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5 belle miniserie che hanno fatto l’errore di andare avanti con una seconda stagione

Ormai, le miniserie vanno sempre più di moda. Creare un prodotto seriale che in pochi episodi sia in grado di sviluppare coerentemente e dettagliatamente una storia avvincente è difficile, ma non impossibile. Alcune serie televisive famose erano partire con una prima stagione dalla struttura narrativa perfetta, con un numero non troppo elevato di episodi e con la possibilità di essere ricordate dal pubblico come bellissime miniserie. Invece, proprio come è capitato a You, il successo ricevuto dai primi episodi ha portato la produzione a scommettere su una seconda stagione, e in alcuni casi anche su stagioni successive, finendo per penalizzare, purtroppo, l’intera serie.

Anche in questo caso, non sono rari i tentativi di creare altri episodi innovativi che sono poi falliti miseramente. Gli spettatori sperano sempre di trovarsi finalmente di fronte a un prodotto originale e invece in numerose occasioni vengono delusi e abbindolati. Non ci resta che vedere insieme quali serie tv sarebbero state perfette come miniserie e invece hanno fatto l’errore di andare avanti con una seconda stagione.

1) You

you

Sebbene You, serie tv distribuita su Netllix a partire dal settembre 2018, sia stata tratta dai romanzi di Caroline Kepnes (You e Hidden Bodies), probabilmente sarebbe stato meglio se si fosse fermata dopo la prima stagione. Invece, avendo scelto di trasporre anche il secondo romanzo della saga letteraria, il thriller psicologico con protagonista Joe Goldberg è andato avanti fino alla terza stagione (qui la nostra recensione), e siamo vicini persino all’uscita della quarta. La storia del folle libraio Joe e del suo tentativo di conquistare l’aspirante scrittrice Guinevere Beck, poteva benissimo terminare con i primi dieci episodi, facendo semplicemente intuire che le ossessioni di Joe non avrebbero avuto fine, nonostante la scomparsa di Guinevere.

Invece, la produzione di You ha deciso di portare avanti la serie e ha introdotto il personaggio di Love (interpretato da una bravissima Victoria Pedretti), riproponendo ancora e ancora gli stessi schemi di azione di Joe. Infatti, se all’inizio la serie poteva sembrare originale, attuale e in grado di attirare gli spettatori con dei personaggi ben caratterizzati e approfonditi psicologicamente, andando avanti con le stagioni non ha saputo aggiungere nulla di nuovo, rimanendo intrappolata nel loop di una struttura ripetitiva e noiosa.

Se solo avesse scelto di fermarsi prima, You sarebbe stata una bella miniserie.

2) Altered Carbon

altered carbon you

Siamo nel 2384 e l’identità umana può essere trasformata in un codice e caricata su una “pila corticale”, inserita nella colonna vertebrale proprio come una specie di floppy disk. Ciò consente all’uomo di vincere persino la morte, cambiando corpo come un vestito che va ormai stretto e inserendo nel successivo la propria I.D.U. Almeno, questo è quello che possono permettersi i più ricchi, ai quali spettano i corpi migliori, i più giovani, i più sani, mentre a chi non ha la possibilità economica restano solo gli scarti. La trama della prima stagione di Altered Carbon, tratto dal romanzo cyberpunk Bay City di Richard K. Morgan, iniziava proprio così. E i primi 10 episodi si sono rivelati intriganti, pieni di azione e di politica, carichi di tensione e colpi di scena. Insomma, sarebbe stata una miniserie fantastica se non fosse stato per il rinnovo ottenuto subito dopo.

La seconda stagione di Altered Carbon, composta solo da 8 puntate, è stata distribuita da Netflix nel febbraio 2020 ma, complici il cambio dell’attore protagonista (dovuto al cambio di “custodia”), una sceneggiatura a tratti banale e una storia che non ha aggiunto molto alla sua prima parte, il prodotto di Laeta Kalogridis non ha ottenuto il successo sperato. Ad agosto dello stesso anno, infatti, la serie è stata cancellata. Non sarebbe stato meglio chiudere il percorso di Takeshi Kovacs con la brillantezza con cui era stato introdotto nella prima stagione?

