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Il principio di autoconsistenza, spiegato attraverso Dark

“Sic mundus creatus est”

Dark

Spiegare una serie tv come Dark è già di per sé un’impresa tutt’altro che semplice. Utilizzarla per spiegare un concetto della fisica che riguarda l’essenza stessa del tempo, è ancora più complicato. Ma ci vogliamo provare.

In questa serie tedesca, conclusa con la terza stagione nel 2020, vengono affrontate molte tematiche complesse: non solo il viaggio nel tempo ma anche il simbolismo religioso, il libero arbitrio, il multiverso, l’ancestrale paura dell’uomo per l’ignoto e la minaccia nucleare. Dark è una serie che si comprende interamente solo alla fine perché uno dei concetti cardine è che “tutto è collegato”: ogni azione ne genera un’altra che, a sua volta, genera infinite possibilità e infiniti scenari differenti.

L’argomento cardine sul quale è costruita questa serie è il viaggio nel tempo. Non possiamo sapere se, in futuro, l’umanità progredirà al punto da poter effettivamente viaggiare nel tempo, ma siamo sempre stati affascinati dalla possibilità di poter sbirciare nel passato, modificare il corso degli eventi e verificare gli effetti del nostro intervento nel futuro.

La scienza ha disquisito per molto tempo sull’argomento, e non tutti sono concordi: si possono individuare tre teorie principali sul viaggio nel tempo, ognuna con caratteristiche differenti.

Secondo la teoria del multiverso, ogni azione compiuta nel passato o nel futuro, attraverso un viaggio nel tempo, crea una differente linea temporale, modificando eventi e attori. Questa teoria la vediamo nella terza stagione di Dark, in cui vengono mostrati gli universi alternativi, influenzati dalle scelte compiute da Jonas nel passato o nel futuro.

C’è la teoria della temporalità lineare dinamica, secondo cui ogni avvenimento compiuto nel passato ha una conseguenza e un’influenza nel presente e nel futuro. In altre parole, questa teoria non ha bisogno del viaggio nel tempo per essere provata e rispecchia le conoscenze che abbiamo attualmente della quarta dimensione e del principio di causa ed effetto.

C’è poi la teoria della temporalità lineare fissa, che si basa sul principio di autoconsistenza di Igor Dmitriyevich Novikov, un fisico russo secondo il quale il tempo è una dimensione impossibile da modificare, che si sviluppa secondo un cerchio nel quale è impossibile determinare l’inizio e la fine. Il tempo, quindi, sarebbe un uroboro, il serpente che si morde la coda che compare svariate volte in Dark, simbolo della circolarità degli eventi e dell’immutabilità del fato.

Dark (640×360)

Secondo Novikov, non è solo il passato a influenzare il presente e il futuro, ma sarebbe anche il futuro a influenzare passato e presente. Lo vediamo accadere in Dark, quando assistiamo a eventi che si collocherebbero temporalmente in avanti rispetto ad altri, che però paradossalmente determinano proprio gli eventi del passato. Spesso i personaggi, nel tentativo di evitare che accada qualcosa, diventano inconsapevolmente artefici proprio di quell’evento.

Pensiamo a Jonas, che tenta di evitare che suo padre sia inghiottito dal passato e ne causerà la scomparsa, o quando, cercando di scongiurare il suo suicidio, ne diventa diretto responsabile.

In Dark vediamo verificarsi sia la teoria degli universi paralleli (l’origine di tutto sarebbe proprio la scissione di un universo in tre differenti) sia il principio di autoconsistenza di Novikov, una teoria che il fisico propose negli anni Ottanta in opposizione proprio ad altre teorie sul viaggio nel tempo, tra cui quella degli universi paralleli. La coesistenza di principi e teorie così diversi e inconciliabili in un unico prodotto seriale è sintomatico della genialità e del rigore di Dark.

Secondo Novikov, è impossibile modificare il passato: anzi, ogni azione volta a farlo non farà che portare proprio al verificarsi degli eventi che si sta cercando di impedire. Per spiegare come funziona, prendiamo il celebre paradosso del nonno, che somiglia a moltissime situazioni a cui abbiamo assistito in Dark.

