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7 Film di cui mi vanto quotidianamente a cena con gli amici

Colpa mia, tutta colpa mia. Se le cene con i miei amici diventano un comizio sul cinema e sul perché guardare i film che consiglio io è soltanto colpa mia. Insomma, sono gentile, non mi ritengo una persona che rientra nella definizione di antipatica, ma quando si tratta di cinema vorrei non essere mai mia amica. In quei momenti sono insopportabile. Se qualcuno non apprezza le pellicole che consiglio rispondo che allora gli manca un tassello importante per comprenderla, perché per me è sempre un loro problema, mai del film che consiglio. Non accetto che possano non apprezzarli perché li ritengo oggettivamente meravigliosi, pieni di sentimento, cultura. Insomma, chiunque abbia intenzione di venire a cena con me si prepari: so essere insopportabile quando si tratta di film da vedere assolutamente che sono già passati sotto il mio giudizio. Tra tutti quelli che ho visto, ce ne sono 7 di cui mi vanto in modo perenne. Alcuni, purtroppo, non sono ancora riuscita a farli vedere, altri – invece – hanno avuto l’effetto che speravo.

Da Aftersun a The Others: ecco 7 film da vedere

1) Lost in Translation – Sofia Coppola

Lost in Translation (640×360)

Partiamo da un concetto base: sono così talmente tanto affezionata a questa pellicola da avere un tatuaggio che trae ispirazione dall’immagine che state guardando qui sopra. Come potrete facilmente intuire, dunque, utilizzo questo punto di forza per cercare di convincere il mio interlocutore a guardare questo film. Guarda, è da qui che è tratto questo tatuaggio è la frase che più utilizzo, come se il mio tatuaggio in qualche modo rivendicasse la bellezza di questa pellicola. Una cosa è certa: tatuaggio o meno, Lost in Translation è un’opera d’arte, una produzione che ti fa capire che non è importante cosa succeda tra due persone che si conoscono e si piacciono. Anche se non è successo niente, alla fine è successo tutto. Sofia Coppola, attraverso questo film, ha reso per me Bill Murray infinito e, soprattutto, mi ha restituito quella sensazione di nostalgia che provi già mentre vivi qualcosa ma sei consapevole del fatto che presto finirà. Lost in Translation mette in scena una narrazione che descrive esattamente il tipo di malinconia che da sempre mi perseguita quando non vivo con serenità le cose belle che mi capitano perché sono troppo occupata a pensare alla loro fine.

Che vita difficile, amici. Ma almeno ci sono questi film da vedere a rendere poetica questa condizione.

2) Il Sacrificio del Cervo Sacro – Yorgos Lanthimos

Il Sacrificio del Cervo Sacro (640×360)

Diciamola così: già con il nome del titolo ho 3/4 del tavolo contro di me. Non sono convinti, pensano che io stia per consigliare un film da vedere horror ambientato nei boschi della Svezia, e invece è tutto il contrario. Dietro la macchina da presa de Il Sacrificio del Cervo Sacro si nasconde infatti uno dei registi più interessanti degli ultimi anni, un talento che riesce a equilibrare il simbolismo e i peccati umani in modo affascinante, magnetico e curato nei minimi particolari. D’altronde Lanthimos, il regista, affronta la storia de Il Sacrificio del Cervo Sacro partendo proprio dalle vicende di una famiglia borghese che deve prepararsi ad affrontare la minaccia di un ragazzino vendicativo che tirerà fuori il peggio di ognuno dei protagonisti. Per mostrare la nostra vera natura a volte basta poco, altre volte, come in questo caso, basta una tragedia.

Insomma, non vorrete fare come il resto dei amici, vero?

3) Mommy – Xavier Dolan

Mommy (640×360)

Va detta una cosa in difesa dei miei amici e delle nostre cene: quando si tratta di Xavier Dolan so essere molto pesante. Quando si tratta di film non riesco a non parlare di lui, ma questo è quel che succede quando individui in mezzo alla folla il tuo regista. Ho un messaggio per chiunque abbia intenzione di farmi una sorpresa a C’è Posta Per Te: come ospite io vorrei lui. Lo fate scendere dalle scale e lo fate sedere accanto a me. Va bene anche senza il traduttore accanto, tanto sarei così frastornata da non capire neanche l’italiano. Viaggi mentali a parte, Mommy è il film di cui più vanto, e per due ragioni: la prima riguarda la semplicità con cui Xavier Dolan racconta la storia del protagonista – credo che sia immediata e per questo più facile da apprezzare – e la seconda è perché siamo davvero di fronte a un piccolo capolavoro che tutti dovrebbero guardare. Mommy è una pellicola che sa parlarti, ma è anche un film capace di ascoltarti.

E’ disilluso, ma non per questo smette di sperare. E’ un film contraddittorio che vede nel rapporto tra madre e figlio l’inizio e la fine di questa storia. E’ la mia perla, il film di cui smetto di parlare con razionalità facendo in modo che parli soltanto la mia parte più emotiva e vulnerabile, una di quelle che qualche volta provo a nascondere ma di cui tutti, in quel tavolo, sono a conoscenza. Ma d’altronde questo è uno dei patti che ho fatto con le mie persone: io gli mostro le mie cicatrici e loro, dopo, fanno finta che io non ne abbia neanche una.

