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La probabilità statistica dell’amore a prima vista – La Recensione: il segreto è aiutare il destino

Non sono una grande fan delle commedie romantiche. Il problema non è il fatto che siano incentrate sull’amore, anche perché essendo questo nella moltitudine delle sue forme uno dei fattori che più smuovono il mondo diventa spesso un elemento centrale anche in film e serie tv che romantici proprio non sono. Il punto invece è che spesso – troppo spesso – le commedie romantiche tendono a presentare dei pattern che arrivano quasi a banalizzare le relazioni, fattori quali battute scontatissime e avvenimenti prevedibili che le rendono molto simili l’una all’altra, con tanto di possibilità di confusione tra prodotti diversi ma in qualche modo anche uguali. Allora, direte voi, perché una persona che non ama le commedie romantiche è qui a scrivere la recensione di un film che si chiama La probabilità statistica dell’amore a prima vista e che palesemente appartiene al genere anche se lui stesso prova a non definirsi come tale? Sono qui, dico io, proprio per criticare ciò che c’è da criticare senza concentrarmi solo sulla gioia di due giovani che cominciano ad amarsi, ma anche per apprezzare ciò che di questa commedia, disponibile sul catalogo Netflix a partire da venerdì 15 settembre, merita di essere apprezzato. Perché di cose ce ne sono, anche per chi al romanticismo preferisce gli horror.

La probabilità statistica dell’amore a prima vista: la trama

È il 20 dicembre e nell’aeroporto JFK di New York ci sono migliaia di persone pronte a salire su un volo che le porterà da qualche altra parte del mondo. Due di loro, nello specifico, sono dirette a Londra. Hadley Sullivan è una ragazza americana di vent’anni con una tremenda paura della maionese, degli spazi piccoli e dei dentisti, diretta in Inghilterra per partecipare con non troppa gioia al matrimonio di suo padre e molto avvezza sia a essere in ritardo – cosa che le fa perdere il suo volo costringendola a comprare un biglietto per quello successivo – sia a scaricare totalmente la batteria del suo cellulare. Sono proprio questi due fattori a farle incontrare in aeroporto Oliver Jones, un ventiduenne inglese che invece è sempre puntuale, ha la batteria del telefono sempre carica, disinfettanti a portata di mano e una grande passione per la matematica e la statistica, che è anche il suo modo di affrontare la vita calcolando la probabilità che le cose succedano per non rimanere sorpreso dal verificarsi di eventi negativi come la malattia di sua madre. Ed è proprio il cancro in fase avanzata della madre che – come scopriremo nel corso del film, ma non è un grande spoiler – lo porta a tornare a Londra per partecipare alla commemorazione in vita a tema Shakespeare voluta dalla donna.

La probabilità statistica dell'amore a prima vista
La probabilità statistica dell’amore a prima vista (640×360)

Hadley e Oliver si incontrano e da quel momento, come il titolo del film ci lascia ben immaginare, è amore a prima vista. I due vanno a mangiare insieme, per una strana congiunzione astrale si ritrovano seduti vicini in volo e cominciano ad aprirsi l’un l’altra in un processo che, mentre per Hadley risulta più semplice, costa a Oliver molta più fatica. Tra loro c’è feeling, di quello che a volte nasce con persone praticamente sconosciute che sembra però di avere accanto da una vita; un feeling del quale si rendono conto subito e che non dimenticano anche dopo essere scesi dall’aereo, con la consapevolezza però di quanto sia difficile incontrarsi quando non si hanno molte informazioni sull’altra persona oltre il suo nome. Ma il destino è palesemente dalla loro parte e ci mette il suo, rendendoli parte di quel campione statistico di persone le cui famiglie che non si sono mai incontrate hanno delle conoscenze in comune in un contesto ampio come quello di Londra, insomma non proprio un paesino di 5000 anime in cui tutti si conoscono. Ma il destino da solo non è abbastanza, ed è necessario che siano proprio Hadley e Oliver ad andargli incontro e ad aprirsi a lui per fare in modo da raggiungere davvero il lieto fine, o un lieto inizio che dir si voglia.

