo in The Walking Dead, ed ora , si ripresentano nel capitolo di Alexandria come dei detonatori impazienti di fuoco.

Sul diaro di Noah c’era scritto ‘questo è l’inizio’.

Allora cari walkers, siete pronti?

SuperDaryl è già partito…..(wroooom!!!)