Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » SERIE TV » I 7 monologhi delle Serie Tv che ci porteremo dentro per sempre

I 7 monologhi delle Serie Tv che ci porteremo dentro per sempre

Se andiamo a cercare nel dizionario, la definizione esatta di monologo è “scena drammatica, in cui un attore compare o resta solo parlando come se pensasse ad alta voce. Un artificio della tecnica narrativa, diretto a riprodurre il succedersi, talvolta illogico e tumultuoso, dei pensieri e degli stati d’animo di un personaggio”. Game of Thrones, ad esempio, è pieno di monologhi incredibilmente efficaci che suscitano emozioni contrastanti nello spettatore (sì, in questo articolo troverete un iconico monologo di Game of Thrones) e oggi abbiamo deciso di stilare una lista di 7 speech che ci porteremo sempre nel cuore. Monologhi che in qualche modo hanno segnato la nostra storia di divoratori seriali, che hanno dato voce alla nostra voce, che hanno fatto esplodere di emozioni il nostro cuore. Iniziamo, che c’è tanto di cui parlare.

1) Tyrion Lannister – Game of Thrones 4×06

game of thrones 4x06

“Padre, desidero confessare”. Così inizia uno dei monologhi più famosi di Game of Thrones. Quello di Tyrion Lannister durante il processo per la morte di Re Jeoffrey. 2 minuti di pura rabbia che si concludono con la richiesta di un processo per combattimento, 2 minuti in cui le parole di Tyrion escono dalla bocca del Lannister accompagnate dall’iconica The Rains of Castamere. Uno dei momenti più alti in tutta Game of Thrones in cui l’imputato ha dato voce a tutti coloro che hanno sofferto a causa della sua stessa famiglia. La vera svolta di Tyrion Lannister, che da quel momento è diventato un personaggio centralissimo dell’universo GoT. Epico, la rabbia emerge sia dalle parole che dalle espressioni del nano. Una delle scene più emozionanti di tutta la serie tv.

2) Will McAvoy – The Newsroom 1×01

The Newsroom

Continuiamo con un monologo proveniente da un’altra serie tv targata HBO: dopo Game of Thrones, The Newsroom. Jeff Daniels veste i panni di Will McAvoy e nel pilot dello show pronuncia un discorso sulla reale grandezza degli Stati Uniti. La filippica di apertura della serie televisiva di Aaron Sorkin è un concentrato di ciò che rende unica la sua scrittura e la sua retorica, con i suoi (tanti) pregi e i suoi (pochi) difetti. Will McAvoy è un giornalista molto amato perché è uno neutrale che non dà fastidio a nessuno. Un giorno si trova davanti a degli studenti universitari, in mezzo a un dibattito fra due avversari politici. A un certo punto una studentessa si alza e chiede di dire perché l’America è il più grande paese del mondo. Il democratico risponde che i motivi sono la diversità e l’opportunità, il repubblicano risponde che lo è per la libertà. Il professore che fa da moderatore chiede a Will di rispondere. Lui si tiene su blande risposte dando ragione a entrambi, ma nel momento in cui gli viene chiesta una risposta sincera esplode e dà vita a uno dei migliori monologhi seriali: “Non è il più grande Paese del mondo, Professore. Questa è il mia risposta”.

3) Josiah Bartlet – The West Wing 2×22

L’episodio 22 della seconda stagione di The West Wing è sicuramente uno dei migliori episodi della serie tv che vede protagonista il presidente Bartlet e una delle migliori scene mai trasmesse su piccolo schermo. Il genio della penna di Sorkin si declina nell’uso del latino, nel confronto tra l’uomo più potente del mondo che si rivolge direttamente in lingua antica verso l’Altissimo. La rappresentazione più accurata di una crisi di fede che sia mai stata raccontata in una serie tv. Non importa quanto tu sia devoto, ci sarà sempre un momento nella tua vita in cui ti arrabbierai con Dio per qualcosa, e va bene così, perché – anche se sei presidente degli USA – sei un uomo fallace. Tutta l’umanità è piena di dubbi, a volte uno riesce a superarli, a volte no e questa scena è perfetta nel rappresentare quel dolore, quel conflitto interno, quel pathos che nasce quando non ci è concesso di capire perché sia successo ciò nella vita. Una scena che ci ha segnato il cuore: grazie, The West Wing.

