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Storie di personaggi finiti nel dimenticatoio – Scrubs: Denise Lemmon, la donna che zittì il Dottor Cox

“Salve collega, qui Denise Lemmon. Abbiamo un ambu-lamento, ambulanza e appuntamento insieme, ne ho un milione come questa” – Scrubs 4×08, La mia ultima chance

Per il dottor Cox quello doveva essere un giorno pieno dei soliti grattacapi ospedalieri: pivelli da tenere a bada, un primario da odiare platealmente, pazienti maleducati, ordinaria amministrazione insomma. Aggravata solo da un’incombenza diversa: un turno in ambulanza obbligatorio da svolgere come medico soccorritore, e per di più con una compagna di lavoro che si presenta da subito come il concentrato di tutto ciò che Perry Cox odia.

Logorroica, allegra in modo irritante, conosce un sacco di pessime battute e giochi linguistici senza senso. Denise Lemmon. Un personaggio che compare in un unico episodio e che quasi nessuno si ricorda, ma che lascia un segno nella vita del burbero dottore di Scrubs.

“Quando mi legheranno alla sedia elettrica, di’ che ho dovuto farlo!”

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Perry viene subito sopraffatto dall’energia vitale sprigionata da quella donna: un’energia che è talmente potente da assumere proporzioni insostenibili per qualunque essere umano, figurarsi per un misantropo come il dottor Cox. Quello che doveva essere un noioso ma necessario turno in ambulanza si trasforma in una tortura, con Denise che non smette di parlare, non tollera che nell’ambulanza cali il silenzio nemmeno per qualche secondo.

La donna è un fiume in piena: contraddice se stessa continuamente, in preda a un vomito di parole continuo dice una cosa e subito dopo il suo contrario, come se il suo cervello fosse direttamente collegato alla bocca e non fosse possibile spegnerlo, mai. Il classico tipo di persona che capita di incontrare in metropolitana, che si siede di fianco a noi e comincia a raccontarci tutta la sua vita, senza che noi facciamo alcunché per confermare il nostro interesse.

Denise comincia subito a parlare a ruota libera, come fa per qualsiasi cosa, del figlio.

“Stai guardando mio figlio Davy? Ha dieci anni lì, per me avrà sempre quell’età”.

Comincia a raccontare del primo giorno di scuola del figlio e di come vorrebbe poter stare di più con lui, finché una parola pronunciata per caso non devia il flusso di coscienza su qualcos’altro, qualcosa che non ha apparentemente nessuna importanza. Ma che, in realtà, scopriremo più avanti, è fondamentale.

Denise diventa, in questa strana giornata di Perry, una sorta di sottofondo costante: lo segue ovunque, persino a casa, dove sperava di rifugiarsi e sentirsi al sicuro (con Jordan che, come sappiamo, non è certo una tenera). La petulante soccorritrice si presenta a casa sua per prendersi gioco di lui con la complicità di sua moglie e riaccompagnarlo verso il suo ultimo turno che, si spera, lo separerà definitivamente da questa donna da incubo.

Denise fa amicizia anche con il figlio di Perry, che a soli due anni non è in grado di opporsi con il linguaggio alla sua parlantina e nemmeno di comprenderla, per sua fortuna. La donna consiglia a Perry di comprare le figurine del baseball: da quando le ha comprate a suo figlio le porta ovunque, come un portafortuna, perché preferisce le figurine alle gomme.

Ecco un’altra parola che cattura l’attenzione di Denise, portandola a distrarsi nuovamente dal racconto di suo figlio per ritrovarsi a ripeterla ossessivamente, come se volesse riempirsi la testa di insensatezza: gomma, gomma, gomma, gomma…

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Quando Perry non replica ai suoi monologhi, Denise si ritrova a dover parlare per tutti e due, il che è strano, dato che da sola parla già per un esercito. Proprio durante uno dei suoi monologhi per due, Denise perde il controllo dell’ambulanza e va a sbattere, facendosi male (“non tanto, solo un tantino, tanto più Tino”).

