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Jonas Kahnwald: siamo i traumi che viviamo

Jonas Kahnwald cammina piano. Cammina tristemente sotto un cielo mesto e con lo sguardo affranto mentre la pioggia picchietta incessante sul suo impermeabile giallo. La mente corre, il cuore, invece, è gonfio di angoscia e di dolore. Seguiamo quindi i passi del triste ma determinato ragazzo da cui tutto è iniziato, che ci conducono in una caverna nel bosco, origine di una catena apparentemente infinita di drammi e verità taciute che portano con loro ulteriori traumi e segreti inconfessabili. Perché questa è Dark e a Winden la felicità è solo un vago ricordo.

Al centro di tutto c’è un giovane tormentato dagli incubi: l’inconsapevole responsabile della malattia di Winden, vittima e carnefice, autore di complotti e piani tesi a spezzare il terribile cerchio che lui stesso ha inconsciamente creato (qui trovate i cinque più grandi colpi di scena di Dark).

Dark

Nella sua frenetica ricerca di risposte, il protagonista di Dark finisce per cadere in un circolo vizioso che non riesce bene a comprendere e si ritrova perso, non solo nel tempo, ma anche mentalmente e spiritualmente.

Costretto a prendere decisioni che non solo lo cambieranno per sempre, ma influenzeranno inevitabilmente le vite dei propri familiari e amici.

Così, coi suoi viaggi temporali volti a risolvere tutto, il giovane Jonas non fa altro che complicare ancora di più la storia della cittadina, seguendo le istruzioni di adulti che stanno giocando la loro personale partita a scacchi nel tempo.

Per questo il ragazzo finisce per essere la causa dei suoi stessi traumi, degli eventi che più lo perseguiteranno: il rapimento di Mikkel, il suicidio del padre, il suo amore tormentato e impossibile per Martha, fino alla sua stessa trasformazione nello Straniero e, infine, in Adam: traumi che generano traumi, che a loro volta finiscono per definirci.

Siamo frutto del nostro vissuto, del nostro dolore, dei nostri tentativi di sbarazzarcene e di cambiare la nostra esistenza.

Siamo pedine in un gioco in cui non abbiamo modo di partecipare attivamente e questo Jonas inizia ben presto a capirlo. Siamo le conseguenze di scelte che forse non sono davvero così sotto il nostro controllo come avevamo preventivato, in balia di un’ineluttabilità da cui ci sentiamo schiacciati.

Secondo il mito, la Sfinge, mostro che tormentava la città di Tebe, era solita rivolgere un indovinello alle sue vittime: “Qual è l’animale che di mattina cammina a quattro zampe, a mezzogiorno su due e la sera su tre?“. Solo l’eroe Edipo trovò risposta a tale enigma: “L’animale in questione è l’uomo: da bambino si muove a quattro zampe, da adulto cammina su due gambe, mentre da vecchio usa un bastone per sostenersi“.

In Dark, Jonas è l’Uomo per eccellenza (e non a caso assumerà il nome di Adam, il primo uomo): ragazzo ingenuo che cerca con tutto se stesso di salvare i suoi cari, adulto sconfitto dalla vita che ancora non vuole arrendersi e vecchio machiavellico che perde la propria umanità pur di realizzare il proprio scopo.

Una persona vive tre vite: la prima termina con la perdita dell’ingenuità, la seconda con la perdita dell’innocenza, e la terza con la perdita della vita stessa. Ineluttabilmente tutti attraversiamo questi tre stadi.

Adam

E l’Uomo, vivendo tre vite e venendo a contatto con differenti versioni di se stesso, continua a cambiare e a influenzarsi da solo secondo un paradosso che col tempo lo porta a una serie di stadi: il giovane Jonas, lo Straniero e poi Adam. Tre facce della stessa persona, ma diverse in tutto tranne che per lo scopo finale.

dark

Ma Jonas in questa storia è anche chi risolve l’indovinello, novello Edipo che per porre fine ai propri drammi non fa altro che portarli a galla, in un incessante susseguirsi di colpi di scena che finiscono per complicare il quadro iniziale. Perché in Dark apparentemente non si può sfuggire al proprio destino, a una predestinazione che è tutto fuorché confortante: un vortice di profonda disperazione che non fa altro che trasmettersi come un virus nello spazio, ma anche nel tempo, che contamina differenti generazioni di Kahnwald, Nielsen, Tiedemann e Doppler.

Legami familiari segreti, inconsapevoli relazioni proibite, rivelazioni sconvolgenti, violenze, torture psicologiche: basterebbe anche solo uno di questi elementi a segnare a vita una persona normale, figuriamoci provare su di sé tutta questa mole di dolore. Ma Jonas non è solamente il ragazzo qualsiasi che abbiamo conosciuto nella prima puntata di Dark, perché in tutta la sua fragilità dimostra di avere un’incredibile capacità di resilienza.

Dark

Il trauma di Jonas non è tanto quello di aver perso il padre, la conseguente depressione, il sentirsi solo di fronte a un male così grande da lasciarlo impotente. La vera fonte traumatica della sua esistenza è il senso di colpa, che lo schiaccia, lo inchioda a terra, ma gli concede allo stesso tempo di reagire. Perchè, in fondo, il ragazzo sa che non sarebbe mai dovuto venire al mondo, che i cicli che continuano a riproporsi sono causati dalle sue stesse azioni e dalla sua stessa esistenza.

Vivere con una simile consapevolezza segna a vita e non lascia scampo. Qualcuno disse: “O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo” e mai frase fu più azzeccata per il protagonista di Dark, anche perché nelle sue differenti versioni egli finisce per provare entrambe le alternative.

Siamo i traumi che viviamo e Adam ne è perfettamente consapevole: per questo sa che l’unico modo per spingere la sua controparte giovanile a diventare come lui (non malvagio nel vero senso della parola, ma spietato e a tratti disumano per fare tutto il necessario per portare avanti la causa) è quello di creare un’indicibile fonte di dolore. Privandolo di Martha, l’ultima cosa bella che il ragazzo credeva di poter sentire come sua, Adam effettivamente trionfa e crea per lui una nuova strada.

Dark finale

Ma il protagonista di Dark è anche altro: è un eroe tragico che finisce per sacrificare non solo la sua stessa vita, ma addirittura la sua stessa esistenza, cancellandosi dall’universo insieme alla Martha del secondo mondo pur di porre fine una volta per tutte al ciclo che perseguita la vita degli abitanti di Winden. E Jonas crede, capisce che se c’è qualcuno che può porre rimedio ai suoi inconsapevoli sbagli, quello è proprio lui. Così, infine, sulle note di What a Wonderful World, le sue tre diverse vite, insieme a quelle della sua amata, scompaiono in un dolce turbinio di polvere lucente.

Ma a rendere Jonas un eroe non è stata la sua fine. Sono state le cose che ha visto, le esperienze che ha vissuto, le ansie provate, i dubbi, le paure, gli incubi che ha sopportato. Siamo i traumi che viviamo, siamo le paure che proviamo.

Nulla è invano… Nessun respiro, nessun passo, nessuna parola, nessuna sofferenza: è un miracolo dell’unico che dura in eterno“.

L’Origine

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