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Bones and All – La Recensione di una storia d’Amore tanto famelica quanto innocente

In tutta la mia vita mi è capitato poche volte di restare senza parole durante i titoli di coda di un film. Di solito ho già mille pensieri che mi frullano per la testa e sento in bisogno di condividerli, di raccontarli a qualcuno. Questo non sempre per conoscere l’opinione altrui. Certe volte mi piace anche solo esprimere a voce o mettere per iscritto quello che quella storia in particolare ha suscitato in me. Quando sono arrivata al termine della visione di Bones and All, il nuovo film di Luca Guadagnino, uscito nelle sale italiane il 23 novembre, mi sono ritrovata dinnanzi ad un muro di cui in pochi altri casi avevo fatto esperienza. Non ho avuto granché da dire e nemmeno opinioni chiare e limpide sin dal principio.

Soltanto dopo qualche ora, una volta tornata tra le mura di casa, ho sentito che qualcosa dentro di me si stava muovendo in reazione a ciò che avevo visto e che, quindi, Bones and All aveva lasciato una traccia in me. Non sapevo che forma darle all’inizio ma poi, ad un tratto, i pensieri mi si sono radunati uno dopo l’altro affollando la mia mente e mi sono ritrovata a buttarli giù, su tastiera.

Bones and All è una storia come tante

Questo è ciò che ho pensato. Questo già forse farà storcere il naso a chi il film lo ha visto e anche a chi poi magari ripenserà a questa frase dopo averlo fatto. Come si può pensare che Bones and All sia una storia come tante se parla di una giovane coppietta di adolescenti cannibali? Io sostengo, invece, che la storia di Maren e Lee sia la storia di tanti giovani ragazzi che, giunti ad un punto delle proprie vite, si ritrovano a fare i conti con la propria Natura, con la propria intima essenza, e dopo averlo fatto finiscono per sentirsi spaesati, soli, smarriti.

Bones and All (640×360)

Bones and All è un road movie che traccia una geografia interiore a questa giovanissima ragazza: una donna in divenire alla ricerca delle sue origini, delle radici familiari che mai l’hanno tenuta ancorata a qualcosa di stabile. Proprio attraverso il viaggio, Maren ascolta la voce di suo padre che non è più riuscito ad accettare la misteriosa natura di sua figlia e rimette insieme pezzo dopo pezzo se stessa. Ricostruisce ogni tassello da cui ha avuto origine la sua identità all’apparenza frammentata eppure così forte ed integra. Noi non lo sappiamo il motivo che la induce a nutrirsi di esseri umani, eppure non possiamo far altro che empatizzare con il suo senso di impotenza dinnanzi al suo istinto. Opporsi è una battaglia persa in partenza. Maren è chiamata a essere ciò che è. Accettarsi però non è mai un cammino facile. È un percorso che dura tutta una vita ed è per questo che Bones and All non parla solo agli adolescenti ma anche ai più grandi, a tutti noi che fanno costantemente i conti con i nostri lati oscuri, con le pulsioni più condannabili dell’anima, con i desideri meno accettati dalle convenzioni sociali a cui siamo abituati e da cui siamo stati plasmati.

A differenza degli adulti che fanno parte di questa comunità, Maren (Tylor Russell) e Lee (Timothée Chalamet) sono innocenti nella loro bramosia di carne umana. Non hanno ancora preso coscienza dell’ineluttabilità delle loro azioni, al contrario di Sully che rimane un personaggio enigmatico ma palesemente incapace ormai di mettere in discussione ciò che è e ciò che fa. Incontriamo anche un uomo che si crogiola nel sadismo di questa fittizia necessità e lo fa solo per puro divertimento. Maren e Lee invece non hanno ancora accettato di non potersi rinnegare. Sono in bilico ma quando si incontrano, iniziano a tenersi per mano ed è lì che dall’incontro con l’Altro, il Diverso che diventa così Simile, nasce qualcosa di inaspettato e pienamente “umano”.