4) Dottore – Doctor Who 8×04

Una puntata incredibile di Doctor Who in cui Peter Capaldi s’interroga sugli strumenti che l’evoluzione ci ha fornito per difenderci o procacciarci il nutrimento, e improvvisamente viene colto da un’intuizione: è possibile che esistano creature il cui balzo evolutivo consiste nel rendersi invisibili, e che quindi esistono al nostro fianco senza che noi ce ne accorgiamo? Le misteriose “creature” a cui il Dottore dà la caccia, presenze fantasmatiche che si muovono ai margini dello sguardo, non sono una minaccia concreta, bensì una personificazione di terrori ancestrali che tormentano l’individuo nelle fasi più suggestionabili dell’esistenza (l’infanzia e la vecchiaia), a cui diamo una raffigurazione percepibile nella forma di spettri, mostri o altre entità che si nascondono sotto il letto durante la notte, momento privilegiato per l’emersione dell’irrazionale. Il nucleo del discorso consiste nel fatto che persino il Dottore, nonostante la sua esperienza secolare e il suo ingegno prodigioso, sia affetto dalle medesime paure, e sia in tal senso riconducibile alla fragilità della natura umana.

5) Rusth Cohle – True Detective 1×08

C’è solo una storia, la più antica: la luce contro l’oscurità. Questa la chiusura della prima iconica stagione di True Detective, la conclusione della storia di Rust e Marty. Prima dell’eterno duello tra luce e oscurità, però, c’è la storia di un nuovo sogno, quello in cui il personaggio di Matthew McConaughey racconta la vicinanza alla morte, il contatto con i suoi cari che se ne sono andati. Una struggente sequela di parole che si concludono in un pianto profondo quanto l’oscurità tangibile raccontata da Rust. Due minuti di parole ininterrotte che concentrano la maestria di Nic Pizzolatto e lo stesso attore nel raccontare con parole, espressioni e recitazione una storia immensa, una storia che è nient’altro che amore. La parola capolavoro è troppo spesso utilizzata a sproposito, ma la prima stagione di True Detective è a tutti gli effetti un masterpiece del piccolo schermo.

6) Miriam Maisel – The Marvelous Mrs. Maisel 5×09

Come avviene la consacrazione di un personaggio iconico? Con un monologo finale degno di nota pronunciato da Midge davanti a milioni di spettatori. Con il bigliettino del biscotto cinese a portarle fortuna e gli occhi lucidi di Susie, si prende voracemente il suo spazio, uno spazio che nessuno le avrebbe mai concesso. Un’esibizione liberatoria ed esilarante di quattro minuti che annulla quasi i confini tra attrice e personaggio: Rachel Brosnahan si scioglie in un tremore di adrenalina e commozione, sta salutando la sua Midge, cresciuta nell’arco di 43 episodi. Quell’emozione è tangibile e non fa solo parte del copione. Un monologo che ci arriva dritto al cuore, tra un sorriso e una lacrimuccia.

7) Robert Ford – Westworld 1×10

“Michelangelo raccontò una bugia. Ci sono voluti 500 anni per notare una cosa nascosta in piena luce. Fu un medico a notare la forma del cervello umano. Il messaggio è che il dono divino non proviene da un potere superiore, ma dalla nostra mente”. Queste le parole di Anthony Hopkins in Westworld, un monologo che insieme a quello del finale di episodio che vogliamo analizzare, rimane di diritto nella storia. Ford, prima di congedarsi dal mondo dei vivi propone un brindisi e inizia lo storico assolo del “Mozart, Beethoven e Chopin non sono mai morti. Semplicemente sono diventati musica. Spero che vi piaccia davvero quest’ultimo mio pezzo”. Un finale di stagione perfetto e un monologo perfetto che condensa la filosofia della prima stagione di Westworld, l’ultima storia di Ford.

1000 Serie Tv descritte in 10 parole, il primo libro di Hall of Series, è disponibile su Amazon: puoi acquistarlo qui