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10 motivi per amare Duccio Patanè

Nell’universo collettivo di personaggi iconici che ha saputo disegnare Boris, un ruolo di primo piano è sicuramente occupato da Duccio Patanè, l’insofferente direttore della fotografia interpretato dal magistrale Ninni Bruschetta. Duccio è una figura che aleggia sul set, è disilluso e annoiato, palesemente ormai assuefatto alla meccanica della produzione televisiva, per cui s’impegna il minimo indispensabile e che accompagna ad altri passatempi, alcuni più ingenui come la pesca, altri decisamente più sconsigliati come le lunghe sedute di “libero pensiero” nel suo camerino.

Duccio Patanè è un personaggio tanto respingente quanto impossibile da amare. La sua praticamente inesistente dedizione al lavoro lo rende uno degli elementi meno degni di ammirazione sul set di Boris, ma al contempo la sua calma e la sua rilassatezza, che non mascherano affatto il suo completo disinteresse verso ciò che lo circonda, sono una condizione mirabile, una sorta di bilanciamento interiore a cui ogni lavoratore stressato ammira. Andiamo a sottolineare, dunque, questo lato più “amabile” di Duccio Patanè, analizzando, con una bella dose di ironia, dieci motivi per amare l’insensibile e irresistibile direttore della fotografia di Boris.

1. Duccio Patanè ha sconfitto l’ansia da prestazione

L’ansia da prestazione è sicuramente uno dei grandi demoni del mondo del lavoro. Specialmente in un ambiente frenetico e volto alla prestazione come quello della produzione televisiva, il timore di sbagliare, di non riuscire a svolgere il proprio compito per bene e nei tempi prestabiliti può essere parecchio elevato. Duccio Patanè, invece, è lontanissimo da pensieri di questo tipo. Il direttore della fotografia di Boris non soffre di ansia da prestazione perché ha sempre una soluzione pronta a tutto, che poi sostanzialmente è pressoché sempre la stessa, come vedremo presto.

Duccio svolge il suo lavoro con calma, mettendo il meno impegno possibile e puntando a non farsi toccare da nulla che possa minimamente stressarlo. Con la sua semplicità, il personaggio interpretato da Ninni Bruschetta riesce sempre a mantenere la calma e probabilmente non sarà un grande esempio di dedizione al lavoro, ma è sicuramente un modello in quanto a combattimento dell’ansia da prestazione.

2. L’iconica soluzione di Duccio Patanè

Come dicevamo nel precedente punto, Duccio ha saputo sconfiggere l’ansia da prestazione perché ha sempre una soluzione per tutto e questa è sempre la stessa, iconica e irresistibile. Il direttore della fotografia conosce un solo modo per portare a termine una scena: utilizzare una luce sovraesposta, che nel suo gergo è la “smarmellata”. Al di là della semplicità di questa soluzione, che già di per sé ogni volta colpisce, grazie a questa trovata Duccio Patanè ha regalato a tutti noi fan di Boris uno dei termini più iconici traslati dalla serie al linguaggio comune, al pari di un suo altro tormento come il “Coffee Break”, anche questo sintomo della voglia di lavorare di Duccio.

Il termine “smarmella” è uno di quei simboli dell’impatto di Boris sul pubblico in quanto è diventato davvero d’ampio uso e calato in diverse situazioni. Il termine indica letteralmente un’apertura completa, ma è anche sinonimo di una cosa sbrigativa, raffazzonata, fatta alla bene e meglio per togliersi l’impiccio. La “smarmellata” è il simbolo ultimo della pigrizia di Duccio e dell’anelito, in fondo, di moltissime persone che, sul lavoro o anche in altri ambienti, vorrebbero tanto una soluzione come questa, pronta all’uso in ogni situazione. L’iconicità di Duccio Patanè sta tutta in questo termine.

Duccio Patanè
Duccio Patanè (640×340)

3. Lezioni di recitazione

Abbiamo parlato del termine più iconico associato a Duccio Patanè, ma come tutti gli altri protagonisti di Boris, anche lui è stato al centro di diverse scene che sono diventate mitiche della storia della serie, viste e riviste senza mai stancarsi. Una delle migliori è sicuramente quella, nella seconda stagione, in cui Duccio, trovandosi a sostituire Renè alla regia, viene incalzato da Cristina su una scena che lei non riesce proprio a fare. L’attrice, dunque, chiede aiuto al direttore della fotografia, chiedendogli di mostrarle come lui avrebbe recitato quel passaggio, e il risultato è indimenticabile.

