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7 grandi sit-com del passato che sono state dimenticate dalle nuove generazioni. Ed è un peccato

Quello delle sit-com è senza ombra di dubbio uno dei generi più rappresentativi e sviluppati dell’intera storia delle serie tv. Anni e anni di sperimentazioni, novità, traguardi tagliati hanno contribuito a definire questo genere estremamente ricco, che ha poi vissuto a cavallo tra la fine dello scorso secolo e l’inizio di questo la definitiva consacrazione con produzioni immortali come Friends e How I Met Your Mother, serie che hanno poi spianato la strada a tutto ciò che è venuto dopo. Tuttavia, c’è un universo enorme anche prima, un conglomerato di sit-com che hanno fatto la storia della televisione, contribuendo a creare, in maniera significativa, il panorama che oggi conosciamo e amiamo e che hanno reso possibile la realizzazione di serie come quelle sopracitate.

Molte di queste sit-com del passato sono ben note anche alle nuove generazioni, grazie anche magari alla loro presenza su piattaforme streaming o alla rotazione televisiva. Altre, invece, sono finite maggiormente nel dimenticatoio degli anni, perdendo la loro presa sul pubblico più giovane, inconsapevole del patrimonio di cui si sta privando. Per ovviare a questo inutile spreco di risorse, andiamo a ridare vita a 7 grandi sit-com del passato, che purtroppo sono state dimenticate dalle nuove generazioni, ed è un peccato perché sarebbe davvero il caso di ridare linfa a produzioni del genere.

Frasier

Un anno prima che il mondo intero conoscesse Friends e vivesse la sua rivoluzione, iniziava la propria corsa Frasier, spin-off di un’altra sit-com molto amata, e di cui parleremo tra poco, ovvero Cheers. In onda, con ben 11 stagioni, dal 1993 al 2004, Frasier illustra la storia dello psichiatra Frasier Crane e della famiglia con cui vive, dal padre ex poliziotto all’infermiera Daphne. Lo spin-off di Cheers ha avuto un successo enorme, simboleggiato dai clamorosi 37 Emmy vinti, tra cui 5 nella categoria miglior serie TV commedia, un record che col tempo è stato poi condiviso con Modern Family.

Nonostante la sua grande risonanza, col tempo Frasier è stata parzialmente dimenticata, tanto che il suo nome suonerà inedito a gran parte delle nuove generazioni. Particolarmente significativo, in tal senso, è proprio il parallelo con Friends, perché le due serie sono andate avanti di pari passo, condividendo gli anni di messa in onda, e nonostante a livello di premi Frasier abbia sempre stravinto il confronto, l’eco che ha raggiunto Friends è chiaramente superiore. Eppure, anche solo per il fatto di aver surclassato quella che è probabilmente la sit-com più amata di tutti i tempi vale assolutamente la pena recuperare Frasier.

Frasier
Cheers (640×312)

Frasier e le grandi sit-com dimenticate: Cheers

Se abbiamo avuto una perla come Frasier lo dobbiamo, ovviamente, a Cheers. Conosciuta in Italia col titolo Cin cin, la sitcom prodotta da NBC è andata in scena anch’essa per 11 stagioni come il suo spin-off, dal 1983 al 1993. Quello che si è consumato tra Cheers e Frasier è stato un vero e proprio cambio della guardia, perché anche Cin Cin non scherza in quanto a riconoscimenti. Nella sua lunga esistenza, Cheers ha ottenuto ben 117 candidature agli Emmy, un numero enorme che è stato superato solo da E.R – Medici in prima linea.

A differenza di Frasier, Cheers ha circolato maggiormente negli anni Duemila sulle reti televisive italiane, e probabilmente vanta una diffusione un filo maggiore rispetto al suo spin-off, ma comunque non sufficiente data la grandezza della serie. La sit-com ruota intorno a uno dei luoghi cardine di questo genere, il bar, dove una serie di frequenti avventori e il suo staff trascorrono le giornate e si confrontano sulle proprie vite. Oltre a Frasier, Cheers ha avuto anche un altro spin-off, The Tortellis, che però ebbe decisamente meno fortuna, visto che dopo appena 13 episodi chiuse il suo percorso, con scarsi ascolti e accuse di razzismo.

