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Ma siamo proprio sicuri che alcune Serie Tv siano migliori di altre?

La genesi di questo articolo prende le mosse da una vivace discussione avvenuta nella nostra Comunità di Recupero (qui il link al gruppo FB). Il problema è annoso e affonda le sue radici nella notte dei tempi. Tanto antico quanto le Serie Tv stesse. Il confronto-scontro tra i puristi di una serialità che deve essere arte e i relativisti che affermano che è bello ciò che piace non troverà forse mai fine.

Noi, però, vogliamo provare a inserirci nella questione offrendo il nostro punto di vista e fornendo ulteriori elementi a sostegno dello sviluppo, costruttivo, della discussione.

Lo faremo calandoci nelle parti di ambedue le fazioni e analizzando le ragioni di entrambe. Iniziamo con i puristi del settore. È indubbiamente vero che esistano Serie Tv che per forza contenutistica e scenografica si impongono in maniera decisa sulle altre. Il capolavoro di Vince Gilligan, tanto per fare un esempio, ha oggettivamente dalla sua una pletora di elementi di indubbio valore che rendono la Serie una delle migliori di sempre.

Breaking Bad affonda le sue radici in un racconto originale che indaga con vivido realismo nella mente di un uomo comune e nel suo percorso interiore ed esteriore verso il disvelamento di sé. Una scoperta che è accompagnata da dialoghi dalla fortissima forza icastica destinati a rimanere vivi nella mente di ogni spettatore.

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L’indagine psicologica, l’analisi delle relazioni umane, il fortissimo simbolismo si uniscono anche a scenografie altrettanto potenti. Il paesaggio diviene parte integrante della Serie venendo a esprimere i sommovimenti interiori dei personaggi e imponendosi con un dinamismo espressivo senza pari. Gli sprazzi di colore, i contrasti cromatici affondano in una fotografia tra le più notevoli dell’ultimo decennio televisivo.

Nessuno può mettere in dubbio questi elementi e prendendo oggettivamente in esame ognuno di essi il giudizio non può che essere tra i più positivi possibili.

Da questo punto di vista si rende evidente così lo stacco da Serie Tv meno “impegnate” come Dark o Stranger Things. Due opere che, in entrambi i casi, hanno riscosso enorme successo ma che si collocherebbero un gradino (o più) al di sotto del viaggio di Walter White. I motivi sarebbero facilmente ravvisabili nella trama molto meno “umana”, più “superficiale” atta al puro intrattenimento, incapace di approfondire le dinamiche sociali e umane e di fornirci spunti di riflessione notevoli.

Agli integralisti della critica rispondono invece i fan più appassionati. Dalla loro c’è la logica di chi riconosce valore nella capacità di coinvolgimento della Serie. Nella forza dell’intreccio capace di ridestare continuamente l’attenzione e l’interesse dello spettatore non solo su un piano puramente cerebrale ma anche emotivo.

Stranger Things in questo senso si imporrebbe per la riscoperta di valori semplici ma che nella loro immediatezza restituiscono forte verve emotiva alla storia. L’importanza dell’amicizia, la sfida all’età adulta e ai suoi “mostri”, a quel mondo che tanto incute timore ma che può essere affrontato e vinto stando insieme. Dark dall’altro offrirebbe invece, accanto a una fotografia di assoluto livello, un intreccio molto più dinamico di un Breaking Bad, e appassionante nell’offrirci infinite possibilità di lettura dei risvolti della trama.

Da questo punto di vista dovrebbe mettere tutti d’accordo una Serie Tv come Westworld.

Il lavoro targato Nolan e Joy, alla forza dei dialoghi, unisce una fotografia stellare e un continuo hype suscitato dal tentativo dello spettatore di sbrigliare la matassa e scoprire la verità celata dietro innumerevoli indizi. Anche a livello contenutistico il tema distopico della coscienza espiantata e della possibilità di un transumanesimo che passi attraverso la creazione di un mondo (e un uomo) nuovo andrebbero a soddisfare anche gli intellettualoidi più convinti.

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Eppure, anche per questa Serie non mancano detrattori che scomodano paragoni certo impropri con lavori di grande successo globale come la prima stagione di True Detective. In quest’ultimo caso tanto la trama quanto il carisma del suo protagonista, Rust Cohle, si imporrebbero sopra i rivali primeggiando perciò tra le opere di più alto livello.