3) Big Little Lies

Big Little Lies

Con un cast come quello di Big Little Lies è stato molto facile dare vita a una serie tv di grande livello (non per niente, si tratta di un prodotto della HBO). L’unico problema è che, nonostante l’aggiunta di un’attrice clamorosa come Meryl Streep a nomi come quelli di Reese Witherspoon, Nicole Kidman, Shailene Woodley, Alexander Skarsgård, Zoë Kravitz e Laura Dern, è evidente che la seconda stagione sia nata solo sull’onda del successo scatenato dalla prima. La storia introdotta dai primi emozionantissimi 7 episodi si era conclusa quasi con un cerchio perfetto, e ci aveva mostrato cinque donne diverse l’una dall’altra, ognuna con le proprie fragilità ma ciascuna con un carattere forte derivato da esperienze di vita non sempre piacevoli.

Certo, il gesto che avevamo visto compiere a una delle cinque protagoniste alla fine della prima stagione non avrebbe potuto rimanere impunito, ma più che la stagione successiva, i 7 episodi che la compongono sembrano costituire quasi uno spin-off, che ha costretto le cinque di Monterey a riaprire ferite che si stavano rimarginando. Con l’ingresso di Meryl Streep e del personaggio estremamente complesso da lei interpretato, le altre protagoniste perdono il loro ruolo centrale, e la serie, che se fosse durata solo 7 puntate sarebbe stata perfetta, prende una piega diversa. Da un dramma psicologico estremamente potente e attuale, Big Little Lies si trasforma piano piano in un procedural drama, incentrato sulla lotta legale tra Mary Louise e Celeste per la custodia dei figli di quest’ultima. Un vero peccato.

4) 13 Reasons Why

13 reasons why

Non smetteremo mai di dirlo, perché purtroppo è stato un grandissimo rimpianto. 13 Reasons Why poteva essere un ottimo teen drama da una sola stagione, se non fosse per i 13 episodi che la compongono. Una perfetta miniserie. Invece no, come al solito si è sentita la necessità di strafare e andare avanti a oltranza (in questo caso fino ad arrivare alla quarta stagione). Nella prima stagione ogni pezzo del puzzle trovava il proprio posto, ogni ingranaggio si muoveva e azionava un meccanismo narrativo che indirizzava la trama verso un’adeguata conclusione. Il gesto estremo compiuto da Hannah Baker trovava una giustificazione e ogni personaggio aveva un ruolo preciso. Tutto lasciava presagire che l’avventura di Clay Jensen alla scoperta delle motivazioni di Hannah terminasse dopo la Cassetta 7, parte A.

Eppure non è stato così. Nonostante 13 Reasons Why abbia toccato tematiche molto delicate anche nel corso delle stagioni successive, non è stata in grado di farlo con la giusta delicatezza, con la giusta profondità. Ha trascinato fino all’inverosimile una storia che avrebbe potuto essere ricordata come un prodotto inaspettato e di grande qualità e che purtroppo viene ora additato come superficiale e superfluo.

5) The End of the F***ing World

The End of the F***ing World

Il 5 gennaio 2018, su Netflix, è stata distribuita la prima stagione di The End of the F***ing World, il dramma adolescenziale dai tratti di commedia nera che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. Tratta dall’omonimo fumetto di Charles Forsman, questa serie britannica ha avuto una prima stagione sovversiva, diversa da qualsiasi cosa il pubblico avesse visto fino a quel momento. C’era chi la considerava addirittura perfetta, priva di imperfezioni o punti deboli. L’atipica storia d’amore tra Alyssa (Jessica Barden) e James (Alex Lawther) è quella tra due giovani che sentono di non essere realmente parte della società. Non si sentono compresi, valorizzati, inclusi, e l’unica cosa su cui possono contare per non lasciarsi andare al cinismo e all’oscurità è il rapporto che hanno instaurato oro durante i primi 8 episodi.

Se quindi la prima stagione di The End of the F***ing World era stata innovativa, originale e aveva fatto riflettere sulle fragilità psicologiche degli adolescenti di oggi, la seconda stagione, distribuita dalla piattaforma di streaming il 5 novembre 2019 si è rivelata decisamente più banale e prevedibile. Inutile dire quanto i fan siano rimasti delusi dall’andamento di un prodotto che poteva puntare a distinguersi come miniserie e che invece ha cercato di cavalcare l’onda del successo ma ha fallito, rimanendo impigliata nella rete mortale del già visto.

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