Ninni Bruschetta si prodiga in un’interpretazione talmente caricaturale da risultare magnetica. La recitazione di Duccio di quella scena è chiaramente fuori da ogni logica, fatta di improvvisi acuti, di tirate col naso e di espressioni facciali pesanti e dirette. Già vedere Duccio recitare così fa ridere, ma vedere Cristina emularlo è ancora più divertente. Anche questa semplice scena è un motivo decisamente valido per amare Duccio Patanè.

4. Assoluta fedeltà

Tantissime cose si possono imputare a Duccio Patanè relativamente al suo impegno sul posto di lavoro, alle sue attività extra, per così dire, e al suo atteggiamento in generale verso la vita, ma sicuramente non gli si può non riconoscere di essere un fedele collega e soprattutto amico. Pur nella sua apatia, il direttore della fotografia di Boris mostra un’assoluta fedeltà e lealtà a Renè Ferretti, il regista che, d’altro canto, lo ha rimesso in carreggiata scritturandolo per Gli occhi del cuore e che, nonostante tutto, continua sempre a fidarsi di lui.

Quello tra Renè e Duccio, in fin dei conti, è un rapporto davvero profondo, che si estende in tutte le quattro stagioni di Boris e supera qualsiasi ostacolo. Il regista è chiaramente consapevole di tutti i limiti, personali e lavorativi, del suo direttore della fotografia, eppure il suo gran cuore gli impedisce di prendere dei provvedimenti, anzi lo porta sempre a spalleggiarlo. Duccio anche capisce di non essere sicuramente la risorsa più preziosa sul set, ma non fa mai mancare il suo sostegno a Renè, supportandolo e aiutandolo, intendo quanto l’amico chiuda gli occhi su alcuni suoi comportamenti. Nell’immancabile maniera grottesca di Boris, il rapporto tra i due è veramente genuino e questo sicuramente un ulteriore motivo per amare Duccio Patanè.

5. Assoluta sincerità

Ricolleghiamoci al discorso di prima e riprendiamo il concetto che a Duccio Patanè si possono affibbiare davvero tanti difetti, e li abbiamo elencati, ma oltre alla fedeltà, gli si deve riconoscere anche un’assoluta sincerità, che a modo suo è comunque apprezzabile. Duccio è un lavoratore pigro e svogliato, ma non dissimula il suo interesse, non cerca di mascherarlo e di apparire meglio di quello che è. Anzi, il personaggio interpretato da Ninni Bruschetta non fa assolutamente nulla per nascondere il suo voler fare il meno possibile e candidamente ammette che non gli dispiace essere pagato molto per lavorare poco. Sicuramente non è un comportamento da emulare, ma la sincerità è quanto meno da apprezzare.

Anche per questo, in fondo, noi amiamo Duccio Patanè, perché è quello che è senza grossi filtri, senza alcuna volontà di mascherare, eludere o mitigare la sua personalità. Con i suoi enormi difetti, Duccio rimane sempre Duccio e in fondo va benissimo così.

6. Duccio Patanè in India

Come ben sappiamo, Boris ha vissuto due fasi ben distinte della propria esistenza. La prima racchiude le prime tre stagioni della fuori serie italiana, col film ad apparente conclusione del percorso narrativo. La seconda fase, però, arrivata un po’ a sorpresa, si è aperta con la clamorosa quarta stagione, realizzata da Disney+ ben dodici anni dopo l’uscita del terzo capitolo. Tra la prima e la seconda fase, dunque, è passato un enorme lasso di tempo, proiettato anche nel racconto. Questo lungo salto temporale è stato affrontato nella quarta stagione di Boris e ha presentato i personaggi in situazioni nuovi e una delle più assurde riguarda proprio Duccio Patanè.

Prima del grande ritorno a fianco di Renè, Duccio, insieme a Lorenzo, ha vissuto un periodo di incredibile, e diciamocelo inatteso, successo a Bollywood e soltanto l’idea del personaggio di Boris che si interfaccia col mondo del cinema indiano ci fa impazzire. Sarebbe incredibile vedere in che modo Duccio ha fatto strada a Bollywood, ma in generale questo retroscena è l’ulteriore dimostrazione della sua capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, anche la più inattesa.

Duccio Patanè nella quarta stagione di Boris (640×373)

7. La tesi di Duccio Patanè

Se cerchiamo un manifesto della mentalità di Duccio Patanè, possiamo trovarlo in una delle sue considerazioni più assurde, ma anche più taglienti, sul ruolo della fotografia. Il personaggio interpretato da Ninni Bruschetta sostiene, per difendere il suo lavoro, che la fotografia di una fiction deve essere appositamente brutta, perché se fosse più bella di quella della pubblicità, gli spettatori cambierebbero canale durante gli spot. Questa tesi ha due effetti, uno primario e uno secondario, che restituiscono due punti di vista completamente diversi.