In questo calderone di tesi contrastanti non mancano poi i più reietti, quelli che, molto timidamente, provano a difendere il loro amore per un Castle, un Grey’s Anatomy e, perfino, Legends of Tomorrow finendo subissati dalle critiche. La loro posizione si fonda sul principio che non esiste un’idea di bello in senso assoluto. Rifacendosi (implicitamente) a Kant questi emarginati della serialità affermano che “non esistono Serie belle di per sé, ma è la persona ad attribuire tale caratteristica alle opere”.

Insomma, “Bello è ciò che viene riconosciuto senza concetto come oggetto di un compiacimento necessario”.

Così, in un gioco di rimandi e infiniti andirivieni, la questione sembra sovrapporsi ad altre ataviche lotte già affrontate dall’umanità. Basti pensare all’inizio del secolo scorso quando, in assenza di prodotti seriali, i contrasti erano tutti tra i difensori dei romanzi di formazione e quelli di intrattenimento. Un’Agatha Christie è forse meno importante di un J.D Salinger solo per il carattere meno impegnato dei suoi romanzi? L’intrattenimento è forse una colpa al cospetto del dio della bellezza?

Chissà. Certo, non pretendiamo di poter risolvere la questione in poche righe. Ma qualche considerazione sarà pur possibile farla. Il problema pare essere innanzitutto nella corretta distinzione del genere. Se parliamo di una commedia non possiamo paragonarla a un drama. Il genere a cui appartiene non rende di per sé una Serie Tv migliore di un’altra. Se prendiamo in esame Breaking Bad non possiamo porlo a confronto con una Scrubs. Entrambe, nel loro genere, rappresentano delle eccellenze. Ma in un caso siamo nel solco delle drama series nell’altro in quello delle comedy (ma sarebbe meglio dire dramedy).

Altro fondamentale elemento da tenere in considerazione è il criterio di apprezzamento. Esso deriva da un’analisi oggettiva delle caratteristiche tecniche presenti nella Serie? O dalla capacità di coinvolgimento? O dal trasporto emotivo che riesce a suscitare? Non esiste una scala oggettiva di valori per cui un’opera tecnicamente impeccabile debba risultare superiore a un’altra che riesce invece maggiormente a trasportare lo spettatore.

Dal punto di vista tecnico difficilmente troveremmo una Serie superiore a Mr. Robot.

Sam Esmail, il creatore e regista, affonda la sua estetica in un virtuosismo senza precedenti riuscendo perfino a produrre un intero episodio in piano-sequenza mettendo così in evidenza una padronanza tecnica mostruosa. Mr. Robot deve per questo essere considerata la miglior Serie in circolazione? No, se mettiamo in risalto altri aspetti in cui risulterebbe carente. Come per esempio lo struggimento che suscita.

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Ma perché dovremmo valutare Mr. Robot sotto un piano piuttosto che un altro? Cosa permette di distinguere e attribuire più valore alla tecnica o alla passionalità? Nulla. A questo punto dovremmo dunque chiederci quale possa essere il criterio universale di valutazione di una Serie. La relatività delle posizioni sembrerebbe suggerirci che non esiste.

Non possiamo giudicare universalmente un’opera senza inserirla nel suo contesto. Senza cioè valutarla alla luce dell’ambiente (e del genere) in cui si origina. Se una Serie nasce per intrattenere non sarebbe corretto valutarla per la sua abilità nell’affrontare tematiche impegnate. È pur vero che un aspetto non esclude l’altro. La già citata Scrubs ci offre un ottimo esempio di eccellente intrattenimento tutt’altro che superficiale. Gli argomenti affrontati sono di volta in volta nient’affatto leggeri e sempre pronti a indurre una riflessione interiore nello spettatore.

In questo miasma di posizioni contrastanti la grande costanza è proprio questa.

Cos’è che rende grande un Michelangelo? La sua abilità tecnica? No, o almeno non solo. Nell’artista l’abilità pittorica e scultorea si fonda con i contenuti. Con la capacità di farsi sofferto interprete del suo tempo e anzi anticipatore di un’età nuova. Nelle sue opere c’è il trasporto emotivo e insieme intellettivo di chi riesce a trasferire nella materia una sensazione, uno stato mentale, un concetto.

Ecco, l’elemento che può rendere grande una Serie Tv è tutto qui. Nella capacità che ha l’opera di “leggere” il suo tempo riuscendo a trasferire nello spettatore la profondità di un’idea e di un’emozione. Perché il bello è, sì, negli occhi di chi guarda ma l’arte è tutta nella forza dei contenuti.

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