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Il film della settimana – Quel treno per Yuma (2007)

Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Quel treno per Yuma.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Quel treno per Yuma? Ecco la risposta senza spoiler

Prima di dedicare i prossimi due appuntamenti della rubrica ad Halloween, concentriamoci su un genere mai affrontato in questa sede e che ha raggiunto i massimi picchi negli anni ’50 e ’60, ma che non è mai definitivamente morto: il western. James Mangold ne prese uno proprio di quegli anni, Quel treno per Yuma del 1957, e ne fece uno dei remake più riusciti nella storia del cinema, che molti critici ritengono addirittura migliore dell’originale, come si può vedere dalla sua descrizione su Rotten Tomatoes:

“Questo remake di un classico western migliora l’originale, grazie alle ardenti interpretazioni di Russell Crowe e Christian Bale e alla regia tagliente di James Mangold”

E sono proprio i due attori appena nominati (e chi segue questa rubrica da tempo, avrà ormai capito che Christian Bale è uno degli attori preferiti della sua autrice), il loro talento e la loro chimica a rendere l’opera così magnetica e affascinante. Disponibile su Sky, Now e Infinity e a noleggio su Chili, Apple e Prime Video, Quel treno per Yuma è incentrato su Dan Evans (Christian Bale), veterano della guerra civile – che ha riportato una ferita alla gamba rendendolo zoppo – e contadino che prova a mandare avanti la sua fattoria, aiutato dai figli e dalla moglie. La prolungata siccità, però, lo porta a indebitarsi pesantemente, finché arriva un affare dal quale, però, non sa se tornerà vivo: scortare il fuorilegge Ben Wade (Russell Crowe) fino a Contention, là dove lo aspetta il treno delle 3:10 che lo porterà al carcere di Yuma.

Servendosi di un ottimo cast (oltre ai due citati, ci sono Logan Lerman, Peter Fonda, Ben Forest e via dicendo) Mangold costruisce un new western avvincente, eccitante, ben recitato e con un profondo senso di giustizia e spiritualità, accompagnato da una splendida fotografia e dall’ottima musica di Marco Beltrami. Come ogni film di questo genere, nasconde tematiche più profonde e, per scoprirle, vi invitiamo a leggere la nostra recensione.

SECONDA PARTE: La recensione (spoiler) di Quel treno per Yuma con Christian Bale e Russell Crowe

Quel treno per Yuma

Con Quel treno per Yuma James Mangold poteva seguire due strade: la rilettura o la rivisitazione. Sapientemente, però, il regista ha creato una commistione di queste due vie, rispettando la sostanza di partenza ma cambiandone la forma. Infatti, omaggia lo sceneggiatore originale nei titoli di testa e non ne cambia la trama (eccetto in pochi punti), ma decide di aprirsi maggiormente agli spazi naturali rendendo il paesaggio uno dei personaggi dell’opera. Così come lo è il viaggio, sia quello fisico per condurre il Ben di Russell Crowe alla giustizia, sia quello interiore che, bene o male, coinvolge i protagonisti. È grazie a esso che Dan riconquista la stima dei suoi cari, che suo figlio passerà dall’adolescenza alla vita adulta e che Wade riscoprirà il suo lato più umano, leale e solidale.

Durante questo viaggio, in quelle distese sterminate e nelle notti di attesa, si sviluppa la profonda psicologia dei protagonisti.

Sebbene siano agli antipodi e la scena di apertura lo dimostri chiaramente, Ben e Dan non sono semplicemente l’eroe e l’antagonista, ma uomini a tutto tondo, sfumati e multidimensionali. Innanzitutto, del contadino di Christian Bale viene evidenziato il rispetto delle regole, il suo non correre rischi e la sua impotenza di fronte all’attacco dei banditi alla sua proprietà. Non riuscire a provvedere alla sua famiglia o a difenderla provoca in lui grossissimi sensi di colpa, con la moglie che non lo ritiene idoneo nel mandare avanti un ranch e il figlio che idolatra il coraggio e la spavalderia del personaggio di Russell Crowe. La sua integrità spesso combatte con la sua testardaggine e il suo orgoglio, anche quando in palio c’è la sua stessa vita.

Wade, invece, si presenta in tutto il suo potere e la sua crudeltà, mentre compie un saccheggio con la sua banda. Infatti, è un killer spietato e famoso per le rapine sanguinose; abile stratega la cui criminalità, per sua stessa definizione, fa parte della sua identità e che sa usare le parole per manipolare, affascinare e intimorire. Eppure, anche lui ha dei valori ben precisi e, in determinati casi, può mostrare compassione per le persone che rapina o che gli si oppongono. Saggio e carismatico, si meraviglia ancora per i misteri dell’universo, ma è troppo intelligente per avere solo un comportamento standard ed è annoiato di mostrare agli altri ciò che la gente si aspetta da lui.

