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Paradise: L’ennesimo thriller fantascientifico, ma almeno interessante – La Recensione del film Netflix

Doneresti anni della tua vita per del denaro, del vero denaro capace di farti vivere con qualsiasi somma tu richieda? E’ questa la domanda che il nuovo film Netflix presentato al Festival di Monaco si pone. Siamo nella Germania di un futuro non troppo lontano in cui donare anni della propria vita per racimolare dei soldi è possibile. I ricchi chiedono anni in più per ringiovanire, mentre gli altri li vendono per poter ottenere dei compensi economici elevati. Molte persone per disperazione cedono a questa operazione a cui, a un certo punto, non si possono sottrarsi neanche i due protagonisti della pellicola Max ed Elena. Il primo lavora proprio all’interno dell’azienda che compie queste operazioni, ma fin quando il problema non lo tocca da vicino non comprende davvero la pericolosità di quanto avviene giornalmente sotto i suoi occhi. Nel dettaglio, dopo un incendio che distrugge completamente la casa di Elena e Max la prima si trova costretta a dover pagare due milioni e mezzo di danni attraverso la donazione della propria vita, ma ciò che le è stato tolto è più di quanto si possa accettare. Elena si trova infatti costretta a dover donare ben 40 anni di vita ritrovandosi così già nell’età della vecchiaia. Max è disposto a far di tutto pur di salvare la propria compagna, anche mettere in serio pericolo la propria esistenza.

Paradise è come un episodio della peggiore stagione di Black Mirror: non spicca, ma almeno è interessante da seguire

Paradise (640×360)

Quando ci si appresta a guardare la nuova pellicola Netflix le sensazioni saranno ben due: il continuo corso e ricorso ai diversi cliché del genere fantascientifico ma anche la costante attenzione alla storia che pian piano si svolge e mette i protagonisti, ma anche il telespettatore, di fronte a un dilemma morale che probabilmente sortirebbe risposte sempre differenti. Non è intenzione della pellicola schierarsi da una parte o dall’altra. L’obiettivo di Paradise è infatti quello di mostrare cosa l’essere umano sia disposto a fare quando è in procinto di perdere tutto, ma anche che cosa sia disposto a essere. I due protagonisti iniziano infatti quasi a dimenticare per quale ragione stiano mettendo in atto il piano. Si muovono soltanto perché mossi dalla rabbia e dalla vendetta, dal continuo voler distruggere a favore della propria soddisfazione personale e non perché davvero contrari al barattamento tra anni di vita e flussi economici.

Il dilemma morale della pellicola Paradise è certamente l’aspetto più interessante, quello capace di rendere questo ennesimo thriller fantascientifico almeno coinvolgente. Eppure, questo – come spesso accade – non basta per riuscire a salvare del tutto quanto abbiamo visto. Certo, non dimentichiamo i suoi aspetti positivi sopra elencati, ma non possiamo negare che – tolti questi spunti – Paradise resta comunque il solito film distopico che usa i soliti cliché del genere senza alcuna intenzione di osare o differenziarsi da tutto il resto dei film di questo tipo.

Ed è proprio per questa ragione che, qualche riga fa, abbiamo citato Black Mirror. La quinta stagione non è piaciuta al pubblico soprattutto perché sembrava aver perso la propria identità. Nonostante i temi interessanti, tutti richiamava ai vari stereotipi in cui la serie fino a quel momento era riuscita a non cadere. Nello stesso modo, Paradise racconta qualcosa di interessante che però, nella struttura, non è altro che la copia di una copia di quanto già visto in precedenza. Come la quinta stagione di Black Mirror, insomma, Paradise non ha fatto la differenza.

Paradise (640×360)

Lo svolgimento della pellicola ha purtroppo penalizzato l’adrenalina e gli aspetti più drammatici del dilemma presentato. Paradise dà infatti più spazio al genere d’azione. L’interesse del telespettatore rimane comunque attivo a favore di un finale che promette bene, ma tutto quello che sussiste tra l’inizio e la fine predilige una struttura sbagliata per il film. Le cose migliorano, come previsto, soltanto durante il finale di Paradise che, in modo didascalico, racconta come ogni personaggio alla fine non sia altro che una vittima di questo sistema. Chiusi nel loro rancore, hanno tirato fuori il peggio di loro barattando la loro essenza con una rabbia e un egoismo che, come una sanguisuga, li seguirà per tutta la vita.

Paradise giunge così al finale non restituendo alcuna risposta al dilemma morale, e ci piace così, ma soltanto delle occasioni mancate che – se fossero state sfruttate a dovere – sarebbero potute essere decisive per le sorti della pellicola. L’idea c’era, le intenzioni anche, l’interesse era tanto, ma non c’è stato niente da fare: Paradise è l’ennesimo thriller fantascientifico che perde la sua occasione. E così, per il genere, non va più bene.

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