Bones and All (640×360)

I due si conoscono parola dopo parola, respiro dopo respiro. Si fiutano, si sono trovati in qualche modo ma non sanno ancora quanto non potranno più fare a meno l’uno dell’altra.
È il loro Amore a travolgerci in tutta la sua purezza. Rimanere indifferenti davanti a questo sentimento che cresce ad ogni condivisione – anche quella di un famelico pasto cannibale – è pressoché impossibile. Maren e Lee hanno stretto un patto col sangue, uno tutto loro però. Da oggi il sangue di cui si impregnerà la loro pelle sarà lo stesso perché saranno in grado di esprimere insieme la loro Natura e insieme anche di accettarla.

In questo film, il viaggio di Maren diventa il viaggio della consapevolezza di Lee e viceversa. Siamo ciò che siamo – We are who we are per citare un’altra opera di Luca Guadagnino – e non potrebbe essere altrimenti. Al posto di farci la guerra però, tentiamo di amarci perchè è dalla condivisione dello stesso intimo dolore che deriva la forza del filo invisibile che li lega.

Luca Guadagnino ci consegna un piccolo grande capolavoro direttamente dalle terre Americane, attingendo alla storia degli anni ’80, un’epoca che a noi oggi pare così lontana e arretrata per certi versi. Il regista palermitano, soprattutto, sembra essere davvero un esperto nella maieutica dei sommovimenti interiori del periodo della giovinezza. Tutto attraverso i suoi occhi diventa nitido e poetico, anche se solo evocato (esemplare è il suo Chiamami col tuo nome che vede protagonista un giovane Elio interpretato da Timothée Chalamet, in una tormentata scoperta di se).

Bones and All (640×360)

Le atmosfere e i paesaggi così aperti, ampi e cangianti contrastano con gli spazi asfissianti dei luoghi chiusi e non è un caso che Maren e Lee vogliono continuare ad essere dei nomadi guidando in giro per il Paese il loro sgangherato camper. Sin dalla prima sequenza del film, la colonna sonora – affidata a Trent Reznor e Atticus Ross – ha un ruolo fondamentale: scandisce i fatti in maniera quasi anempatica e a volte invece diventa parte integrante degli accadimenti in divenire. La musica non è stabile proprio come la fotografia, la quale non lascia prevalere la componente cupa del cannibalismo abbia la meglio ma è altalenante e segue il flusso degli eventi da cui la coppia è trasportata.

In fondo Bones and All è la storia di un amore famelico e innocente allo stesso tempo, ossia contiene ed esprime tutta la leggerezza delle prime volte di una coppia di innamorati. Maren, interpretata da una vera e propria rivelazione come Taylor Russell, ha uno sguardo penetrante. Analizza, si sofferma, soppesa. L’attrice designata per questo ruolo da Luca Guadagnino tiene perfettamente la camera, sa farla vibrare di poesia seppur con una semplicità disarmante. Timothée Chalamet è invece una (ri)conferma e dimostra ancora una volta quanto riesce a farsi carico di ruoli diversi, mantenendo in ognuno di essi una sua cifra distintiva e un’espressività potentissima, soprattutto fisica.

Per concludere quest’analisi di Bones and All, sento di dover sottolineare come esista un prima ed esiste un dopo: un prima di aver divorato fino all’osso e un dopo aver divorato fino all’osso. Forse per Mareen e Lee trovare il proprio posto nel mondo significa varcare quella soglia, avere il coraggio di tenersi per mano e compiere questo passo. Forse solo così potranno scoprire se per loro c’è un posto in un mondo che ormai suona tra new wave, post-punk e rock. Il loro è un’Amore che divora, dentro e fuori. È come il Primo Amore di tutti noi: intenso, smanioso e mosso del desiderio di essere semplicemente ricambiato. Per questo, per me, la storia tratta dal romanzo di Camille DeAngelis e messa in scena da Luca Guadagnino è una storia come tante.

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