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Expats – Una spalla su cui poggiarsi: La Recensione del penultimo episodio

E’ assurdo pensare quanto Expats sia cambiato nel corso delle sue puntate. Il cambio registro della serie era stato evidente già attraverso la sua quarta puntata, ma la quinta ha tolto ogni dubbio. Non si trattava di una pausa. Si trattava di un momento prolungato che avrebbe portato i personaggi a prendere delle scelte che avrebbero cambiato anche il destino della serie. Il thriller a cui pensavamo di assistere non esiste infatti più. L’unica cosa che adesso rimane di questa storia è il dramma, il silenzio di personaggi che non sanno urlare più, che non hanno più voce e che, ora come non mai, non si riconoscono più in Hong Kong. Adesso come non mai, tutti sono decisi a lasciarla andare per ricominciare da capo. O almeno lo è Margaret che, insieme a Clarke, vuole tornare negli Stati Uniti per cercare di rimettere insieme i pezzi della sua vita. Non sappiamo se questo è ciò che davvero accadrà nell’ultimo episodio in arrivo settimana prossima, ma quel che sappiamo è che adesso più che mai Expats è pronta al suo atto finale. I tempi sono maturi per tirare le somme di quello che ognuno dei protagonisti ha dovuto affrontare, ragion per cui in questo quinto episodio tutti hanno bisogno di una spalla su cui poggiarsi. Più di tutti, ne ha bisogno di Clarke che, dopo aver cercato di affrontare la scomparsa di Gus, perde totalmente se stesso ammettendo il suo dolore.

In questo quinto episodio Expats dà una voce sottile anche a Hong Kong, restituendogli finalmente quell’identità che sembrava non avergli mai concesso

Expats (640×360)

La quinta puntata di Expats, come anticipato, dà voce a Hong Kong. Concentrandosi in modo più definito sulle politiche sociali, la miniserie racconta le rivolte e la disuguaglianza. In un secondo passiamo dagli attici alle baracche, dalla ricchezza alla povertà. Eppure, c’è una cosa che lega ognuna delle condizioni che ci vengono presentate, ed è la tristezza. Non esiste personaggio che sia felice, e poco importa dove versi le sue lacrime. Attraverso la prospettiva delle governanti di Hilary e Margaret entriamo infatti a contatto con la società di Hong Kong, con i suoi edifici più moderni e con quelli più fragili che a malapena riescono a tenersi in piedi. In ognuno di questi vi è un protagonista che cerca una spalla su cui poggiarsi. Mercy si poggia su quella della sua amica destinata a essere qualcosa di più, Clarke su Margaret e sulla religione a cui non ha mai creduto, e Mercy sulla sua governante. Il suo personaggio in questa puntata mostra al telespettatore il suo estremo bisogno di vicinanza, di una persona che le dica che va tutto bene.

Oramai conclusa la sua relazione con David e la sua amicizia con Margaret, Hilary si sente sola in una città in cui non si riconosce. Ha bisogno di aiuto, ma l’unica persona su cui può contare è la sua governante, una donna gentile che sogna di diventare una cantante. Le sue si perdono tra un bicchiere di vino e qualche abbraccio, riscoprendo nell’altra le ambizioni mai raggiunte e il sostegno necessario per non annegare. Fiduciosa che sia la scelta giusta, la governante rivela a Hilary che il figlio che David aspetta appartiene a Mercy, la donna che ha causato la scomparsa di Gus. Questa rivelazione potrebbe cambiare le sorti dell’ultimo episodio della serie, spingendo la donna a compiere delle scelte importanti.

Contemporaneamente, la governante di Margaret si prepara alla possibilità di ritornare dalla sua famiglia. Margaret e Clarke hanno infatti deciso di tornare negli Stati Uniti. La governante crede di aver concluso il rapporto di lavoro con i due ma viene contraddetta dalla richiesta di Margaret che le chiede di andare con loro. La spalla su cui hanno bisogno di poggiarsi in questo caso è infatti la sua, l’unica che è riuscita a sostenerli in uno dei momenti più complicati di tutta la loro vita. Che sia preparando il pranzo per tutti o che sia per il rapporto con i bambini, lei rappresenta la luce in una casa in cui il buio è entrato a una finestra che non può essere richiusa.

Expats (640×360)

Adesso che anche Hong Kong ha una voce, adesso che la sua popolazione originaria ne ha avuta una, adesso che i personaggi tirano le somme delle loro tragedie, Expats giunge al termine. La sua ultima puntata sta per arrivare, e qualcosa ci suggerisce che non sarà incentrata sulle risposte, ma sui destini di ognuno di loro, sul modo con cui incasseranno il colpo e decideranno di andare avanti nella loro vita, seppur insieme ai propri demoni. La miniserie Amazon Prime Video sembra aver messo in discussione la propria identità iniziale a fin di bene servendosi non più dei tipici elementi del genere thriller, ma di quelli drammatici. Cosa succede alle persone che in un thriller perdono tutto? Siamo sempre concentrati sui casi, sulle risposte da trovare, ma mai sulle conseguenze di quel che accade. Questo è ciò che ha fatto Expats, questo è il motivo della sua nascita.

Seguendo la vita di tre donne distrutte, Expats ci racconta un atto di realtà diventando a tutti gli effetti una Serie Tv che tutti possiamo riuscire a capire fino in fondo. In momenti diversi, siamo Margaret, Mercy e Hilary. Siamo le governanti con delle ambizioni difficili da concretizzare, siamo le persone che hanno tutto ma anche niente, e siamo quelli che non vedono speranza. Divisi in piccoli frammenti, siamo ogni personaggio di questa ambiziosa miniserie che ha scelto di procedere senza far uso di ritmi incalzanti, ma solo di una graduale narrazione della tristezza e delle conseguenze di quello che ci accade intorno. Non possiamo controllare nulla. Possiamo soltanto sperare di riuscire a trovare la chiave giusta per sopravvivere, sperando che questo ci basti per addomesticare i mostri che si nascondono dentro di noi.

Expats – Apnea: La Recensione del quarto episodio