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“Basta con la qualità”: il sogno impossibile di Medical Dimension

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla terza stagione di Boris e sui precedenti capitoli della serie

“Perché un’altra televisione diversa è impossibile… Viva la m***a!”: con queste parole, nell’ultima puntata della terza stagione di Boris, Renè Ferretti ammette la sua resa, si sottomette a un sistema che ha cercato di combattere, pur assecondandolo, ma che lo ha ormai fagocitato. Con queste parole l’amatissimo regista mette fine all’utopia Medical Dimension, tornando invece alla cruda realtà de Gli Occhi del Cuore 3. È un momento fondamentale, iconico e tremendamente rivelativo dell’essenza stessa di Boris. Il sogno impossibile di Medical Dimension è il grande tema della terza stagione della fuori serie, che arriva alla conclusione della prima parte del suo percorso, prima del film e poi del quarto capitolo a distanza di anni, con un enunciato che in un colpo solo svela tutta la potenza della serie e che dà un duro colpo al sistema televisivo italiano.

L’incedere che porta a questa iconica conclusione è significativo e affossa le radici nelle prime due stagioni di Boris. Qui abbiamo conosciuto la sgangherata troupe di Renè Ferretti, alle prese con la realizzazione de Gli Occhi del Cuore, la fiction che più fiction non si può, spietata parodia dell’intrattenimento televisivo nel primo decennio del Duemila. Dopo l’insperato successo delle prime due stagioni di quella produzione, il regista è pronto al salto di qualità, vuole finalmente dedicarsi a qualcosa d’importante, e allora gli commissionano Machiavelli, una serie trappola, che, da progetto ambizioso, finisce per somigliare molto a un Gli Occhi del Cuore calato nella Firenze repubblicana. Così, all’alba della terza stagione di Boris, troviamo un Renè alle prese con la sua utopia qualitativa, col suo sogno di fare una televisione di qualità. Il finale di questo capitolo della fuori serie, però, rovescia completamente la situazione, svelando, in ultima istanza, il senso stesso di tutta la produzione, che sta in quelle parole di René citate in apertura, esemplari di tutto il percorso della serie tv italiana.

Il sogno impossibile di Medical Dimension: una piccola cronistoria

Prima di parlare diffusamente di questo finale, è bene ripercorrere gli eventi che nella terza stagione portano al concepimento di Medical Dimension. Come detto, la scena si apre con René intento a realizzare il suo Machiavelli, ma chiaramente il nostro incontra subito un mare di difficoltà, eppure non rinuncia comunque al suo sogno. Tradito nella realizzazione della sua ambiziosa serie tv, il regista accetta, infatti, l’incarico di realizzare Medical Dimension, ambizioso spin-off de Gli Occhi del Cuore, ambientato nel mondo della sanità pubblica, di cui la serie promette di raccontarne ogni aspetto nel modo più crudo e realistico possibile. Il titolo delle prime due puntate è “Un’altra televisione è possibile” e proprio questo è il motto che spinge Renè a cimentarsi nella nuova sfida, intravedendo, finalmente, la possibilità di portare a termine un lavoro di qualità, per omaggiare e suggellare finalmente la sua carriera.

Chiaramente, però, Medical Dimension si rivela essere tutt’altro. René inciampa nei soliti ostacoli sul set, causati soprattutto dall’eccentricità della sua troupe, ma presto iniziano ad aleggiare anche delle pesanti ombre sul progetto stesso. Prima la notizia che una rete concorrente sta realizzando Dimension Six, un medical drama decisamente simile a Medical Dimension, poi la scoperta che la serie è in realtà il plagio di una produzione americana. Infine, l’amara verità: Medical Dimension è sempre stata una trappola, è una produzione volutamente fallimentare volta a dimostrare che un’altra televisione, a discapito di quanto recitava il titolo delle prime due puntate della terza stagione di Boris, è impossibile, tanto che la prima messa in onda è stata programmata in concomitanza della finale di Champions League. René scopre dal dottor Cane che Medical Dimension doveva fallire per dimostrare la forza della televisione classica e, visto che questo compito è stato assolto proprio da Dimension Six, questo lavoro proprio non vedrà mai la luce.