A primo impatto, questa trovata è semplicemente geniale per soprassedere sullo scarso, per non dire nullo, impegno di Duccio sul set. Sembra una di quelle scuse fantasiose che trovavamo da bambini per non andare a scuola, talmente spiazzanti che per le nostre madri era difficile, a primo impatto, controbattere. D’altro canto, però, questa idea di Duccio è tanto divertente e illuminante quanto, in fondo, inquietante, perché bisogna sempre tenere conto la pungente satira che Boris muove al mondo della televisione italiana e, una considerazione del genere, unita al peso della pubblicità e al basso livello di tanti prodotti del tempo, può far pensare che, in fondo, la tesi di Duccio Patanè non sia poi così tanto stralunata.

8. Ma chi è veramente Duccio Patanè?

Si dice che il mistero alimenta l’interesse e questo è assolutamente il caso di Duccio Patanè, perché uno dei motivi per amarlo sta proprio nell’incapacità di definirlo a pieno. Il suo è un personaggio sfuggente, schivo, di cui si sa poco, se non a grandi linee. Sappiamo della sua dipendenza, sappiamo che non ama impegnarsi sul set, ma poi cosa altro sappiamo di Duccio Patané? Quasi nulla. Il direttore della fotografia aleggia sul set come un fantasma, passa le giornate dando vaghe indicazioni e ritirandosi a pensare, per poi apparire con alcuni escamotage assurdi, come quando non trovava i suoi soldi o per vendere il suo pescato.

Duccio è un’ombra, la sua inconsistenza è caratteristica intrinseca del personaggio ed è anche uno dei motivi per cui gli spettatori s’incuriosiscono tanto a lui. Anche il periodo a Bollywood non fa altro che aumentare il mistero intorno alla sua figura e tutte queste domande senza risposta permettono di riempire molti spazi con la suggestione, delineando un personaggio a misura della fantasia degli spettatori.

9. Uno straordinario Ninni Bruschetta

Prendiamoci un momento, adesso, per omaggiare un grandissimo attore. Uno dei primissimi motivi per amare Duccio Patanè è, ovviamente, rappresentato dall’uomo che ne veste i panni, il grande Ninni Bruschetta, un gigante del cinema e della televisione italiana. Sappiamo bene come Boris sia una summa del talento artistico italiano e sicuramente l’attore siciliano è uno dei principali rappresentanti di questo cast stellare, che a guardarlo oggi è veramente una fotografia efficacissima dello star system italiano.

Dal canto suo, Ninni Bruschetta è veramente un gigante della produzione italiana. Sia cinematografica, con all’attivo un numero incredibile di film, che televisiva, con ruoli in sceneggiati importanti della produzione italiana come Squadra antimafia – Palermo oggi, Paolo Borsellino e Il generale Dalla Chiesa. Impossibile, poi, non citare il grande impegno teatrale di Ninni Bruschetta, con una lunga carriera che lo ha portato a ricoprire anche il ruolo di direttore artistico del Teatro di Messina sul finire degli anni Novanta. Insomma, quella di Ninni Bruschetta è una carriera straordinaria e Duccio Patanè è, senza dubbio, uno dei suoi personaggi più iconici.

10. Un ritratto fin troppo sincero

Chiudiamo questa carrellata con l’ultimo motivo per amare Duccio Patanè, che si ricollega a tutto ciò che abbiamo detto in questo articolo. Tra i suoi tanti difetti, la sua schietta sincerità, la sua imperterrita fedeltà e la sua voglia infinita di evitare noie e impegni, Duccio è in fondo un ritratto, anche troppo sincero, di moltissime realtà lavorative in Italia, dove l’obiettivo, ogni giorno, è quello di ottenere il massimo risultato col minimo degli sforzi. Un atteggiamento figlio in parte sicuramente di attitudini personali, ma troppo spesso di condizioni lavorative al limite del tollerabile, tra paghe minime o inesistenti, orari mostruosi e mole di lavoro nemmeno lontanamente proporzionale al tornaconto, economico e personale, del lavoratore.

Duccio Patanè è il ritratto di una grande denuncia di Boris sicuramente al mondo della produzione televisiva, ma in generale alla realtà lavorativa, che di questi esempi ne ha davvero tanti. È impossibile, dunque, non comprendere l’apatia di Duccio, non empatizzare col suo rifiuto di ogni forma di responsabilità. Il personaggio di Ninni Bruschetta descrive una dimensione che dovrebbe essere caricaturale, e che invece è fin troppo reale e reagisce come molti, sovraccaricati, vorrebbero fare, sviluppando un’invidiabile apatia.