Arcibaldo

Continuiamo a tornare indietro nel tempo e dopo il binomio composto da Frasier e Cheers ci spostiamo negli anni ’70, vissuti nella sua interezza da un’altra sit-com mitica come Arcibaldo, inizialmente conosciuta in Italia come Tutti a casa, trasmessa negli Stati Uniti col titolo originale All in the family. Da NBC passiamo a CBS con questa serie che l’Italia ha conosciuto solo negli anni ’80, dopo che ha letteralmente spopolato per un intero decennio in America.

Per tutti gli anni ’70, Arcibaldo è una delle serie più guardate dagli americani e grazie a questa risonanza è stata capace di permeare a fondo la società a stelle e strisce, finendo per ricoprire un ruolo a suo modo storico. Arcibaldo è il riadattamento del format britannico Till Death Us Do Part, ma decisamene attualizzato in base alla società americana, con l’apporto di tematiche praticamente mai affrontate prima, dal razzismo all’omosessualità, fino al ruolo delle donne e al delicatissimo tema che era allora il conflitto in Vietnam. Arcibaldo è una serie storica, capace di cambiare per sempre il volto della televisione americana e di condurla in una nuova era, più consapevole dei cambiamenti storici in atto e più libera di affrontare temi fino ad allora evitati. Una serie assolutamente da recuperare perché è uno spaccato sensazionale di un decennio fondamentale della storia americana e non solo.

Arcibaldo (640×340)

Frasier e le grandi sit-com dimenticate: Good Times

Gli anni ’70 in America rappresentano un decennio molto complesso, che si è aperto con le conseguenze dei moti del 1968 e ha visto esplodere, letteralmente, tantissime questioni fino ad allora nascoste sotto la sabbia. Non è un caso, dunque, se a questi anni risale un ‘altra serie fortemente innovativa come Good Times, firmata ancora da CBS. Oltre ad aver conseguito un successo pazzesco, la sit-com ha il pregio di essere stata la prima negli Stati Uniti a portare in scena le vicende quotidiane di una famiglia afro-americana adattandole al format televisivo dominante.

Si tratta di una rivoluzione non indifferente, perché negli anni ’70 il razzismo era ancora dilagante negli Stati Uniti (d’altro canto lo è tutt’oggi), e rappresentava uno dei più grandi temi di dibattito sociale e politico. Good Times rappresenta un coraggioso passo in avanti, unico al tempo, tanto che per vedere con regolarità famiglie afro-americane rappresentate nelle sit-com bisognerà attendere ancora un decennio. Chiaramente, la serie non era completamente libera da stereotipi e caricature, e magari vederla oggi può far perdere la cifra dell’importanza che ha avuto, ma per apprezzarla a pieno bisogna collocarla ai suoi tempi e ciò rende al massimo la portata rivoluzionaria che Good Times ha avuto nel sistema televisivo americano e di riflesso nell’intera società.

MASH

Rimaniamo negli anni ’70 e in casa CBS con un’altra serie storica, capace anch’essa di apportare un cambiamento culturale enorme, anche se diverso rispetto a quello di Good Times. Come detto, uno dei temi maggiormente dibattuti in quel decennio molto delicato è, ovviamente, il controverso conflitto in Vietnam, una delle pagine più tragiche della storia americana del secondo 900. Parlare apertamente di una guerra che, in fondo, nessuno voleva e di cui pochi vedevano il senso, non era facile, e allora con un colpo di genio la CBS ha studiato una strada alternativa per farlo.

