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5 belle dramedy che sono più drammatiche che comiche

Attenzione: l’articolo può contenere spoiler su Ramy, Mr. Corman, Master of None, The Bear, I May Destroy You

In un panorama seriale calato un flusso crescente di digitalizzazione e personalizzazione, in cui il modello tradizionale delle grandi sitcom è messo progressivamente in crisi dai formati distributivi e dalle narrazioni compresse in episodi sempre meno numerosi e sempre più brevi (ma non solo), il genere delle commedie per la televisione sembra soggetto a una frequente ibridazione. In un mondo in cui le comedy non vogliono accontentarsi più soltanto di far ridere gli spettatori e in cui, di contro, gli spettatori non si accontentano più e devono essere costantemente ingaggiati a fronte della grande offerta mediale, le serie tv subiscono un mutamento continuo. Per quelle che sono le esigenze, le circostanze, e i nuovi vincoli, è sempre maggiore la quantità di show che si caratterizzano per storie che tentano di impegnare gli utenti su più fronti. Se ottenere l’attenzione è complicato, mantenerla lo è ancora di più. Proprio in questo contesto le dramedy sembrano essere il nuovo investimento seriale di punta, divenendo spesso anche un’etichetta di genere utilizzata oltre i propri limiti. Infatti, molte serie tv più apprezzate degli ultimi anni presentano una commistione brillante tra la giusta dose di dramma e di commedia, come l’istant classic di Apple Tv+ Ted Lasso o la tenerissima Atypical di Netflix. Ciò nonostante, sussiste per l’appunto un’ampia gamma di titoli auto-definitesi di genere dramedy, in cui l’etichetta risulta eccessiva e incomprensibile. Pur trattandosi di brillanti show che hanno colto il plauso di pubblico e critica, come The Bear o Ramy, per doti narrative e tecniche indiscutibili, il più delle volte rimane aperto proprio il quesito sulla natura di tali storie.

Dalla provocatoria I May Destroy You fino all’acclamatissima The Bear, ecco alcuni racconti realmente belli che si auto-proclamano delle dramedy pur avendo veramente poco di comico al proprio interno. Vere e proprie storie drammatiche che si sono imposte più per la propria vena angosciante che per la natura solare e ironica.

1) Ramy

Ramy (640x355)
Ramy (640×355)

Il racconto parzialmente autobiografico del comico e sceneggiatore statunitense Ramy Youssef è giunto alla sua terza stagione con un percorso in cui l’ibridazione tra i due generi è andata progressivamente a evolversi. La storia di un giovane millennial, in particolare di un musulmano di prima generazione che vive la propria quotidianità in un occidentalissimo New Jersey, scontrandosi con i vizi nordamericani e coi valori della propria religione, offre costantemente rinnovati spunti drammatici e comici. Nonostante l’ironico straniamento prodotto dall’evidente distanza tra i due contesti e dalle battute dei grotteschi personaggi sempre fuori luogo indipendentemente dall’ambiente in cui si collocano, il percorso di Ramy (personaggio e serie tv) finisce sempre di più per incupirsi, episodio dopo episodio, stagione dopo stagione. La perdizione di un personaggio tanto autodistruttivo non può che riflettere le sue conseguenze anche su chiunque circondi Ramy, oltre che danneggiare un giovane in balia di una scissione che non gli dà pace. Per quanti passi avanti sia in grado di fare, il protagonista è destinato inesorabilmente a regredire, vittima delle sue stesse azioni. La serie tv crea momenti comici e paradossali, ma il peso e la profondità delle situazioni più drammatiche finisce inevitabilmente per prendere il sopravvento e per mettere in ombra le ironiche assurdità di Ramy. Lo show Hulu non è spietato solo nel raccontarci i tormenti personali del protagonista, la sua vena onestamente drammatica si estende ormai alla totalità delle figure che lo circondano, divenendo sempre di più una serie tv corale che si fa ricordare e apprezzare sempre di più per il suo lato più crudo, che per quello comico, pur avendo regalato perle esilaranti come gli Halal Brothers.

2) Mr. Corman

mr corman apple tv the bear
Mr. Corman (640×424)

Nella comunicazione commerciale che ha preceduto l’uscita della prima e unica stagione di Mr. Corman, lo show Apple Tv+ è stato presentato come una storia dai cenni più comedy. Ma sono sufficienti pochi minuti del primo episodio per capire che la serie tv ha veramente poco di comico al suo interno. La storia di scritta, diretta e interpretata da Joseph Gordon-Levitt vede il protagonista, Josh Corman, destreggiarsi tra la vita da insegnante di quinta elementare nella San Francisco Valley e l’infranto sogno per la musica. La peculiarità della serie tv sta nella sua vena particolarmente cupa nel dipingere un uomo fragile e alle prese con problemi di depressione, a cui si somma anche una pandemia globale ad appesantire la trama e la tormentata psiche del personaggio. Sono proprio gli episodi dedicata alla reclusione forzata di Josh a esplicitare il vero carattere di Mr. Corman che, nel suo essere uno show complessivamente brillante, è tutto fuorché una commedia. Al protagonista non ne va bene una, complice un cuore recentemente spezzato, Josh vede tutto nero e la sua cupezza da veramente poco addito alla presunta dimensione comica che dovrebbe comporre la dramedy. Mr. Corman è la storia di un trentenne qualunque che non sembra destinato a essere realmente felice. Perseguitato dal suo stesso pessimismo frustrato e malinconico, il personaggio anima un racconto pienamente drammatico che purtroppo non è stato capace di essere rinnovato per una seconda stagione da Apple Tv+.

