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Una recensione onesta di Dark

Tu sei lì, seduto sulla tua panchina. Stai pensando che il pranzo di oggi era troppo carico di peperoni, e lo stomaco comincia a farti male. Pensi che dovresti correre di fretta verso casa, ma alzarsi sarebbe difficile, comprometterebbe il tuo stato di salute al momento precario. Cerchi di capire come agire, ma hai poco tempo. Sei seduto su quella panchina con aria quasi malinconica. Rifletti e cerchi di capire se ti convenga correre a piedi verso casa o aspettare un po’ che passi. Nello stesso istante, si avvicina a te qualcuno che ti chiede cosa tu stia pensando, se stai bene. Con aria provata rispondi che stai pensando al futuro, non specificando a quale tu stia pensando. Lui non lo sa che il tuo futuro ha a che fare con la prossima ora e con tua corsa verso casa. Ed è a quel punto che lui ti guarda e ti dice che in realtà lui è la tua versione futura, che sa già cosa ti accadrà nei prossimi trent’anni di vita. Potresti chiedergli qualsiasi cosa. Ma, ormai provato dalla tua giornata, hai un’unica domanda da porre, quella che per te adesso corrisponde alla più importante: ci arriverò al bagno se vado adesso? Ed ecco spiegata, attraverso questa metafora, la Serie Tv Netflix Dark.

Dark è come C’è Posta per Te, ma con un gruppo di ospiti che non hanno capito se si presentano come figli dei loro figli o come padri dei propri padri

Dark
Dark (640×360)

Forza, è arrivato il momento: chiedete scusa a Brooke Logan, avanti. Sono anni, e intendiamo davvero anni, che cerca di spiegarci che fidanzarsi con il proprio parente stretto non corrisponda a un reato, e noi per questo l’abbiamo sempre giudicata, ma poi arriva Dark e subito cominciamo a tifare per la coppia protagonista composta da una zia e da un nipote. Dov’è la nostra coerenza? Eh? Dov’è la nostra morale, adesso? Brooke Logan ce lo aveva già detto, e noi siamo stati irremovibili. E non è tutto: sono anni che non riusciamo a distinguere se lei sia la figlia o la madre di chi ha messo al mondo, data la sua bellezza che non invecchia mai, e per questa ragione abbiamo sempre preso in giro la piccola Hope. E invece niente. Anche in questo caso abbiamo accettato che in Dark una bambina di a malapena 9 anni fosse madre della propria madre, e anche in questo caso siamo stati muti. Allora ammettiamolo che Dark è raccomandata. Almeno siamo onesti.

Insomma, Dark si fa strada tra diversi archi temporali in cui alla fine il più sano di mente è Adam, un tipo vestito da prete che poi si scopre essere Jonas. Il protagonista per eccellenza della serie è infatti un ragazzino di 17 anni che cammina sempre con un impermeabile giallo con cui cade nel fango, affronta nemici e viaggia nel tempo. Riusciamo ad avere fiducia nel fatto che a un certo punto lo toglierà per disinfettarlo soltanto perché le sue versioni future non lo indossano.

Avete presente le anziane signore di paese che, quando vi conoscono, vi chiedono in siciliano <<a cu si figghio?>> Quando capita a noi, molto tranquillamente, rispondiamo con il nome dei nostri genitori, ma una domanda del genere in Dark assume dei toni oscuri dai risvolti drammatici. A questa domanda, i personaggi di Dark rispondono guardando il vuoto, cercando di capire quale risposta dare. Le opzioni, più o meno, sono sempre le stesse:
1. Sono figlia di mia figlia.
2. Dipende dall’epoca, lei dice adesso o nel 1918?
3. Sono suo figlio.

Dark, Adam (640×360)

In Dark la fine e il principio coincidono, e permettetemi di dire che – come nel caso di Brooke – io sono anni che ripeto questa cosa. Più precisamente, lo ripeto ogni volta che decido di mettermi a dieta e comincio la mia giornata fatta di pochi carboidrati. Ecco, in quel giorno – per me – la fine e il principio coincidono. Se lo dico io non vale, se lo dice un anziano qualunque che asserisce di essere la versione futura di Jonas allora va tutto bene. Ma non è il caso di polemizzare troppo su questo, piuttosto cerchiamo di garantire la nostra vicinanza a Jonas, figlio di due genitori che piuttosto che stare insieme tornerebbero indietro nel passato per non conoscersi mai (ma la macchina del tempo non può servire anche per evitare di conoscere le stron*e come Hannah?). Da una parte abbiamo un padre che per salutare definitivamente il figlio scrive al C’è Posta per Te del futuro, e dall’altra una madre così incaz*ata per la merendina che le hanno fregato le bad girl della scuola quando era piccola, da vendicarsi trent’anni dopo intrattenendo rapporti con il marito di una di queste. Insomma, fate arrabbiare Hannah se ne avete il coraggio, ma poi rinchiudete in una stanza vostro marito. E ringraziate che, almeno di lei, esista soltanto una versione.

Insomma, il delirio di Dark comincia così: un bambino di nome Mikkel scompare del tutto, ma in realtà quel bambino è il padre di Jonas e il fratello di Martha, la sua fidanzata che per questa ragione è anche zia (in Dark vige l’offerta speciale prendi 2 parenti al costo di 1). Tutto questo accade per via dei diversi archi temporali presenti nella serie, e soprattutto perché lo stron*o dell’orologiaio quel giorno, invece di costruire un orologio a pendolo, ha costruito la macchina del tempo. Dopo quel momento non si è capito più niente e abbiamo dovuto affidare tutto il controllo della situazione a un ragazzo incapace di cambiarsi l’impermeabile, a un prete che fa sembrare il Reverendo Cadmen di Settimo Cielo una persona seria e a un tipo che continua a dire che di essere la versione futura di quella grande mente di Jonas. Praticamente abbiamo due Jonas e un prete che era il fidanzato della madre della propria madre: la domanda non è se sopravviveremo all’Apocalisse, ma se vogliamo davvero sopravvivergli dati gli elementi che ci ritroveremmo accanto rimanendo a Winden.

Alla fine Dark giunge alla conclusione con una terza stagione che fa sembrare le lezioni di ingegneria spaziale una passeggiata, ma non fa nulla. Abbiamo tenuto botta fino alla fine riuscendo a reggere il peso degli eventi e dei legami familiari, eppure qualche volta sentiamo dentro di noi una sensazione di malessere, una sensazione che non ci fa stare bene. Accade più o meno quando siamo a tavola con i parenti. Li guardiamo e pensiamo se chi stiamo osservando sia davvero chi dice di essere, se nostra madre è davvero nostra madre e non nostra figlia. Dark ha cambiato le regole della famiglia, ma anche il rapporto tra fratelli. Se prima il maggiore raccontava al minore di averlo trovato in un bidone della spazzatura, adesso gli racconta di ricordare bene il giorno in cui ha partorito i propri genitori. Per mettergli paura, inoltre, ha cambiato il protagonista della sua storia. Al posto del mostro sotto al letto troviamo Jonas, l’uomo con l’impermeabile giallo.

L’amore secondo Dark, oltre Jonas e Martha