Secondo il paradosso del nonno, un nipote potrebbe viaggiare indietro nel tempo e uccidere il proprio nonno prima che possa generare suo padre e, di conseguenza, impedire la propria nascita. Ma ecco che si verifica un’inconsistenza logica: se il nonno muore, impedendo di fatto al nipote di nascere, come fa quest’ultimo a viaggiare nel tempo?

Immaginiamo ora che una donna assista per caso alla morte di un uomo a causa di un proiettile vagante. Scioccata, viene soccorsa da un passante, con il quale si sposa e mette al mondo un figlio. Quel figlio, diventato adulto decide, in preda a una crisi esistenziale, di viaggiare nel tempo per uccidere la propria nonna e impedire la propria nascita. Giunto nel passato, fa per sparare alla donna ma il proiettile viene intercettato da un’altra persona, che le muore davanti e la lascia traumatizzata. La donna, sconvolta, viene consolata da un passante, con il quale si sposa e ha un figlio…

Novikov risolve il paradosso del nonno sostenendo che, dal momento che il tempo è immodificabile, tutte le azioni che facciamo per cambiarlo sono volte in realtà a preservare il circolo, che si auto conserva: ecco il principio di autoconsistenza. Una vera e propria profezia che si auto avvera e che vediamo compiersi, in tutta la sua spaventosa immutabilità, proprio sul finale di Dark.

Jonas e Martha hanno ottenuto il loro scopo: auto distruggersi per impedire la catena di eventi che porterebbe all’invenzione della macchina del tempo, allo sdoppiamento degli universi e agli eventi che scatenano l’apocalisse. Il sacrificio dei ragazzi è ricompensato: la loro genealogia è interrotta, non nascerà nessuno di “maledetto”, costretto a viaggiare nel tempo all’infinito. I sopravvissuti, ignari di tutti, sono i personaggi che non “dipendono” direttamente dall’esistenza di Jonas o Martha: Hannah, visibilmente incinta, Katharina, Peter, Wöller (il poliziotto con l’occhio ferito), sua sorella transgender Bernadette e Regina.

Dark (640×360)

Nell’universo che vediamo sul finale di Dark, Regina abita nella casa che abbiamo sempre visto abitata da Jonas e non ha avuto la vita triste e senza affetto che abbiamo visto nella serie, anzi. Tutti sono amici e non c’è traccia dell’odio e delle divisioni che hanno caratterizzato i personaggi lungo il corso degli eventi. L’assenza della traccia di Jonas e Martha e del frutto della loro unione ha sradicato il seme del male.

Dopo un improvviso blackout, però, Hannah racconta agli amici un sogno che ha fatto: ha visto quel preciso momento, la notte precedente, e nel sogno l’oscurità diventata totale e cancellava tutto, e lei si sentiva stranamente in pace. Un sogno decisamente strano, per una donna quasi al termine della gravidanza. Quando gli amici le chiedono se lei e Wöller, il padre del bambino, hanno già scelto il nome del nascituro, Hannah rivela che a lei piace Jonas.

Il finale di Dark conferma l’immutabilità del passato, l’impossibilità di modificare eventi già avvenuti e di diventarne anzi la causa.

“Il principio è la fine, e la fine è il principio”, quindi: ogni cosa che Jonas e Martha fanno per evitare l’apocalisse porta sempre al medesimo epilogo. I due sono legati indissolubilmente in un nodo fatale che ha la forma dell’infinito: un’altra forma di ciclicità senza inizio né fine.

Jonas e Martha, per spezzare quel nodo, si trasformano in Adam ed Eva: una vera e propria degradazione della loro forma originaria, il risultato di una serie di cicli infiniti che corrompe la loro purezza, rendendo due ragazzi idealisti degli inconsapevoli servitori del male e del caos. Tentando di spezzare il ciclo, infatti, i protagonisti di Dark diventano antagonisti di se stessi: pensando di compiere il bene, si vendono invece al male.

