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Se cercate una comedy, non guardate Scrubs

Se penso a Scrubs penso a uno stato. Uno stato fisico, mentale ed emotivo che non può essere descritto. Scrubs è tutto in questa sensazione, in questo sottile e impercettibile pizzicore che ti prende alla fine di ogni episodio. È in quella canzone dei Keane che ti smuove dentro e ti fa commuovere. È nell’immagine del Dr. Cox piegato in due. Nella rabbia di una vita che se ne va. Nella realissima constatazione della difficoltà dell’esistenza.

Scrubs è una dramedy, secondo alcuni. Ma più di questo è un’esperienza, concretissima e faticosa, di vita.

Pensiamo per un momento al diciassettesimo episodio della quarta stagione, “La mia vita come una sit-com”. Là in quella visione addolcita e serenamente falsa della realtà tutto si conclude per il meglio. Nella mente di J.D. nessuno viene licenziato e lo sceneggiatore televisivo di Cheers può tornare serenamente a casa. Tutto è illuminato da calde e tranquillizzanti luci di scena mentre risate registrate accompagnano la risoluzione positiva di tutta la vicenda. Ma la vita, e Scrubs, non sono questo. Chiusa la scena, spente le luci, J.D. deve fare i conti con la quotidianità terribile nella sua concreta deformità. Il povero Kenny, appena assunto, viene forzatamente licenziato da Cox, bisognoso di far quadrare il bilancio. Lo sceneggiatore invece muore stroncato da un tumore ai polmoni.Scrubs

È tutta qui la differenza tra una comedy e Scrubs. Nella brutalità a volte cinica, ma sempre vivissima, di una Serie che non guarda al facile sentimentalismo o a un mondo di finzione in cui immancabilmente, alla fine, tutto va sempre per il meglio. Più volte i personaggi si rifugiano nel loro mondo, in quella realtà che si costruiscono per sottrarsi a una verità scomoda e invadente. Lo fa J.D. quando immagina un destino diverso per Ben. Lo fa Cox con quello stesso Ben, forse l’amico più sincero e profondo che abbia mai avuto. E così anche Carla quando sulle note di Bad Dream dei Keane deve fare i conti con la necessità di dire addio a Laverne. Tutti prima o poi, nascosti nelle loro paure, estraniati da una vita troppo dura, soffrono.

Ma in quella sofferenza non possono evitare di andare avanti. Di accettare che il mondo non è una comedy e che la vita sa essere ingiusta.

Noi con loro, in ogni episodio, in ogni sottile, urtante momento vissuto nella tristezza di una Serie che non ti consola mai, sappiamo che dobbiamo lottare. Sappiamo che non possiamo fare a meno di passare dall’accettazione. Scrubs diventa così il nostro momento per farci forza. In quelle scene, in quei dolori che si accompagnano alle gioie troviamo noi stessi. Troviamo l’umanità più autentica. Troviamo quella vita fatta di sofferenze e felicità, di duro realismo a volte difficile talaltre quasi impossibile da accettare. Ci confrontiamo con la morte e con le difficoltà dei rapporti umani.

Vorremmo anche noi come J.D. rifugiarci nei nostri sogni e lasciarci semplicemente tutto alle spalle. Ma non possiamo farlo. Non possiamo. Neanche J.D. può e lotta e si danna perché quel suo sogno, quella sua immagine a volte melensa ma sempre umanissima del mondo possa tramutarsi in realtà. “Sei un idiota?”, “No, signore. Sono un sognatore”. Scrubs non ci insegna a venire meno ai nostri sogni. Non ci insegna a rinunciare a sperare, pregare e agire mossi dalla voglia di migliorare le cose, di migliorare noi stessi. Ma ci mostra la concretezza del mondo in cui viviamo. Ci costringe a confrontarci con la realtà evitando di edulcorarla.

Soltanto guardando a questa vita, a quest’esistenza dannata ma bellissima possiamo crescere. Nel dolore per una perdita, nella rabbia per i nostri fallimenti e per le delusioni possiamo trovare la forza.