3) Master of None

aziz ansari master of none
Master of None (640×421)

La serie tv creata, diretta e interpretata da Aziz Ansari è partita sposando particolarmente il genere comedy nella sua prima irriverente stagione. Ma è proprio a partire dal secondo capitolo, in cui abbraccia la natura ibrida con la struttura drammatica, che raggiunge il suo massimo potenziale nel raccontare i tormenti, sentimentali e non, di un giovane millennial che non eccelle in nulla. La storia d’amore tormentata tra il protagonista Dev e l’italiana Francesca (interpretata da un’adorabile Alessandra Mastronardi) è delicata come poche nel contesto dei racconti seriali. Con la terza stagione però, arrivata a quasi cinque anni dalla precedente, Master of None esplicita una nuova dimensione narrativa che si discosta pienamente dal lato prettamente comico con cui lo show si era presentato nel lontano 2015 su Netflix. Il focus cambia, Ansari esce di scena per tornarci sporadicamente come personaggio di supporto alle nuove protagoniste: la sua migliore amica Denise e la sua fidanzata Alicia. La più recente produzione ha completamente snaturato la primaria posizione di Master of None, allontanandosi definitivamente dalla natura comica per dedicarsi a una storia di genere drama. Il percorso di transizione della serie dramedy riflette il mutamento stesso di Ansari che nel suo modesto prodotto esprime al massimo il suo stato personale e professionale.

4) The Bear

The Bear (640×360)

Il più crudo e sincero ritratto dell’industria della ristorazione che ha dominato il panorama delle dramedy degli ultimi mesi è The Bear, che di comico ha molto poco. Lo show rivelazione di Hulu, recentemente, è stato persino nominato ai prossimi Golden Globe come miglior serie tv – musical o comedy. Una nomination è arrivata anche per l’interprete principale, Jeremy Allen White, come miglior attore protagonista nella medesima categoria di contenuti. Eppure, in The Bear è chiaro che il lato drammatico prevalga in maniera identitaria. La storia del tormentato chef Carmy Berzatto è incupita sin dai primi minuti del primissimo episodio da uno dei temi che più ne permeano l’atmosfera: il lancinante lutto per il misterioso e immotivato suicidio del fratello maggiore Mike. Tornato nella paninoteca di Chicago precedentemente gestita dal defunto, il protagonista affronta un caos esterno e interno che lascia veramente poco minutaggio alle situazioni più leggere. In aggiunta, sono proprio le sequenze più drammatiche a elevare lo stile narrativo e la struttura di The Bear che si impone di diritto tra i titoli più laceranti dell’anno. Dritto allo stomaco con una franchezza rara, lo show Hulu si è distinto da tutto il resto per una moltitudine di pregi, lasciando però un grande dubbio sulla auto-definizione a dramedy che accozza un po’ troppo con la sua natura più emblematica, evidente e apprezzata.

5) I May Destroy You

i may destroy you the bear
I May Destroy You (640×393)

I May Destroy You colpisce come uno dei pugni allo stomaco più infami che si possano ricevere. Inattesa e ruvida, la serie tv creata, diretta e interpretata dalla britannica Michaela Coel inganna chiunque con l’etichetta di genere dramedy. Perchè in I May Destroy You c’è veramente una traccia residuale di umorismo, per l’aggiunta un umorismo particolarmente nero. La storia di una giovane millennial sopravvissuta a un’aggressione sessuale offre tendenzialmente pochi spunti comici a qualsiasi tipo di narrazione. Pur cadendo in piedi in quelle che sono le sporadiche situazioni umoristiche proposte, I May Destroy You non si fa di certo ricordare per queste. Ma per la profonda franchezza con la quale tratta un tema tanto controverso e scomodo. Quasi ingombrante in un panorama narrativo fatto spesso di troppa retorica, la serie tv britannica non si fa problemi ad abbracciare la sua piena e vera dimensione drammatica per raccontare la realtà dei fatti e le diverse sfumature che le aggressioni di differente natura sessuale possono avere, dalle micro-aggressioni quasi impercepibili alle più evidenti forme di violenza. I May Destroy You non lascia scampo a nessuno e colpisce con la forza di chi è in grado di fare del dolore la propria forza e ragione di rinascita.

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