Di nuovo nel suo ambiente, in ospedale, e non più soggetto alla tirannia di quella donna insopportabile, Perry fa la cosa che gli riesce meglio: zittire le persone.

“Che ti è successo nella tua vita da renderti così bisognosa di riempire ogni secondo da sveglia di parole su parole?”

Ma non si aspetta minimamente di venire a sua volta zittito da quella donna, non a parole, stranamente, ma dal silenzio. Un silenzio che il medico analizza, interpreta e poi diagnostica: c’è un motivo per la logorrea di Denise, per i suoi tic verbali, per l’insensatezza dei suoi ragionamenti e per la paura di restare in silenzio.

Denise ha perso suo figlio, quel bambino che per lei avrà sempre dieci anni. Il dolore è ancora così forte, per la donna, che quando il ricordo affiora, deve essere messo a tacere da un fiume inarrestabile di parole.

I tic verbali che affiorano ogni volta che Denise si ritrova a parlare di suo figlio sono un grido d’aiuto, un modo che il subconscio della donna ha per mettere a tacere la sofferenza, per tenere occupato il cervello con ripetizioni ossessive di parole futili e aneddoti insignificanti, perché il rumore fa meno male del silenzio.

Perry capisce tutto questo e non resta a guardare. Le resta vicino, la fa sfogare e raccontare la storia di quel figlio morto in un incidente stradale e del coraggio di quei soccorritori che fecero di tutto per salvarlo. Un coraggio che rimase così impresso nella donna da farle nascere il desiderio di diventare come loro. Denise mette a tacere Perry con il silenzio, non con le parole, mostrando una delle facce più inedite di quel medico sempre così imbronciato con la vita ma capace di slanci di empatia come nessuno in Scrubs.

“Se incontri qualcuno che ha perso qualcosa di davvero importante, devi rispondere”.

Il tutto mentre la puntata, come nella costruzione abituale di Scrubs, scorre su binari diversi, mostrando JD che tenta disperatamente di avere la sua ultima chance per fare sesso con Molly, ma prima deve ottenere l’approvazione di Elliot, che ovviamente gli sarà negata in extremis, troncando per sempre le possibilità di una storia con la bella psichiatra.

Denise Lemmon non è rimasta nella memoria degli amanti di Scrubs come altri personaggi che compaiono una volta sola per poi sparire per sempre, come ad esempio l’adorabile vecchietta dell’episodio La mia vecchia signora (che tornerà anche sul finale, per rimarcare quanto il pubblico si era affezionata a lei, nonostante una sola apparizione sullo schermo).

Denise rimane nei ricordi del pubblico per essere una logorroica rompiscatole, è vero, ma c’è qualcosa di più.

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Questo episodio e il suo personaggio insegnano che si può soffrire anche sfoggiando una faccia gioviale e sorridente, che il dolore non è una prerogativa solo di chi piange e si dispera. Lo vedremo più avanti nello straziante episodio Il mio pranzo, quando la paziente depressa di JD che compare diverse volte in Scrubs muore, apparentemente per suicidio, scatenando i sensi di colpa del dottore, che non ha saputo interpretare i sintomi della sua sofferenza e, anzi, se ne era allontanato.

Il confronto tra Perry e Denise è importante per entrambi: al medico per conoscere meglio l’altra faccia della sofferenza, quella che ride e scherza come se niente fosse, alla donna per cominciare un processo di elaborazione del lutto che, probabilmente, non era riuscita ad affrontare fino in fondo.

Scrubs, come molte altre serie, è ricca di personaggi che rimangono sullo schermo per poco tempo o che non riescono a ritagliarsi un confacente spazio narrativo ma che, in un modo o nell’altro, donano qualcosa al racconto. Denise è una di loro e, in questa rubrica settimanale, ne conosceremo molti altri.

Giulia Vanda Zennaro