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Expats – Apnea: La Recensione del quarto episodio

Un quarto episodio senza respiro, una costante apnea senza fine. Expats torna su Amazon Prime Video con una puntata che fa da collante, una pausa di riflessione che possa permettere ai protagonisti di questa storia di fare il punto della situazione e di confrontarsi con i propri mostri, con alcune tragiche realtà della propria vita. Ambientata nella stessa giornata, la quarta puntata di Expats decide di mettere i suoi personaggi con le spalle al muro lasciandoli da soli con alcuni punti in sospeso della propria vita. Esistono verità e situazioni che non hanno mai affrontato, ma questo continuo rimandare non poteva andare avanti ancora per molto. A due puntate dalla fine, Expats si prende un momento di riflessione lasciando da parte le dinamiche per far spazio a un episodio esistenzialista che sembra voler, per un attimo, interrompere la narrazione per aggiungere una breve parentesi dal valore necessario. Perché siamo il frutto di quel che ci è successo, e con noi lo sono i rapporti che costruiamo e portiamo avanti.

Tra un confronto necessario e una rivelazione che potrebbe devastare la vita di Hilary e David, la quarta puntata di Expats procede gradualmente dimostrando di saper essere forte anche solo sussurrando

Expats (640×360)

Il quarto episodio di Expats si divide in 3 linee narrative. La prima vede il confronto tra Clarke e Margaret, la seconda tra Hilary e sua madre e la terza tra Mercy e David. Il primo atto accende un riflettore sulle parole che Clarke e Margaret non sono mai riusciti a tirare fuori dopo la scomparsa del figlio. Provando a non far pesare questa tragedia sulla vita dei figli, Clarke ha sempre tenuto dentro il dolore dimenticando che la sofferenza non può essere rinchiusa da nessuna parte. Anche riuscendoci, prima o poi trova le chiavi per svelarsi. In un corridoio logoro, Clarke e Margaret riflettono su quel stanno attraversando chiedendosi se il Dio a cui non hanno mai creduto non si stia svelando togliendogli tutto quello che hanno sempre avuto. Una bella famiglia, un importante conto in banca, una casa perfetta e pochissimi sforzi: la famiglia di Margaret e Clarke era salda, pronta a mettere nero su bianco la propria felicità. La scomparsa del figlio ha trasformato la perfezione in tragedia, la leggerezza in disperazione. La loro vita, così, cambia senza preavviso da un giorno all’altro, lasciandoli da soli contro un dolore ingestibile. Affrontare questa sofferenza insieme era inevitabile. Dopo le urla e la disperazione di Margaret, però, finalmente arriva anche lo sfogo di Clarke. Il malessere che aveva dentro ha finalmente trovato la strada per venir fuori. Era necessario che questo accadesse. Far marcire dentro di sé le proprie emozioni significa soffrire due volte. Così, l’anestetizzato Clarke cede finalmente a quel che prova quando, durante il riconoscimento del corpo ritrovato nella scorsa puntata, scopre che il bambino su quel lettino e senza vita non è suo figlio. C’è ancora una speranza.

I mostri non lasciano in pace neanche Hilary. Da sola in casa, attende l’arrivo di sua madre, una donna dura con cui non ha mai condiviso un buon rapporto. I dolori familiari sono sempre quelli più complicati da gestire. Fanno a botte tra dolore e speranza, tra ricordi e confronti velenosi. Bloccate in un ascensore, le due smettono di essere madre e figlia per diventare due donne unite dal solo rimorso: che cosa avresti potuto fare tu, cosa avrei dovuto fare io, non sei stata una brava madre, non sei stata una brava figlia. Cibandosi del rancore dell’altra, le due si sputano addosso il mostro che hanno sempre portato dentro. Lo dividono in sezioni tirandolo fuori poco alla volta. Partono dalla sua parte più piccola per poi arrivare alla più grossa. Ricomponendolo in tutti i suoi pezzi, lo lasciano libero di agire e fare del male. Per anni è stato dentro di loro, il momento di rivelarlo all’altra è arrivato. D’altronde, quel mostro non è altro che il risultato del male che si sono fatte. Attraverso questo momento, comprendiamo ancora di più il personaggio di Hilary, una donna all’apparenza cinica e distaccata che in realtà nasconde l’inadeguatezza, una delle ragioni per cui non si è mai davvero sentita pronta per avere un bambino.

Nel frattempo David scopre qualcosa che potrebbe cambiar tutto. Attratto da Mercy, l’uomo sviluppa con lei una relazione sessuale che lo porterà in questa puntata di fronte a due grosse realtà: Mercy è incinta, e Hilary gli ha mentito. Dicendogli che lei non avesse dei problemi nel concepire, gli ha sempre fatto credere che il problema fosse lui. Questa gravidanza gli mostra però il contrario, mandandolo totalmente nel pallone. La questione, almeno fino a questo momento, è stata solo accennata. David non ha ancora davvero realizzato né le menzogne di Hilary né la possibilità di avere un figlio con Mercy. In ogni caso, questa puntata riesce a restituirci qualcosa di più del rapporto tra lui e la ragazza facendoci vedere la sua natura quasi tossica. E’ sottile, è nascosta, si legge tra le righe di due persone che sono lì solo per scappare dai proprio mostri. Si maledicono, forse non si stimano neanche. Sono come una spugna usata che riesce comunque a tirar via la macchia di dosso.

Expats (640×360)

Come anticipato, questa nuova puntata di Expats si sofferma sui silenzi e sulle parole taciute dei protagonisti. Fermandosi per un attimo su quel da cui sono sempre fuggiti, questo quarto episodio apre una finestra che sembra mostrarci un panorama lontano che, metaforicamente parlando, simboleggia il finale. Tra quelle colline e quegli alberi in lontananza si nascondono gli atti finali di Expats. Si nasconde la verità su un bambino scomparso, su un altro non voluto, su una famiglia in bilico. Si nascondono i fantasmi senza catene di una protagonista che non vuole più rumore attorno a sé, e di un uomo che perde se stesso cercando di ritrovarsi in altro. Expats in questa puntata non ha voluto fare alcuno sconto, consegnandoci una narrazione intensa e difficile che non ha mai mollato la presa trattenendo sempre il respiro. E così, nello stesso modo, noi abbiamo fatto lo stesso. Rimanendo in apnea per 61 minuti.

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