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Lo chiamavano Jeeg Robot è la Serie Tv di cui avrebbe bisogno l’Italia

Io solo una cosa vojo sapè… ma tu chi cazzo sei?

Lo chiamavano Jeeg Robot è il film che ha risolto il complesso di inferiorità dell’Italia in materia di cinema. Sì perché se da un lato abbiamo i mostri sacri Fellini, Rossellini ecc., dall’altro non si può certo dire che il cinema dei giorni nostri goda di buona salute. Tra cinepanettoni, commedie tutte uguali, una genetica incapacità di produrre film d’azione che non coinvolgano per forza la mafia e fiction scadenti e mal recitate, il panorama italiano in fatto di cinema fa acqua da tutte le parti.

Questo fino a un paio di anni fa, quando esce nelle sale un film che nessuno voleva produrre, la cui trama, sulla carta, fa strabuzzare gli occhi: un ladruncolo della periferia romana che sviluppa una forza straordinaria in seguito ad un incidente, che sacrifica tutto per salvare una ragazza mentalmente disturbata che gli affibbia il soprannome di Hiroshi Shiba, ovvero Jeeg robot d’acciaio. Il tutto rigorosamente in romanesco, con personaggi al limite tra le macchiette in stile Gomorra e il kitsch, con punte di splatter.

Lo chiamavano Jeeg Robot

Roba da matti, devono aver detto i produttori a cui Gabriele Mainetti, il giovane e coraggioso regista, ha presentato il progetto. Non farà mai successo, un film del genere. Non abbiamo la mentalità, noi italiani, per apprezzare un film di supereroi in salsa romanesca, una contraddizione in termini, in un mondo in cui i blockbuster di questo tipo sono ambientati in grandi città, con protagonisti fighissimi e tormentati, e con cattivi misteriosi e ambigui. Qui abbiamo un balordo misantropo, uno psicopatico con venature di drag queen, e una svampita. Non piacerà a nessuno.

E invece…

Il film è stato un successo nazionale e internazionale, distribuito anche negli Stati Uniti, e ha risollevato l’orgoglio nazionale. Lo chiamavano Jeeg Robot, infatti, non ha bisogno di scimmiottare né gli anime né i film di supereroi d’oltreoceano, per affermarsi come un prodotto valido, originale, divertente. Questo grazie ad una storia all’apparenza assurda, ma in realtà perfetta per il tessuto sociale in cui è inserita. C’è ironia mista a critica sociale, nell’ambientare una storia del genere a Tor Bella Monaca, a far parlare i protagonisti la loro lingua e non fargli sputare frasi precotte, riflessioni da eroe tormentato, ma fargli dire chiaro e tondo quello che sentono come lo direbbe qualsiasi figlio delle periferie.

Lo chiamavano Jeeg Robot

La perfezione della scrittura va a braccetto con la caratura degli interpreti. Claudio Santamaria interpreta il perfetto connubio tra perdente, emarginato e predestinato, e riesce a farci ridere e piangere allo stesso tempo. Luca Marinelli è un mostro assoluto di bravura: la scena del karaoke è già entrata di diritto nella storia del cinema italiano, e la sua caratterizzazione dello Zingaro non sfigura a fianco di altri villain storici come Joker o Pinguino. Ilenia Pastorelli, fresca di Grande Fratello, è la scelta migliore che si potesse fare per incarnare la burina un po’ tonta che è Alessia, e ci stupisce con una recitazione davvero di classe per un’esordiente.

Così come questo film ha risollevato le sorti del nostro cinema, trarre una Serie Tv da Lo chiamavano Jeeg Robot darebbe una scossa anche al mondo delle Serie Tv nostrane.

Quest’ultime, ferme da troppo tempo sui soliti stereotipi preti/camorra/soap opera. Ci siamo adagiati un po’ troppo sui generi che fanno felici le casalinghe e ci stiamo dimenticando che, per soddisfare un’altra fetta di pubblico, quella che paga gli abbonamenti alle piattaforme online di streaming, bisogna dargli carne fresca, prodotti competitivi sul piano internazionale.

Lo chiamavano Jeeg Robot

Lo chiamavano Jeeg Robot ha già dimostrato di poter sbancare il botteghino, e replicarne il successo in versione Serie Tv sarebbe potenzialmente un gioco da ragazzi. Abbiamo già dimostrato, come italiani, di poter essere attrattivi anche per un mercato internazionale in materia di Serie Tv. Basti pensare all’esempio di Gomorra, un successo che tutto il mondo ci invidia, o a The Young Pope, che vanta un cast internazionale. Detto questo, va bene essere internazionali, ma non dimentichiamoci di essere italiani. Come già detto sopra, Lo chiamavano Jeeg Robot spacca (letteralmente) proprio perché vive del tessuto sociale italiano, di quelle cose che anche chi non è mai stato a Roma può capire. Il dialetto, le dinamiche sociali, le ambientazioni “di casa nostra”, tutto ci tiene deliziosamente in bilico tra la confort zone del cortile di casa e l’abisso eccitante dell’internazionalità.

Lo chiamavano Jeeg Robot funzionerebbe alla grande come Serie Tv perché porterebbe nel mondo del piccolo schermo la rivoluzione che ha portato nel grande schermo.

Già con film come Perfetti Sconosciuti, Non essere cattivo (dello stesso Mainetti), Indivisibili e La pazza gioia si era assistito ad una piccola boccata d’ossigeno per il cinema italiano, frastornato dal suo asfittico girare sui suoi soliti stilemi. Gestita nel modo giusto, una Serie Tv tratta da questo piccolo grande capolavoro spalancherebbe definitivamente le porte all’Italia delle Serie Tv internazionali, che guardano lontano tenendo i piedi ben saldi nel proprio territorio.

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