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Mi sono immaginato varie volte a scrivere questo articolo su Scrubs. Ho finito la serie un paio di settimane fa, e sin da circa metà serie bramavo assolutamente questo momento: il momento in cui l’avrei finita ed avrei finalmente potuto scriverne, potuto scrivere di un finale che già sapevo sarebbe stato meraviglioso. Ma non immaginavo sarebbe stato così meraviglioso. Tante volte ci troviamo a discutere sui finali delle serie tv, che sono spessissimo oggetto di critica, al punto tale da poter arrivare nella percezione comune, talvolta, a rovinare l’intera serie (How I Met Your Mother e Lost sono – a mio parere ingiustamente – particolarmente vessate, tanto per citarne un paio). Ecco, per quanto riguarda Scrubs penso davvero di non aver mai sentito mezza critica al finale, ed ero davvero curioso di capire il motivo per cui questa serie riscuotesse così tanto successo dall’inizio alla fine, tanto da mettere d’accordo davvero tutti. L’ho capito nel tempo, guardandola, e l’ho capito definitivamente col finale (quello dell’ottava stagione, of course) che ha messo la ciliegina sulla torta.

Scrubs è un normalissimo (e al contempo straordinario) percorso di vita. Un percorso di vita che potrebbe capitare ad ognuno di noi. 

 

E’ incredibilmente bello constatare come chi ha scritto il finale di Scrubs sia riuscito a rendere l’idea conclusiva del percorso in una maniera tanto semplice quanto eccezionale. JD esce di scena, lascia il Sacro Cuore dopo 8 anni favolosamente intensi. 8 anni emozionanti, belli, struggenti. 8 anni che hanno reso JD un uomo vero. E mentre esce di scena, ripercorre a piccoli passi quel corridoio che quasi un decennio prima lo aveva accolto poco più che ragazzino, imberbe e inesperto, entusiasta e insicuro. Ripercorre quel corridoio a piccoli passi, e rivede a una a una tutte le persone che hanno fatto parte di quel percorso, di quel corridoio, in una fantasia che stavolta sa tremendamente di triste e commovente realtà. Quel capitolo della storia di John Dorian si sta concludendo, e quel corridoio si trasforma in una passerella. Dove ogni persona saluta JD in modo superficialmente scanzonato, ma con un background che il più delle volte varia dal triste al riflessivo: ci sono i colleghi, i compagni di ogni giorno, ma ci sono anche gli amori perduti, i familiari, soprattutto i pazienti persi. La passerella immaginaria di JD altro non è altro che la metafora del percorso della vita. Ed evidenzia nella sua maniera sempre sentimentalmente acuta, con discrezione e senza urlarlo o evidenziarlo in modo grezzo, il fatto che tutte le persone che fanno parte del percorso della nostra vita, anche quelle apparentemente più insignificanti, sono importanti nella nostra crescita personale. E spesso ce ne rendiamo conto quando della nostra vita non fanno parte più.

“E anche se mi sentivo al caldo, e al sicuro, sapevo che doveva finire”

JD pronuncia questa frase e a quel punto si ritrova solo. La fantasia, la penultima fantasia della sua esperienza al Sacro Cuore, è finita. E girandosi dietro di se scopre quel corridoio vuoto, non più popolato dalle persone che hanno fatto parte del suo percorso. E’ arrivato il momento di fare i conti con la realtà, che sa essere molto più truce e cruda della fantasia. E’ arrivato il momento di fare i conti col fatto che il caldo e sicuro Sacro Cuore, che era stato il suo riferimento lavorativo e affettivo per tutti questi anni, non sarà più la sua casa. E’ arrivato il momento di fare i conti col futuro. Abbiamo sempre un po’ paura del futuro, soprattutto quando il presente è costellato di sicurezze sotto ogni punto di vista, come era per John Dorian al Sacro Cuore. Ma un’altra cosa che Scrubs ci ha insegnato tramite il suo protagonista è che possiamo pure sguazzare nelle nostre fantasie quanto vogliamo, ma poi la vita va affrontata. Per forza. Dobbiamo fare i conti con noi stessi e con quello che ci aspetta. Dobbiamo essere coraggiosi.

