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Il successo straordinario di Doc – Nelle tue mani era prevedibile?

8 milioni di persone. Iniziamo con questo numero da capogiro. Si tratta delle persone che hanno visto i primi 16 episodi della prima stagione di Doc – Nelle tue mani. Tratto dalla storia vera del medico Pierdante Piccioni che, risvegliatosi dal coma dopo un incidente stradale, perse la memoria degli ultimi dodici anni. Doc – Nelle tue mani è stato sicuramente il fenomeno della tv italiana del 2020 e sta riuscendo nell’incredibile impresa di ripetersi con la sua seconda stagione, che sta andando in onda in questi giorni. Ispirato al libro “Meno dodici” scritto dall’alter ego nella vita reale, la storia si mostra subito accattivante ed avvincente. Alla ricerca della sua identità l’ex primario Fanti tenta di rimettere insieme i cocci della sua vita, aiutato dal fidato amico Enrico, neuropsichiatra, e dalla sua squadra di giovani specializzandi.

E in questo cammino non dovrà solo confrontarsi con i colleghi ma anche con la sua indole, rinnegando ciò che era diventato negli ultimi anni e che il colpo di pistola ha spazzato via. Così facendo ridefinisce il concetto che lui e gli altri hanno di se stesso: al primario impettito e serioso si sostituisce Doc, forma finale di una fusione tra Patch Adams e Doctor House, intento a dispensare abbracci e a parlare con i pazienti, bugiardi seriali, ma occupato pure a fare i conti con demoni interiori che neanche l’amnesia può cancellare. In questo almeno è in ottima compagnia visto che i suoi colleghi nascondono inconfessabili segreti, destinati però a riemergere nel corso delle puntate. Ma quale è il segreto di questo successo? E soprattutto: era così scontata la riuscita della serie tv? Ed era prevedibile anche il successo della seconda stagione? Proveremo a rispondere a tutte queste domande in questo articolo.

Doc - Nelle tue mani

I motivi del successo

Doc – Nelle tue mani rientra a pieno diritto nel genere del medical-drama, che appassiona gli spettatori fin dal 1994 con E.R. Medici in prima linea, passando per Doctor House e Grey’s Anatomy, fino a giungere al più recente The Good Doctor. Le corsie ospedaliere sono teatro di carriere, amori, nevrosi, amicizie, competizioni, con ingredienti e, a volte, stereotipi che si ripetono un po’ ovunque. Medico e collaboratori sono come detective, che seguono le piste dei sintomi per svelare l’enigma della malattia, con quella benedetta lavagna a registrare il brainstorming, immancabile oramai anche nei telefilm polizieschi. Non c’è quindi nulla di innovativo che Doc porta a questo filone medical. Ma non è tanto il cosa a risultare efficiente, quanto il come. I personaggi sono curati, tutti hanno le loro rivalse, le loro ombre, e ciascuno una questione sospesa. Le vicissitudini delle loro vite e delle loro anime fanno sì che, insieme all’impatto con la morte e la malattia, l’effetto emozionale raddoppi, si amplifichi.

E tutti i problemi dei pazienti sono lo specchio della vita dei medici, che come loro tendono a avere problemi simili o addirittura comuni. Il tutto condito da una buona tecnica di scrittura, di regia e colonna sonora. Quello che però ha fatto, forse, da cassa di risonanza per le avventure di Luca Argentero, Pierpaolo Spollon, Matilde Gioli e compagni è stato anche il periodo in cui è andato in onda, anzi, i periodi. La prima stagione è sbarcata su Rai1 nel pieno della prima ondata e in qualche modo ci ha fatto empatizzare ancora di più con quegli eroi coperti da un camice bianco. Dottori, infermieri, OSS e tutti i componenti delle aziende sanitarie locali che hanno salvato migliaia di vita. La seconda stagione ha poi il merito di affrontare le conseguenze di questa guerra tra le corsie e di raccontare il dramma delle due parti: i pazienti e il personale sanitario. Aggiungiamo poi una spolverata di nazional-popolare in stile sanremese e una locura di Borisiana memoria, e il gioco è fatto.

Doc - Nelle tue mani

La dinamicità al centro del successo

La sfida di Doc 2 è proprio quella di riuscire a trovare quell’equilibrio raggiunto in passato, pur non passando per ripetitiva o scontata. Certo, il Covid-19 e le conseguenze della pandemia in un racconto che come abbiamo visto si sposta dal secondo episodio in un mondo post-Covid, porta una buona fetta di spunti per uscire da un circolo che alla lunga si sarebbe potuto rivelare vizioso. Ovvero quello della ripetitività. L’unico modo, però, per cambiare pur restando uguale a se stessa era allargare lo sguardo della storia a chi il pubblico già conosce. Ecco che, allora, Doc 2 esce dal rischio del loop del dottor Fanti in cerca della memoria perduta, e va oltre rivolgensosi al resto del cast, e diventando così ancora più corale di quanto già non fosse due anni fa. Carolina, Giulia, Riccardo e tutti gli altri attori della serie acquistano molto più spazio nella seconda stagione e creano sottotrame interessanti e profonde.

Il senso del lavoro di squadra come unica via possibile per riprendersi dalla pandemia e per guardare al futuro con ottimismo diventa così l’arma con cui Doc 2 torna e si reinventa, per lo meno in parte, ma soprattutto senza tradire quel bacino di spettatori che ha decretato il successo della prima stagione. In fondo quello che racconta questa seconda parte è quel desiderio di ripartenza che accomuna tutti noi italiani e, in generale, tutto il resto del mondo. Provando quindi, dopo questa analisi, a rispondere alle domande che ci siamo posti a inizio articolo possiamo dire che sì, il successo di Doc era abbastanza prevedibile. Questa prevedibilità, al netto di tutto, rischiava però di schiacciare la serie tv sotto il peso di mille aspettative, ma ciò non è successo. Né nella prima stagione, né nella seconda. Questo per merito della serie tv, dei suoi autori e del cast. Lunga vita a Doc – Nelle tue mani.

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