MASH prende vita in un’ospedale da campo durante la Guerra di Corea combattuta a inizio degli anni ’50. La sit-com ha delle sfumature tragiche ben evidenti, già questo segno di grande precocità, ma soprattutto ha il coraggio di andare in onda mentre si sta combattendo la guerra in Vietnam, di cui la Corea è un rimando nemmeno troppo velato. MASH prende spunto dall’omonimo film firmato da Robert Altman del 1970 e ottiene un successo clamoroso, contendendosi con Arcibaldo lo scettro di serie più vista in quegli anni dagli americani e vincendo ben 14 Emmy e 7 Golden Globe. Come per le precedenti serie, il valore di MASH è misurabile anche, e soprattutto, in virtù dell’apporto culturale che ha dato, fornendo voce al dibattito sulla guerra in Vietnam che ribolliva in pentola, ma su cui il coperchio veniva sempre tenuto ben saldo.

Mash (640×340)

Frasier e le grandi sit-com dimenticate: Lucy ed io

Lasciamo a questo punto i ricchissimi anni ’70, che ci hanno consegnato tantissimi spunti, e torniamo parecchio indietro nel tempo, con la serie tv che, secondo parecchi studiosi americani, ha fornito il modello per praticamente tutte le sit-com venute dopo. Se abbiamo, dunque, questo genere che tanto amiamo e che ha firmato in maniera netta il panorama seriale, lo dobbiamo senz’altro a Lucy ed io, vero e proprio show dei record negli anni ’50.

Recuperare Lucy ed io è un dovere per tutti gli amanti non solo delle sit-com, ma delle serie tv in generale. L‘intrattenimento televisivo nel suo complesso porta la firma di questa produzione, capace di essere il primo programma televisivo ad arrivare in 10 milioni di case. Lucy ed io non ha solo fornito il format a tutte le sit-com venute dopo, ma ha praticamente contribuito a creare l’intrattenimento televisivo come lo conosciamo, o quantomeno come lo abbiamo conosciuto prima dell’avvento dello streaming. Favorita anche dal periodo storico in cui è uscita, ovvero l’inizio degli anni ’50, quando la Seconda Guerra Mondiale era finalmente messa alle spalle e il benessere economico stava diventando una realtà dominante nella società americana e non solo, prima dei crolli che poi arriveranno proprio con gli anni ’70 di cui abbiamo parlato prima, Lucy ed io è stato un vero e proprio fenomeno di massa, la prima sit-com ad alta diffusione mediatica. Una serie storica, da recuperare assolutamente.

Taxi

Dopo aver parlato praticamente degli albori del panorama seriale con Lucy ed io, infiliamoci tra gli anni di Arcibaldo e quelli di Cheers con Taxi, sit-com andata in onda tra il 1978 e il 1983. Incentrata, come si evince bene dal titolo, su un gruppo di tassisti facenti capo alla Sunshine Cab Company di Luoie De Palma, interpretato da un grandioso Danny DeVito, la serie è stata un incredibile successo, capace di portarsi a casa nelle sue cinque stagioni 11 Emmy e due Golden Globe.

Taxi ha avuto il pregio di portarci in un mondo ancora parecchio inedito, ma decisamente interessante come quello dei tassisti a New York, una realtà che poi sarebbe stata tratteggiata con molta più risonanza negli anni avvenire sia nella produzione cinematografica che televisiva. Anche Taxi, scegliendo spesso la via di un umorismo demenziale, si fa carico di parlare di tematiche importanti come la tossicodipendenza, un dramma con cui gli Stati Uniti stavano facendo i conti e con cui si sarebbero misurati ancora a lungo. Al pari di Frasier, di Cheers o delle rivoluzionarie Arcibaldo e Lucy ed Io, Taxi è una serie assolutamente da recuperare per le nuove generazioni, che troppo spesso sono inconsapevoli del ricco patrimonio che potrebbero esplorare immergendosi in sit-com del passato che, nonostante gli anni, mantengono invariata la loro potenza.