Il destino li mette l’uno contro l’altro in Quel treno per Yuma.

Il loro rapporto, che ci tiene incollati allo schermo, è reso ancor più adrenalinico, vibrante e intenso dalle meravigliose interpretazioni di Russell Crowe e Christian Bale. Il Massimo Decimo Meridio del cult d’autore Il Gladiatore è tremendamente a suo agio nei panni del cattivo, sicuro e attraente come pochi, e ci regala tutte le sfumature di chi sa di catturare l’attenzione quando entra in una stanza; il Batman di quel gioiellino perfettamente scritto, ovvero Il Cavaliere Oscuro, però, con la sua solita fisicità agguerrita e il suo impegno assoluto, emerge poco a poco e arriverà a rubargli la scena grazie alla grande forza che dimostra e alla solidità dei suoi principi.

Un buon indicatore dello spostamento del focus da Ben a Dan è il figlio di quest’ultimo, William (ruolo in cui Logan Lerman risplende), che si unisce al gruppo perché ammira Wade per il suo carisma, il suo potere e la sua sicurezza, ma poi arriva a rivalutare suo padre e gli ideali che incarna. Infatti, Mangold esalta lo scontro tra i due uomini proprio attraverso William, invitandoci a confrontare e giudicare le due filosofie di vita. Di conseguenza, i protagonisti vengono usati per introdurre e approfondire i temi principali di Quel treno per Yuma, come ad esempio il rapporto padre-figlio, l’eredità e i valori da trasmettere, la battaglia per la sopravvivenza.

Battaglia di cui, infatti, ne resterà solo uno, sebbene i due sentono di aver trovato nell’altro un pari con cui conversare. Lo vediamo in quella stanza d’albergo, in cui Russell Crowe e Christina Bale interpretano questo dialogo così attentamente che non si rivela mai per quello che è davvero, cioè una prova di comprensione reciproca. E questo fanno i grandi attori: lasciare che il dialogo faccia il suo lavoro in modo invisibile, entrando dentro di noi e portandoci a riflettere, senza che ce ne rendiamo conto.

Quel treno per Yuma

Come detto precedentemente, sono uomini caratterialmente diversi e ciò emerge anche dal modo in cui rivelano aspetti di sé quando raccontano delle storie. Ascoltando la confessione del personaggio di Christian Bale sulla perdita del piede, abbiamo la sensazione che lui creda che le storie dovrebbero creare relazioni tra le persone, acquisendo maggior autorità se rivelano verità nascoste. Wade, invece, le utilizza per indagare e manipolare gli altri, lasciando quell’ambiguità tale da non capire se è sincero o meno. Ma quando si tratta di ascoltare, Wade diviene vulnerabile: è sentendo le parole piene di disperazione di Evans che si distrae e viene catturato.

L’oralità e i ricordi, del resto, hanno il potere di colmare le distanze tra le persone. E dall’arrivo di William, infatti, che Wade sviluppa una comprensione più empatica di Dan, arrivando a raccontargli momenti del proprio passato (come l’essere stato abbandonato dalla madre dopo la morte del padre).

Più il fuorilegge sta nell’orbita di Dan, più la natura delle sue storie diviene introspettiva e legata alla sua identità, più emerge la forza delle narrazioni che riescono a influenzare le scelte personali. È l’ammissione della triste verità del contadino, del suo non essere mai stato un eroe perché si è infortunato a causa di uno sparo dei suoi stessi uomini, che colpisce così nel profondo Wade da rivoltarsi contro i suoi stessi uomini e salire sul treno, dando la possibilità a un morente Dan di ottenere l’eredità che renda lui e William orgogliosi. Infatti, l’uomo accetta di accompagnare Wade non solo per il denaro, ma per essere l’unico a farlo. Vivendo una vita degna di essere raccontata e ritraendo così il desiderio eroico maschile che illustra la stretta vicinanza tra il vivere come essere storico e il il voler far parte della storia presente.

Tutto sommato, Quel treno per Yuma rilegge i temi e gli interrogativi che hanno accompagnato da sempre il western, con le domande sul bene, sul male e sul ruolo dell’uomo nella società. Rispetto all’originale, viene modernizzato nel linguaggio, nella violenza e nel realismo, senza mai rinnegare il suo passato e mantenendo l’atmosfera classica del genere. Più del comparto tecnico, sono gli attori che rendono la pellicola di Mangold un film imperdibile anche a chi non è appassionato dei western.

Il film della settimana scorsa: Arrival