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La vera storia di Arianna Dell’Arti, l’aiuto regista a cui è ispirato il personaggio di Caterina Guzzanti in Boris

Prima di Boris, prima di Arianna, vogliamo raccontarvi la storia della persona dietro al personaggio. Non tutti forse sanno che il personaggio interpretato da Caterina Guzzanti in una delle migliori produzioni italiane di sempre è ispirato a una ragazza che ha fatto parte della troupe della serie tv. La vera Arianna Dell’Arti nasce a Roma il 4 aprile 1977, studia al Lycée Chateaubriand di Roma fino ai 14 anni, poi per motivi disciplinari è costretta a cambiare scuola e si sposta in un liceo parificato.

Dopo i problemi però, la giovane si appassiona allo studio e raggiunge buoni risultati in poco tempo, specialmente nelle materie umanistiche come la filosofia, pensando addirittura di iscriversi a questa facoltà universitaria. Uscita dal liceo però inizia quasi per caso a lavorare in teatro come tecnico delle luci, si improvvisa tuttofare per aiutare la piccola compagnia in cui lavorava sua sorella, all’epoca aspirante attrice.

Da quel momento Arianna scopre l’amore per lo spettacolo.

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Al vero tecnico piace l’impegno di Arianna e decide di insegnarle il mestiere, e successivamente inizia a passarle alcuni lavori. Arianna ha raccontato che all’inizio guadagnava 30.000 lire al giorno montando riflettori di notte nei piccoli teatri romani. Il lavoro, anche se poco remunerativo, le piace. Le piace guardare gli attori quando provano, i registi quando spiegano e quindi comincia a proporsi come aiuto regista/tecnico delle luci e si iscrive alla scuola di recitazione “La Scaletta”. La storia vuole che, una sera, Arianna assista a “Tutto a posto”, uno spettacolo che la fa innamorare. La ragazza, in quel momento, inizia a sognare di poter lavorare con i creatori, che reputa geniali, ovvero Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre. La piccola compagnia con la quale collabora, quella in cui recitava sua sorella Lucrezia, si sgretola.

Finita quindi la scuola di recitazione, la futura Arianna di Boris parte per Londra con la speranza di continuare a imparare e allo stesso tempo lavorare. Il principale problema è la lingua: il suo inglese non è ancora sufficiente per proporsi come aiuto regista. Lavora quindi come cameriera, come cuoca in pizzeria, come addetta alla security in un negozio di dischi, e contemporaneamente bussa alle porte di tutti i teatri londinesi, chiedendo la possibilità di fare qualunque lavoro. La assume il Garrick Theater e le offre lavoro come maschera. Riesce a racimolare qualche soldo, guarda gli spettacoli, impara e si iscrive a una scuola di recitazione.

Per Arianna arriva anche l’amore.

Anche in questo caso non è tutto rose e fiori, perché il ragazzo è più grande di lei di 15 anni e suo padre non appoggia la relazione. Ancora la sorte tira i suoi dadi. Il padre, Giorgio Dell’Arti, è giornalista e sta scrivendo la biografia di Ettore Bernabei. Per togliere la figlia dalle grinfie dell’uomo più grande, il padre di Arianna la fa chiamare da Bernabei in persona che le propone di andare a fare la terza assistente alla regia in Marocco. Arianna non può rifiutare.

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Il lavoro è una odissea all’inizio, anche perché tutti intorno a lei non sono troppo propensi a insegnarle il mestiere. Alla fine del film torna in Italia e l’aiuto regista italiana del film biblico la richiama per un altro film americano che si gira a Roma, e così Arianna inizia seriamente a lavorare nel cinema. Da quel momento in poi prende infatti parte a film italiani, film stranieri, pubblicità. Arianna piano piano sale sempre più di grado, da terza assistente a seconda e poi prima. Ha una collaborazione longeva con l’aiuto regista Alessio Maria Federici a tal punto che i due vengono chiamati a collaborare alla produzione dell’opera prima di un giovane regista, Luca Vendruscolo. I tre si incontrano e Arianna scopre che il film è scritto insieme a Mattia Torre e che gli attori sono gli stessi di quel bellissimo spettacolo che, ancora ragazza, aveva visto anni prima al Teatro Colosseo.

Come in tutte le più belle storie, prima della luce però, c’è il buio.

Il film infatti non sfonda al botteghino e tutto scema, Arianna e il suo socio si perdono di vista e la donna inizia a proporsi come aiuto regista. Lavora molto in pubblicità, in qualche film e poi, un giorno, all’entrata degli studi De Paolis incontra di nuovo un sorridente Luca Vendruscolo che, tutto entusiasta, le propone di fare la puntata pilota di una serie tv che ha scritto insieme a Torre e Ciarrapico: Boris. La luce, come si suol dire, fa il suo giro e torna a illuminare Arianna. Anche perché, citando testualmente Vendruscolo, “C’è un personaggio che è ispirato a lei, si chiama come lei, è lei. Quindi oltre a fare da aiuto regista, Arianna deve pure fare un provino per il ruolo di se stessa”. Il provino va bene, il regista è felice.

Due mesi dopo Vendruscolo la chiama, comunicandole che ha fatto vedere il suo provino a Caterina Guzzanti, che l’ha imitata molto bene e che è perfetta. E così nasce Boris, con la Guzzanti che interpreta Arianna Dell’Arti e con Arianna Dell’Arti che è la vera aiuto regista della serie tv. Caterina studia Arianna, modella il personaggio e lo fa suo. Diventa l’Arianna che tutti conosciamo in Boris.

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La vera Arianna Dell’Arti

Dopo la seconda serie di Boris la vera Arianna smette di fare l’aiuto regista perché vuole tentare il grande salto: passare alla regia. Scrive corti per alcune importanti società, monologhi teatrali e gira addirittura il documentario sul terremoto del 2006 a l’Aquila, per questa ultima fatica a fine 2010 viene candidata ai Nastri d’Argento, che però non vince. Scrive pilot di serie tv, collabora come video-editor al sito del Corriere Della Sera sulla storia d’Italia, insegna alla SAE Institute di Milano, gira alcuni promo per RaiCinema e gira teatri con alcuni suoi spettacoli. Insomma, da quel sogno giovanile di fare filosofia, passando per Boris, Arianna si è più volte ricostruita e reinventata. Per noi rimarrà sempre “quella Arianna”, quella al fianco di Renè Ferretti e del suo pesciolino rosso (qui trovate i suoi pensieri). In fin dei conti però, questa è un’altra storia.

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