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Il film della settimana: Arancia Meccanica

Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Arancia Meccanica.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Arancia Meccanica? Ecco la risposta senza spoiler

Sembra strano trovare un titolo così famoso in una rubrica di consigli cinematografici, eppure non è scontato che tutti abbiano visto questo cult. Ed è il momento di rimediare. Disponibile su Amazon Prime Video, Sky e NOW (a noleggio su Apple Tv+), racconta di un futuro distopico con protagonista Alex DeLarge, sadico leader di un gruppo di criminali violenti chiamati Drughi. Con un po’ di Lattepiù del Kovora Milk Bar e con quello slang tutto loro, non c’è limite a ciò che possono fare, tra pestaggi, stupri e via dicendo. Dopo l’uccisione di una donna, però, Alex viene condannato a 14 anni di carcere. Se vuole uscire, deve sottoporsi a una brutale cura rieducativa, la Ludovico. Con conseguenze terribili.

In Arancia Meccanica Kubrick attraversa e contamina molti generi, mostrando la violenza per denunciarla, soprattutto quella insita nella società. Contrappone la ferocia dell’uomo con quella istituzionale, riflettendo i contrasti a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Non risparmia critiche al trattamento degli individui nelle carceri o ai mass media e pone l’accento sul concetto di libertà individuale e libero arbitrio attraverso quella cura che trasforma Alex in un’arancia meccanica, programmata per rispondere a comando alla società che l’ha plasmato. Eppure, anche se rispecchia una determinata epoca pur ambientato in un futuro imprecisato, potrebbe essere uscito oggi. Tanta è la modernità con cui analizza la nostra società. Non è un caso che sia una delle più importanti opere di Kubrick, né che Malcom McDowell sia rimasto intrappolato nel ruolo di Alex.

È un film di Kubrick, tanto basterebbe per vederlo. Perché profondo, perché ha influenzato pesantemente la cinematografia, perché esteticamente e tecnicamente perfetto. Ed è proprio su questo che si concentra la seconda parte, dedicata all’analisi tecnica di questo capolavoro.

SECONDA PARTE: L’analisi dei contrasti sonori e cromatici in Arancia Meccanica

Arancia Meccanica è un film basato sui contrasti non solo a livello contenutistico, ma anche sul piano tecnico. In primis quello sonoro. La musica, infatti, è assoluta protagonista perché Kubrick si chiede quale valore assuma all’interno della società. Diviene nella prima parte il motivo scatenante della violenza dei Drughi e nella seconda ciò che rende efficace la cura Ludovico e la redenzione di Alex. La tecnica che Kubrick usa nella pellicola venne definita a suo tempo da Ejzenstein (il regista della Corazzata Potemkin) asincronismo: si tratta della discrepanza o non-associazione tra immagine e suono.

Due sono le scene in assoluto più esemplificative.

Nella prima – chiamata dallo stesso Alex “visita a sorpresa” – i Drughi irrompono nella casa di uno scrittore, vandalizzano ogni cosa, violentano la moglie e picchiano l’uomo. Per l’intera durata del pestaggio il protagonista intona i versi di Singing in the Rain di Gene Kelly, colpendo gli sfortunati coniugi al ritmo di quella canzone. Quasi a volerne replicare la coreografia con i suoi movimenti. Il suono è interamente diegetico, ovvero proviene da una fonte presente e identificabile nell’inquadratura (può essere anche fuoricampo): nel nostro caso il brano è totalmente riprodotto dalla voce del protagonista di Arancia Meccanica e non vi è la presenza della musica originale di sottofondo, che completi l’esecuzione del brano – e allora si parlerebbe di musica extradiegetica. Le note sono ricreate da Alex con i rumori dati dalla distruzione dell’appartamento.

Singing in the Rain è una canzone simbolo di spensieratezza, vitalità, amore. Kelly la intona perché felicemente innamorato e, proprio perché questi sentimenti sono incontenibili, li esprime ballando sotto la pioggia, in un gesto anticonformista nato da una follia innocua. Anche Alex è felice; un’emozione che non deriva dall’amore, ma dalla soddisfazione che la violenza gli provoca, con quei passi di danza che diventano un raccapricciante inno alla brutalità. Di conseguenza la sua è una lucida follia aggressiva che rende distruttivi gli impulsi che in Kelly sono positivi.

Ciò che opera Kubrick, dunque, è un ribaltamento del significato di Singing in the Rain. Non solo accostando una canzone positiva a un momento terribile, ma anche puntando sull’effetto traumatico, generato proprio dall’inversione, nella nostra memoria. Un trauma voluto e richiamato dal e nel film, che rende ancora più forte la critica alla società consumistica e all’industria culturale. Soprattutto di quello studio system hollywoodiano che non gli aveva concesso la libertà dovuta.

Ma non finisce qui. Stanley Kubrick sceglie Singing in the Rain anche per trovare un contatto con lo spettatore. Non cerca l’immedesimazione, ma non vuole neanche che i suoi personaggi siano completamente alieni. Per farci empatizzare con un ragazzo bestiale come Alex, deve attribuirgli dei gusti e degli atteggiamenti che lo rendano a noi più vicino: facendogli cantare Singing in the Rain, gli dona qualcosa che tutti abbiamo sperimentato, ossia il piacere di sentire e intonare una bella canzone.

