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No, I Simpson non prevedono il futuro per chissà quale motivo

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul… nostro futuro. Ma non su I Simpson

Ormai è diventata una costante imprescindibile: ogni volta che succede qualcosa di epocale nel nostro mondo, si ricerca immediatamente una traccia di essa tra le vecchie puntate de I Simpson. Un riferimento, un’evocazione… o una profezia. Manco fossero gli eredi non richiesti di Nostradamus, gli autori de I Simpson sembrano ormai esser visti dai più come se fossero dei santoni, capaci di anticipare puntualmente il futuro con sorprendente cura dei dettagli. Spesso e volentieri, le ricerche trovano quanto richiesto per la creazione di contenuti dalla chiave sensazionalistica, atta alla ricerca di un click facile. La tragedia del Titan? Anticipata da I Simpson. Lo smartwatch? Loro lo usavano da decenni. La guerra in Ucraina? I Simpson l’avevano prevista con svariati anni d’anticipo. L’outfit di Kamala Harris alla cerimonia d’insediamento da vicepresidente degli Stati Uniti? Lisa Simpson si era vestita nel medesimo modo, quando era l’inquilina principale della Casa Bianca. L’esibizione di Lady Gaga al Superbowl? Un gioco da ragazzi, per profeti di tale calibro.

Potremmo andare avanti molto a lungo: gli analisti più attenti hanno infatti segnalato oltre trenta situazioni distinte in cui I Simpson avrebbero anticipato il futuro nel corso della loro lunghissima storia.

Ma è davvero così? Davvero I Simpson hanno una capacità del genere? Beh, più o meno: se da un lato ci sono delle situazioni in cui le analogie sono assolutamente evidenti e impressionano anche le menti più razionali, dall’altra diverse delle situazioni presentate appaiono piuttosto forzate e pretestuose. Il dato, tuttavia, sussiste: I Simpson hanno effettivamente la capacità di prevedere il futuro. Si pensi, per esempio, a Donald Trump eletto Presidente degli Stati Uniti: come ben sappiamo, il tycoon newyorkese vinse le elezioni del 2015 ma I Simpson l’avevano presentato in quella veste quindici anni prima, in una delle numerose puntate ambientate nel futuro. Lo scenario, peraltro, fu riproposto dagli autori in diverse altre occasioni, ma il punto è un altro: come diavolo hanno fatto a presentare una situazione che gran parte degli analisti avevano ritenuto assurda persino nel corso della notte che lo vide sconfiggere Hillary Clinton?

In questo caso la risposta è fin troppo chiara ed è giusto esplicitarla visto che si tratta della “profezia” più nota, ma in questa analisi sarà utile solo fino a un certo punto: lo spauracchio di Trump Presidente – o la speranza, a seconda delle prospettive – aleggiava negli Stati Uniti da almeno trent’anni. Fin dai primi anni Novanta, periodo in cui Trump, oltre a fare delle comparsate in alcune delle produzioni televisive e cinematografiche più importanti del periodo, era un personaggio estremamente popolare che già si immaginava avrebbe potuto fare, prima o poi, un passo del genere. Insomma, la “profezia” dei Simpson era già parte del dibattito pubblico da molto tempo, e non solo tra gli esperti di politica statunitense. Il dato sminuisce quindi le capacità “profetiche” degli autori? No, affatto. Al contrario, è utile per evidenziare con la massima razionalità le loro doti, altrettanto notevoli. Doti che di divinatorio non hanno un bel niente. E che si connettono invece alla capacità di leggere il presente con grandissima lucidità, skill fondamentale per analizzare le evoluzioni della società attraverso la scrittura di episodi attualissimi che andranno in onda come minimo nel corso dell’anno successivo, e a un fattore ben più spiazzante: una grande abilità nel campo matematico, propria di diversi tra gli autori che si sono succeduti nel corso del tempo. A partire da Al Jean, storico sceneggiatore e attuale showrunner de I Simpson, studente di matematica ad Horward in giovanissima età.