4) The Others – Alejandro Amenábar

The Others (640×360)

Quando si tratta di film horror la mia attenzione cade spesso, perchè non è il mio genere preferito: ma esiste un’eccezione, ed è The Others. La mia storia con questa pellicola è iniziata già diverso tempo fa, e da quel momento per me il mondo dell’horror è cambiato completamente. Esisteva davvero qualcosa di valido capace di lasciarti a bocca aperta con una rivelazione sconcertante, una di quelle che capovolge del tutto la pellicola e ti fa capire di aver vissuto nella menzogna per quasi 120 minuti. The Others è il film horror di cui mi vanto di più perché è capace di stupire e portare il mondo del genere horror a un livello successivo, un livello che forse in pochi si aspettano di vedere. Dopo questo colpo di scena, tutto il resto degli altri colpi di scena vi sembrerà – se paragonato – quasi futile. Fidatevi di me. Alla fine, anche i miei amici a un certo punto in questo caso hanno dovuto ammettere che avevo finalmente ragione.

5) Aftersun – Charlotte Wells

Aftersun (640×360)

Con Aftersun entriamo dentro a una tematica che sto riuscendo a elaborare soltanto da poco tempo, qualche annetto. Guardare questo film per me non è stato facile, ma non guardarlo sarebbe anche stato peggio. Mi sarei persa la meraviglia di questa storia, la sua delicatezza, l’ultimo ballo di un padre e una figlia che cercano di vivere i loro ultimi istanti insieme senza sapere che lo siano. Ed ecco qui che ritorna ciò di cui parlavo in Lost in Translation: la malinconia che si prova quando stai ancora vivendo quel momento. In qualche modo, ho capito che i film che amo sono legati tra loro attraverso questo piccolo filo conduttore. Hanno tutti a che fare con quell’ultimo saluto che non sai mai sia l’ultimo, ma di cui hai già il terrore. Chi mi sta accanto deve sempre fare i conti con i miei pensieri negativi, con la consapevolezza che la mia debolezza abbia a che fare non soltanto con l’insicurezza, ma con il timore di venire lasciata da sola su di un marciapiede mentre, intanto, cerco di godermi quell’istante di serenità. E’ questo d’altronde ciò che succede ai due protagonisti: stanno godendosi la loro vacanza estiva, ma dopo quel momento tutto andrà in frantumi. Il mio terrore durante gli istanti più felici ha a che fare proprio con questo, con la paura che tutto vada in pezzi e di me non rimanga neanche più un granello di polvere. Aftersun mi ha letto dentro, e così sono totalmente diventata sua.

6) Mulholland Drive – David Lynch

Mulholland Drive(640×360)

Quando siamo a cena e pronuncio il nome di David Lynch, 1/4 del tavolo mi guarda quasi come a chiedermi informazioni, e le mie risposte sono sempre un po’ sgradevoli, un po’ altezzose. Insomma, se non hai idea di chi sia David Lynch ti guardo male. Ma alla fine capisco che non tutti amiamo il cinema nello stesso modo e che in fondo è una questione di gusti e conoscenze. Con tutta la pazienza possibile, cerco di spiegare le opere di questo mastodontico regista partendo da Twin Peaks fino ad arrivare al cult Mulholland Drive, uno dei film più controversi e complessi di sempre. Per cercare di alzare l’asticella della curiosità racconto che ancora oggi i dubbi rispetto alla pellicola sono davvero molti e che lo stesso regista non ha mai voluto chiarirli per restituire all’opera quell’atmosfera misteriosa che la rende ancor più affascinante. Insomma, cerco di fare come David Lynch, ma i risultati non sempre sono quelli sperati.

7) La Dolce Vita – Federico Fellini

La Dolce Vita (640×360)

Alla fine della cena, molto probabilmente, mi prenderò un attimo per parlare della meraviglia dei film da vedere italiani. Quasi sicuramente lo farò dopo che qualcuno avrà detto che i film italiani non siano niente di che. In quell’istante, quando calerà il silenzio, comincerò a elencare le meraviglie che siamo riusciti a tirare fuori, e inevitabilmente farò il nome di Federico Fellini. La Dolce Vita, la pellicola italiana del 1960, è uno dei film che più ha plasmato il mondo del cinema italiano mettendo in atto argomentazioni e tematiche delicate e introspettive, piene di dubbi e poche certezze. L’uomo nei film di Federico Fellini si riscopre fragile e disilluso, ed è proprio questa condizione a differenziarlo dal resto della società che, nel frattempo, si sente forte e piena di risposte. Erano altri tempi, altri momenti, la fragilità non era contemplata, ma non per Fellini che, con prepotenza, ha cercato di dare vita a delle pellicole capaci di dar voce a chiunque si sentisse fuori posto.

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