Ventesimo episodio della quinta stagione. Una morte per tre vite. Tre pazienti che potrebbero finalmente col trapianto di organi tornare a vivere. Imporsi sulla morte. Cox lotta per quelle persone, lotta disperatamente in nome della vita che ha voluto come tributo un sacrificio umano. Ma non basta, non basta. Perché la vita non rispetta il karma. Non ti deve nulla, non concede nulla. Non garantisce e non rispetta gli accordi. Uno dopo l’altro, Cox perde tutti, infettati dalla rabbia col trapianto. Uno dopo l’altro la morte non risparmia nessuno.Scrubs

E il dio Cox è lì, impotente e disperato. E noi con lui bestemmiamo alla vita, malediciamo quest’esistenza, gridiamo all’iniquità del mondo. Lanciamo tutto in aria, rifiutiamo di andare avanti nella visione. Perché, perché non può esserci un po’ di giustizia? Perché. Siamo lì, su quel divano, distrutti, spenti e disillusi. Siamo sognatori senza più sogni. Membra inerti trascinate dalla corrente di una vita che ci sballotta senza sosta. Lo sguardo del Dr. Cox è il nostro sguardo, quello della speranza che viene meno, della rabbia mista alle lacrime. Della catatonia che ci assale.

Eppure, da quello stato di spenta rassegnazione gradualmente impariamo a rialzarci. Impariamo a fare esperienza della sofferenza, dell’ingiustizia, della follia di questo mondo. Impariamo a conviverci senza indurirci. Senza far sì che il nostro cuore diventi insensibile. Sappiamo, ora, che dobbiamo essere pronti a tutto. Fermi nella convinzione che c’è chi come noi lotta. Ogni giorno, ogni istante, questo qualcuno lancia il suo grido disperato a Dio, impreca contro il mondo ma non si arrende. Lotta e insiste. Per quanto stupido possa apparire non lascia che il freddo cinismo abbia la meglio. Non è stupidità, non è inconsapevolezza, è solo speranza. La tragica lotta per la vita. Perché chi si è arreso è già morto.

Ma noi continuiamo a lottare. Siamo lì, con J.D. e Cox, contro i mulini a vento. Contro la morte della speranza. “Sei un idiota?”, “No, signore. Sono un sognatore”.

E quello che ci dà forza, quello che ci sprona e sostiene è il sentimento di chi ci ama. Così ci rivediamo nella bellissima immagine di una forzuta Elliot che aiuta J.D. a concludere la maratona (5×03). Che lo carica sulle sue spalle e lo trascina al traguardo. Là, in quella scena, c’è tutto il senso della lotta, del sostegno e della possibilità di raggiungere i nostri obiettivi grazie a chi ci sostiene. Ecco, nelle infinite difficoltà, nell’incontrollabile casualità un po’ crudele della vita, la costante è tutta qui. Nel perseverare e nella sopravvivenza dei valori dell’amicizia e dell’amore. Cox, J.D., Elliot, Carla e Turk non perdono mai la fede nella loro lotta, nel consacrarsi ai pazienti, perché dalla loro hanno la forza di rapporti che riescono a incoraggiarli ad andare avanti.Scrubs

Scrubs non è una comedy.

La vita non è una comedy. È sofferenza, dolore, abbandono, tragica ironia e speranza tradita. È rabbia, disperazione, bestemmia a Dio. Ma è anche volontà. Sostegno reciproco, speranza, gioia, amicizia. Amore. È una canzone dei Keane che non possiamo fare a meno di ascoltare ancora, ancora e ancora anche se ci smuove dentro una nostalgia sofferente che non sapevamo di avere. In quella canzone c’è la vita. E c’è Scrubs.

Ogni giorno viviamo nella speranza. O non viviamo affatto. Decidiamo di alzarci. O non ci alziamo affatto. Proviamo a crederci e finiamo per passare per idioti quando non siamo altro che dei sognatori che non hanno mai smesso di sperare. Non guardate Scrubs se cercate di rifugiarvi in un mondo sereno e tranquillo. Se volete sfuggire alla vostra vita sofferente. Non guardate Scrubs se cercate la risata finta e il lieto fine stantio. Non guardatela. Perché Scrubs non è una comedy e non lo è mai stata. Non è per voi che volete rilassarvi e pensare per un attimo che tutto andrà bene da sé. Perché nulla andrà bene se non lotterete. Non guardate Scrubs se avete smesso di lottare. E sognare. Passate oltre.

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