A questo punto, dunque, che si compie la metamorfosi del progetto, che si configura la resa definitiva di René. Con un serrato lavoro di taglia e cuci, e prendendo in ostaggio gli sfaticati sceneggiatori, il regista lavora alla prima puntata de Gli Occhi del Cuore 3, che addirittura convince il Dottor Cane, artefice della trappola Medical Dimension per zittire tutti coloro che chiedevano a gran voce una tv di qualità. Questo grottesco epilogo, in pieno stile Boris, è il trionfo dello stereotipo e della mediocrità, ma a ben vedere è anche un’enorme denuncia meta-narrativa verso il sistema televisivo.

Boris
Il mitico Renè Ferretti in uno dei suoi sfoghi (640×340)

Il senso ultimo di Boris

Col suo solito tono ironico, tramite la realizzazione di Medical Dimension, Boris delinea uno scenario per cui la rete produce volontariamente un prodotto fallimentare, col fine di far tacere una volta per tutte tutti quelli che chiedevano un salto di qualità alla produzione televisiva. Si tratta sicuramente di una situazione grottesca, eppure quanto è lontana effettivamente dalla realtà? Sappiamo bene come, col suo stile irriverente, Boris analizzi in maniera estremamente cinica la realtà e non è un mistero che il livello medio della produzione televisiva italiana in quegli anni era abbastanza piatto. In quest’ottica, nella parabola di Medical Dimension è impossibile non vedere un duplice attacco al panorama televisivo. In primis alle emittenti, ree di produrre in serie sempre le stesse fiction, chiudendo completamente la porta all’avvento della modernità e a qualsiasi idea innovativa. Di rimbalzo, però, anche al pubblico, non pronto probabilmente all’avvento di una nuova televisione più audace. Insomma, dietro il fallimento del sogno di Medical Dimension c’è l’analisi, o meglio l’attacco, a un dato momento della televisione, che ha scansato la qualità in favore degli ascolti, dimostrando una pigrizia micidiale.

In questo passaggio, dunque, sta il senso ultimo di Boris, la dimostrazione che, allo stato attuale delle cose (attuale per il tempo, chiaramente), una nuova televisione era impossibile. Oggi ovviamente siamo davanti a un periodo diverso, in cui la televisione italiana si è aperta alla modernità e ha fatto un notevole salto di qualità. Il contesto di Boris, però, era molto diverso e in quella collocazione il fallimento di Medical Dimension assume tutta un’altra dimensione. Non è un caso che, anche a distanza di tanti anni, la fuori serie rimane un prodotto estremamente popolare e attuale, proprio perché Boris è stata molto avanti per i suoi tempi, individuando, col suo stile brutale, il punto critico della televisione italiana, che di lì a qualche anno avrebbe cambiato rotta, tornando a premiare la qualità e mostrando al pubblico che invece un’altra televisione è decisamente possibile.

Col senno di poi, quella disillusione causata da Medical Dimension è stata decisiva anche per il percorso di Renè, che poi è riuscito a coronare la sua carriera, a dare spazio alla qualità, come abbiamo visto nella quarta stagione di Boris. A ben vedere, questo è un passaggio decisivo e definitorio per l’intera serie e per capirlo bisogna andare a fondo nell’analisi, oltre le situazioni grottesche, le urla e le risate. Nel cuore della satira di Boris c’è questa rivelazione, tutta racchiusa da quelle parole di Renè, che però possiamo correggere cambiando il tempo verbale. “Perché un’altra televisione era impossibile” e se ora invece è possibile è anche grazie all’intelligente lavoro di una serie rivoluzionaria come Boris.