La leggerezza è la chiave del successo

La probabilità statistica dell’amore a prima vista è, in quanto romantico, un film che mette al centro la bellezza dell’amore e l’importanza dei sentimenti e che, almeno per quanto riguarda la storia tra i due protagonisti, non ci fa temere mai, perché capiamo fin dal principio che Oliver e Hadley sono destinati a stare insieme. Ma è anche un prodotto che ci dice tutto ciò in maniera non melensa, utilizzando spesso la chiave dell’ironia e della leggerezza. La voce narrante del film, l’attrice Jameela Jamil che veste i panni di numerose comparse nella storia, ci spiega fin da subito ciò che stiamo per vedere: una storia d’amore che è però soprattutto una storia sul destino e sulla statistica, secondo i punti di vista. E proprio l’elemento matematico, usato in maniera diffusa per tutta la durata del racconto, riesce a dare quel tocco di leggerezza che serve a smorzare il sentimentalismo fine a se stesso. Anzi, vi dirò di più, personalmente ho approvato anche la scelta di renderlo parte integrante del titolo nella traduzione italiana, certamente complicandolo ma anche distaccandosi dal più banalmente romantico Love at first sight che avvicina maggiormente questa commedia a tutte le altre che delle storie d’amore fanno il loro punto focale.

Ma eccoci arrivati al momento critico perché, se è vero che ho apprezzato la leggerezza del racconto e la simpatia di alcune scene del film, non mancano comunque anche i momenti un po’ banali che mi ricordano come mai questo non sia il mio genere preferito. Mi è capitato in più di un’occasione di immaginare battute che si sono verificate venti secondi dopo, e soprattutto – cosa che forse mi ha infastidito più di tutte – di trovare forzati alcuni momenti del racconto. Vi porto un esempio su tutti che è un po’ anche uno spoiler: quando Hadley e Oliver si incontrano lui ha con sé un porta abiti da viaggio e lei dà per scontato che anche lui debba andare a un matrimonio, cosa che lui non nega. Successivamente lei scopre che in realtà si tratta della commemorazione di sua madre e, dopo essere riuscita a raggiungerlo all’evento, gli fa la fatidica domanda “Perché non me l’hai detto?” con un tono quasi scocciato e deluso. Allora io mi chiedo: per quale motivo un ragazzo sofferente avrebbe dovuto raccontare i dettagli dolorosi della sua vita a una ragazza conosciuta venticinque minuti prima in un aeroporto? Ecco, sono esattamente momenti come questo che io ritengo forzati, e credo che il film non avrebbe perso di senso se avessero eliminato tutte le scene di questo tipo. Anzi, sarebbe stato solo tanto di guadagnato.

La probabilità statistica dell’amore a prima vista (640×360)

Tra destino, probabilità e le nostre scelte

A prescindere da ciò che non mi è piaciuto, credo sia giusto sottolineare un elemento che ho molto apprezzato dal punto di vista contenutistico, e che forse è proprio ciò che differenzia questo film dagli altri che gli possono assomigliare. Sto parlando del destino, del suo funzionamento, delle sue influenze e del ruolo che noi stessi abbiamo nella definizione delle nostre vite. Quando parliamo di qualcosa di cui non siamo sicuri, che vorremmo accadesse ma per cui abbiamo anche un po’ paura di esporci, spesso ci sentiamo dire: “Se è destino, succederà”. Stessa cosa quando le cose vanno male, quando una relazione finisce o non superiamo un colloquio e le persone che ci stanno attorno ci dicono che no, forse non era destino. Personalmente credo che dare al destino tutto questo potere non serva ad altro che a farci sentire meno responsabili delle nostre azioni. Dicendo che era o non era destino non facciamo altro che depotenziare ciò che facciamo, un po’ come dirci che possiamo muoverci in qualunque direzione ma se il destino, questa gigantesca forza che tutto crea e tutto distrugge, non vuole, allora è tutto vano.

Jameela Jamil lo dice forte e chiaro: il destino può essere destino solamente se lo vogliamo davvero. Era destino che Hadley venisse a sapere della commemorazione della madre di Oliver, ma è lei a decidere volontariamente di muoversi e di presentarsi lì. Era destino che sempre Hadley dimenticasse alla commemorazione il suo zaino, ma è una scelta di Oliver quella di andare da lei e dare a loro due come coppia una possibilità. Non è solo il destino a metterci lo zampino, ma siamo noi che con le nostre decisioni facciamo in modo che questo si realizzi o meno. E allora forse non si tratta solo della probabilità di vincere alla lotteria, di incontrare la persona giusta o di innamorarsi a prima vista. Forse è semplicemente arrivato il momento di agire.