Poco dopo avviene la seconda scena quando i Drughi vorrebbero rimpiazzare Alex, dando lo scettro di leader a Georgie. Mentre camminano nella baia, arriva da una finestra una melodia che spinge Alex a colpire Georgie, come fossero quelle note a suggerirglielo. Perché La Gazza Ladra di Rossini è un po’ il tema musicale della violenza in Arancia Meccanica. Infatti, non è la prima volta che sentiamo il suo ritmo vibrante: è presente durante la rissa con Billy Boy, nel viaggio verso la casa di Mr Alexander e nello scontro con la signora dei gatti. I crescendo, la ripetitività e i ribattuti di Rossini sono funzionali a questi momenti in cui la violenza assume un aspetto ludico, quasi liberatorio.

Ed è proprio la musica a contrasto con le immagini che esalta il senso della scena stessa.

I pensieri extradiegetici di Alex ci confermano che tutti stanno udendo quel brano fuoricampo; quindi proviene da una fonte interna alla narrazione, identificata successivamente in uno stereo. È un esempio di suono in onda o on the air: è trasmesso elettronicamente per radio o altro strumento, e dunque sfugge alle leggi meccaniche naturali di propagazione del suono.

L’uso del genere classico poi ha un preciso scopo. Solitamente è considerato elevato e dunque ascoltato e apprezzato dall’alta società, quella categoria di persone che non sono pericolose poiché considerate “per bene”. Ecco, Alex ribalta questo costrutto perché non solo appartiene a quella classe, ma la sua pericolosità deriva proprio dalla musica classica che stimola in lui la violenza. Kubrick, così, denuncia la cattiva reputazione della musica commerciale e ridimensiona allo stesso tempo il valore della classica.

Passiamo ora ai contrasti cromatici che nel cinema possono essere realizzati in vari modi, i cui principali sono: lo schema complementare (accostamento di due colori all’opposto della ruota combinandone uno caldo e uno freddo, uno primario e uno secondario: rosso e verde, arancione e blu, giallo e viola) che crea una sensazione di tensione ed evidenzia un conflitto che può essere interno e/o esterno; lo schema discordante, con il quale si catalizza l’attenzione dello spettatore su un qualcosa mediante il colore (come con il cappotto rosso in Schindler’s List); lo schema triadico, ovvero la combinazione di tre colori equidistanti dalla ruota ma che risultano complementari se impiegati assieme, come il rosso, il giallo e il blu; l’accostamento di un caldo e uno freddo che non siano complementari (generando però gli stessi effetti ansiogeni), come il rosso con il blu o con il viola.

Quest’ultimo è il caso di Arancia Meccanica.

La scena analizzata è quella in cui il protagonista torna a casa in seguito alla Ludovico. Dopo uno zoom sull’articolo di giornale incentrato su Alex e intitolato “Omicida libero: la scienza lo ha curato“, l’inquadratura si allarga mostrando il salotto della casa dove sono seduti il padre (alla nostra sinistra), la madre e un ragazzo (alla nostra destra). Alex entra da destra, occupando progressivamente il centro della stanza: diviene così il punto focale della prospettiva centrale simmetrica utilizzatissima da Kubrick e la punta di un triangolo, figura spesso presente in Arancia Meccanica per simboleggiare la superiorità e/o minaccia del protagonista. Salta poi subito all’occhio la distorsione dello spazio, operata attraverso il grandangolo e il teleobiettivo, che dà un senso di oppressione, claustrofobia e irrealtà.

In questa scena notiamo immediatamente il contrasto incrociato tra il caldo rosso e il freddo blu, cosa che la rende dinamica e drammatica ed equilibra allo stesso tempo la composizione.

La parete alla nostra sinistra è rossa, quella a destra blu. Alex indossa un abito blu scuro che risalta sul rosso della parete. Il muro blu, invece, contrasta con l’abito della madre di Alex e del nuovo inquilino. Quest’ultimo rappresenta il perfetto alter-ego del protagonista, il suo sostituto buono, e ciò risalta ancor di più perché è vestito di rosso e Alex di blu. Il completo del protagonista, però, è in contrasto anche con i vestiti dell’altro genitore. Infatti, immediatamente dopo l’arrivo a casa, suo padre si alza e gli stringe la mano, con un’inquadratura che passa da un campo medio a un mezzo primo piano. Lì si scorge la sua camicia arancione, ovvero il colore complementare del blu.

Ciò dimostra il conflitto che Alex continua ad avere con i suoi genitori, anche se è cambiato e si è tolto la tuta bianca. Il blu rappresenta la sua metamorfosi, la nuova calma interiore che dovrebbe aver raggiunto ma anche la sua solitudine. Però richiama pure il colore della divisa da carcerato, simbolo della sua condizione di prigioniero della società.

Infine, un appunto anche sul bianco.

Kubrick lo usa in Arancia Meccanica in modo opposto al suo significato: invece di rappresentare la purezza, trasmette senso di malattia – è il vestito dei Drughi – e corruzione – il Lattepiù. Esemplare è la prima scena: un piano-sequenza realizzato con una carrellata lentissima e con l’uso dello zoom all’indietro, che parte dal primo piano del volto di Alex, per poi allargarsi e mostrare il Kovora Milk Bar. Un momento in cui Kubrick non solo palesa l’influenza del cinema espressionista tedesco, grazie ai forti contrasti tra il bianco e il nero, ma anche la grandezza di un film leggendario impossibile da dimenticare.