Ma che cosa sono il bene e il male? È forse bene tentare di impedire una morte, diventandone invece gli artefici? E se quella morte potesse salvare delle vite? Bene e male non sono concetti binari in Dark. Questa serie, oltre al tema dei viaggi nel tempo, esplora anche il dilemma morale che sta dietro al principio di autoconsistenza.

L’ipotetico nipote stanco di vivere che viaggia indietro nel tempo per impedire la propria nascita, infatti, per raggiungere il proprio scopo sacrifica una vita. Una vita che non è quella che voleva eliminare e che, anzi, fa sì che la sua azione diventi proprio il propulsore per il suo concepimento. Anche se non avesse ucciso l’incolpevole passante e fosse riuscito a eliminare la nonna o il nonno, uno di loro sarebbe comunque sopravvissuto e tanto bastava a farlo nascere, come vediamo anche nel finale di Dark, in cui Jonas è figlio di Hannah e Wöller e non di Hannah e Mikkel.

Quindi, anche se il protagonista del paradosso del nonno avesse avuto a disposizione più tentativi per mettere in atto il suo piano, non sarebbe cambiato nulla: la sua nascita è un evento che non avrebbe potuto in alcun modo evitare, al massimo avrebbe potuto non avere alcuna influenza.

In ogni scenario è sempre necessario un sacrificio: “all’origine di tutto c’è il dolore”, si dice nell’ultima stagione.

La morte crea una vera e propria dissociazione nell’universo, così come il lutto per la perdita della propria famiglia crea una lacerazione nell’orologiaio Tanhaus, portandolo a realizzare la macchina del tempo da cui ha origine tutto. Un universo si triplica per dare infinite possibilità alla vita, ma va in scena sempre lo stesso finale, che è la morte.

Un universo che è uno e trino, in cui i vertici si toccano sfidando ogni legge e ogni incredulità, come il triangolo di Penrose, che si trova anche sulla copertina del libro scritto da Tanhaus. Una creazione impossibile che non è altro che un’illusione ottica, com’è un’illusione credere che l’uomo abbia il potere di modificare il corso degli eventi.

Dark (640×479)

Anche la triquetra, il simbolo della triplicità dell’universo, con i suoi nodi impossibili, è un’illusione ottica che rimanda al simbolismo del triangolo, che ricorre ossessivamente in Dark. Proprio la triquetra è il simbolo che compare sulle porte delle grotte che collegano le dimensioni temporali, insieme alla frase “sic mundus creatus est”, “così è stato creato il mondo”.

E se pensiamo da dove è tratta questa frase, diventa più chiaro come in Dark tutto abbia origine (ma ha senso parlare di origine e di fine, in una quarta dimensione circolare?) da un lutto, o meglio da un trauma, nel senso che ha nella lingua tedesca, in cui significa “ferita”.

“E poiché tutte le cose sono e provengono da una sola, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento […] Così è stato creato il mondo”.

Testo tratto dalla Tavola di smeraldo, che compare svariate volte in Dark.

Tutto nasce dal dolore e tutto torna al dolore. La morte, che è la conditio sine qua non del paradosso di Novikov e del principio di autoconsistenza è l’unica certezza che hanno i viaggiatori nel tempo che in Dark sfidano le leggi della fisica e le beffe del destino. Ed è una morte che dà la vita, così come il sacrificio di uno sconosciuto consente l’incontro che porta al concepimento del nipote e così come l’annullamento di Jonas e Martha consente agli altri di sopravvivere.

Un loop inarrestabile che travalica i confini della fisica e il concetto di tempo e diventa psicoanalitico: come interrompere il dolore? Scavando nelle proprie dicotomie (i due universi contrapposti, generati dalla scissione del primo) per scoprire l’origine del trauma (l’universo originario con il suo evento doloroso scatenante).

Un’operazione impossibile, almeno per come la risolve Dark: se non ci fosse stato quel trauma non sarebbero nati i due universi e il presupposto stesso su cui si fonda questo processo cadrebbe. Ma quel trauma non può non essere avvenuto, di conseguenza è impossibile rimuoverlo: da qui nasce il loop infinito e irrisolvibile che rende questa serie un vero e proprio gioiello che mescola simbolismo, esoterismo, psicoanalisi e scienza.

Giulia Vanda Zennaro