Ma cosa c’entra la matematica? Come evidenzia il giornalista britannico Simon Singh, autore nel 2014 del libro La formula segreta dei Simpson: Numeri, teoremi e altri enigmi, le ampie competenze accademiche in campo matematico permettono di avere una spiccata predisposizione al calcolo delle probabilità. E di poter quindi giocare a dadi col futuro con la consapevolezza di avere gli strumenti necessari per prevederlo in un numero significativo di casi. Un po’ come fanno i bookmaker delle scommesse sportive, abili lettori di incontri non ancora disputati, senza però avere alcuna pretesa di farlo al di là di una componente meramente satireggiante. La stessa, per intenderci, ricercata da Charlie Brooker in un’altra serie tv dalle presunte capacità divinatorie: Black Mirror. E con qualunque statistica dalla propria parte: si parla sempre delle profezie azzeccate da I Simpson, ma non si parla mai di quelle che al contrario non si sono mai avverate, come è normale che sia. Quante sono? Un numero altissimo, ben più alto della manciata di profezie avverate che riempiono da anni i magazine di mezzo mondo. Ma è semplice: una profezia non avverata non fa notizia, una profezia avverata sì. E I Simpson, oltretutto, hanno avuto finora la bellezza di trentasei anni per inanellare, tra le tante anticipazioni fantasiose che sono rimaste tali, decine di suggestioni andate in porto. Alla luce di tutto ciò, diventa molto più semplice spiegare come abbiano fatto a riuscirci in un numero tanto significativo di situazioni, se si contestualizza tutto all’interno di una casistica con svariate centinaia di tentativi. E offrire, allo stesso tempo, una motivazione realistica alla riuscita di gran parte di esse.

Gran parte, ma non tutte. Perché ci sono dei casi in cui diventa effettivamente meno semplice spiegarsi come abbiano fatto. Specie se si prende in esame uno dei fatti più noti: l’anticipazione dell’attentato dell’11 settembre 2001, “suggerita” in un episodio andato in onda quattro prima attraverso un volantino in cui un nove si affianca alle Torri Gemelle come se fossero un undici. In questo caso non è possibile spiegarselo in alcun modo: è solo una coincidenza. Un’inquietante coincidenza. Ma basterebbe questo per dare adito alle speculazioni più disparate e alla costruzione delle peggiori teorie cospirative, teorie che basano tutto il loro essere irrazionale proprio su un capovolgimento delle scienze statistiche: per chi le elabora e per chi poi le condivide, un singolo caso inspiegabile avrà sempre maggior valore di decine di casi più o meno facilmente spiegabili. È più semplice vedere solo un’infelice casualità nella costruzione del volantino o l’evocazione di chissà quale volontà da parte dei autori? Chi crede ai rettiliani o chissà cosa andrà sempre nella prima direzione mentre tutti gli altri, consci del favore lampante di un calcolo di probabilità che ingloba anche una percentuale di fattori improbabili e pressoché impossibili, andranno nella seconda.

Insomma, ci siamo. Anche se in un mondo normale non dovrebbe essere necessario specificarlo, ora possiamo farlo: I Simpson non anticipano il futuro perché sono finiti nelle mani di un manipolo di veggenti, ma perché sono scritti con un’intelligenza tale da saper leggere il passato e il presente attraverso strumenti accademicamente più che validi. Ci sono riusciti per questo e continueranno a farlo a lungo per il medesimo motivo. E questo, in un panorama televisivo troppo spesso impoverito da scritture pigre e incapaci di essere in qualche modo visionarie e proiettate in un tempo posteriore, rappresenta di per sé una straordinaria magia. Una magia che si rinnova da ormai trentasei anni distribuiti in trentacinque anni, all’interno di un circuito virtuoso che sembra esser ancora distante dall’essere arrestato. Prepariamoci quindi a nuove profezie future, con la speranza che possano esser vissute prossimamente per quello che davvero sono. Auspicando, allo stesso tempo, che gli scenari peggiori evocati dai Simpson, fin qui non ancora avveratisi, rimangano confinati all’interno degli spazi creativi delimitati da un gruppo di straordinari autori. D’altronde, nessuno tra voi vorrebbe ritrovarsi un giorno a dover votare tra due candidati politici che si rivelino essere, in realtà, due alieni in combutta tra loro per ottenere il dominio del pianeta Terra. Oppure no? Oddio, se si mettesse da parte quella brutta storia dell’umanità ridotta in schiavitù si potrebbe quasi sperare, viste le alternative reali oggi in ballo. Ma fermiamoci qua, non divaghiamo: questa è un’altra storia. Una di quelle che I Simpson saprebbero affrontare nel miglior modo possibile.

Antonio Casu