JD coraggioso lo è sempre stato. Dietro all’apparenza di un personaggio, e di una persona, che vive tra le nuvole, c’è sempre stato un grande esempio di umanità, coraggio, approccio positivo anche alle parti più spigolose dell’esistenza. Partito da un contesto familiare non ideale e che ci viene mostrato soltanto a tratti – la madre di John, per esempio, non si vede mai – JD ha saputo conquistarsi il suo splendido posto nel mondo, ed ha avuto anche il coraggio di lasciarlo al momento giusto. Lasciandosi alle spalle il passato col sorriso che lo ha sempre contraddistinto. Stavolta, per ovvie ragioni, un sorriso un po’ più triste e meno spensierato del solito. Ma JD se lo lascia alle spalle perchè è la scelta giusta. La scelta giusta per crescere, perchè adesso non è più quel ragazzino spensierato che aveva varcato la soglia del Sacro Cuore tanti anni prima. JD adesso è un uomo consapevole delle proprie scelte. JD adesso è padre, e lascia il suo porto sicuro per stare più vicino a suo figlio. Con una grande tristezza nel cuore, accompagnata dal sorriso di chi sa di aver vissuto appieno, in ogni singolo momento, quell’esperienza tanto pesante quanto appagante.

Prima di chiudere definitivamente, però, JD si lascia andare all’ultima e mastodonticamente emotiva fantasia. Fantasia che sa quasi di proiezione futuristica, ma concreta, della sua esistenza. Fantasia che arriva ad assumere i connotati di una visione.

“Non è mai un bene vivere troppo a lungo nel passato. E per quanto riguarda il futuro, grazie a Dan non sembra più così spaventoso. Può essere quello che vuoi tu”

Dan è l’ultimo paziente di JD al Sacro Cuore. Non ha voluto scoprire se e quando la malattia da cui poteva essere affetto lo avrebbe colpito, “cosi il futuro può essere ancora quello che voglio io”. JD viene colpito da quelle parole e ne fa tesoro. Le fa sue, come spesso gli è capitato durante il suo percorso al Sacro Cuore. E trasforma quelle parole nel motivo scatenante della sua ultima fantasia. Una fantasia che stavolta si fa viva, proiettata in una sorta di immaginario maxi-schermo posizionato all’uscita del Sacro Cuore. Con in sottofondo una canzone che fa sussultare noi fan di Scrubs ogni volta che la sentiamo.

Una fantasia in cui si immagina quel che succederà. Niente di clamoroso, niente lustrini e paillettes, niente ‘medico dell’anno’. JD dedica la fantasia sul suo futuro alle cose più importanti. Gli esseri umani. La famiglia, gli amici, i figli, i padri e le madri, i mariti e le mogli. C’è Elliott che lo prende teneramente in braccio il giorno del loro matrimonio. C’è l’abbraccio, potente e roboante, con suo fratello Turk. C’è l’amorevole Carla che bada ai suoi figli assieme a Elliott, anch’essa diventata madre. C’è Jordan, c’è Cox. C’è suo padre Cox. Quello che è troppo burbero e bloccato per esternare i propri sentimenti ma poi pungolato al punto giusto, quando JD esce di scena, dice alla nuova praticante “John Dorian era il migliore che avevamo in questa fogna, l’unico che si preoccupasse dei pazienti come me. Era mio amico, e tutti lo adorano perchè è una persona eccezionale”. Ci sono i figli di JD e Turk diventati adulti, in un susseguirsi di eventi. C’è un mondo di baci e abbracci. C’è un mondo di amore, che appare tutt’altro che sdolcinato o forzato, o fuori luogo: appare tremendamente reale. E tremendamente normale. L’ultima fantasia di JD ha la bellezza della semplicità. Il Finale di Scrubs è costellato di una meravigliosa sensazione di caldo e sicuro, e questa volta no, non deve per forza finire. Perchè in un mondo che ci prende a bastonate e sportellate ogni giorno, in un mondo che ogni giorno ci mette davanti a continue difficoltà, scelte e sofferenze, alla fine, che lo vogliamo o no, che lo diciamo o no, è questo quello a cui ci appigliamo. Alla famiglia. All’amicizia. All’amore. 

E chi dice che non accadrà. Chi dice che le mie fantasie non si avvereranno. Almeno questa volta”