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Col senno di poi, Bandersnatch non ha rivoluzionato un bel niente

Black Mirror ha tentato di rapirci più volte con un altissimo grado di inquietante distopia contemporanea. Escogitando piani folli per riuscirci. Ultimo esperimento è stato il film Bandersnatch, pubblicizzato come un evento unico nel suo genere, in cui potevi scegliere tu stesso il destino del protagonista.

In seguito, ad inaugurare il 2019, il Black Game su Instagram Italia dove uno sfortunato ragazzo doveva fare tutto ciò che gli utenti decidevano, ripreso dalle stories per 24 ore (qui vi raccontiamo questo delirio).

Rivoluzione oppure no?

Per avere la risposta dobbiamo fare un piccolo passo indietro e tornare nel 1967. In quell’anno veniva presentato all’Expo il film cecoslovacco Kinoautomat di Radúz Činčera. Durante la visione, ogni qualvolta si arrivava a un bivio, la proiezione veniva interrotta, un signore saliva sul palco e lasciava decidere al pubblico la strada da percorrere. Tuttavia qualsiasi fosse stata la scelta il finale sarebbe rimasto lo stesso.

Black Mirror

Kinoautomat è considerato ancora oggi il primo film interattivo della storia, e da quel famoso 1967 questa operazione è stata ripetuta più volte, cominciando dai libri, passando per i videogiochi e approdando anche su YouTube nel lontano 2008.

Entrando nel merito di Black Mirror, il film prodotto da Netflix ha rappresentato senz’altro una novità per il pubblico giovane, e aveva diversi punti di interesse. Citiamo ad esempio la possibilità di arrivare a un determinato bivio della storia anche attraverso altre scelte, cambiando di fatto alcuni finali. Inoltre il rapporto tra attori e spettatori non è passivo e talvolta il protagonista si accorgerà di noi, capendo di essere osservato e controllato.

Tuttavia Black Mirror: Bandersnatch ha ancora dei forti limiti

L’idea presentata come innovativa si è rivelata essere una prova a tratti mal riuscita. Fin dal principio, quando decidiamo di far produrre il videogioco dalla Tuckersoft, scopriamo di non poter andare direttamente ai titoli di coda e veniamo riportati velocemente al primo bivio della storia. Un primo sintomo di una castrazione del libero arbitrio che avrà le sue conferme per tutta la durata del film.

Black Mirror

Sarà infatti la pellicola a guidare le scelte dello spettatore e non il contrario, e questo denota un doppio risvolto della medaglia. Se da parte può essere una nota di merito per Black Mirror, la quale tra le righe tenta di veicolare un messaggio distopico molto potente, in cui le vittime sono gli spettatori. Ovvero persone “schiave” di uno schermo intente a ripetere meccanicamente un ciclo di scelte per avere l’illusione di poter fare quel che vogliono. Dall’altra limita fortemente l’aspetto interattivo, rendendo anche prevedibili e banali alcune scelte e conseguenze. Inoltre le stesse opzioni molto spesso riguardano sciocchezze e si ripropongono nella ripetizione del film anche se decidiamo di “giocare” scegliendo alternative diverse.

Il film è costellato di punti fermi

La narrazione arriverà sempre e comunque nel punto in cui vogliono i produttori, per poi diramarsi in pochi grandi finali, i quali possono leggermente cambiare a seconda di quale scelta abbiamo fatto per arrivare a quel determinato epilogo.

black_mirror_bandersnatch

Come se non bastasse, sebbene l’intento fosse ammirevole e come accennato poc’anzi interessante, il lungometraggio non tiene il confronto con i singoli episodi dello show. Troppo spesso risulta essere più un’esternazione di ego da parte di Black Mirror. Una superbia anche spicciola e banale, in cui gli spettatori non sentono né il peso né l’angoscia di una presunta distopia. Si dividono tra chi si è scocciato dopo la seconda visione e chi si è divertito a giocare per vedere un paio di finali.

Tirando le somme, Black Mirror: Bandersnatch non ha rivoluzionato nulla, e persino Charlie Brooker si è espresso in maniera imprevedibile sull’argomento (qui vi raccontiamo).

Netflix ha pubblicizzato sotto forma di un evento incredibile un semplice gioco natalizio, a tratti anche noioso. Un passatempo in cui l’interazione non aveva nulla da invidiare ad alcuni videogiochi o ai librogame degli anni ’80.

Un film che non si discosta così tanto da quel lontano 1967, in cui un film cecoslovacco fece davvero la storia.

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