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10 singole stagioni delle Serie Tv che sono state omaggiate dalla critica

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su: Breaking Bad, Games of Thrones, Peaky Blinders, Better Call Saul, Dark, Sherlock, True Detective, Fargo, Lost, Succession.

Breaking Bad, Games of Thrones, Peaky Blinders, Better Call Saul: ci sono serie tv che abbiamo amato, idolatrato e che non dimenticheremo. Per noi sono un qualcosa di speciale, di difficilmente replicabile, a cui abbiamo legato indissolubilmente dei ricordi: sono una parte di noi. Ce le porteremo addosso, come tatuaggi indelebili, ma invisibili a occhi altrui. Continueremo a suggerirle ad amici e conoscenti, sperando che per una volta accolgano il nostro consiglio e comincino a guardarle. Dei tanti prodotti da binge watching che abbiamo visto, immersi sotto le coperte o alla fermata in attesa del bus, alcuni siamo stati in grado di eleggerli a veri e propri capolavori, dunque possiamo fare altrettanto – sviscerando ancor di più – con le singole stagioni, perché non tutti i capitoli di una storia hanno la stessa portata. Nella vasto mondo dello streaming ci sono almeno dieci stagioni di altrettante serie tv a essere entrati nell’olimpo e fanno parte della cultura popolare mondiale, una sequela di fotogrammi amati dal pubblico che sono diventati punti di riferimento imprescindibili. Qui passeremo in sequenza quelle che, accolte favorevolmente dalla critica dopo averne catturato l’immaginario collettivo, meritano di essere ricordate. Partendo, ovviamente, da Breaking Bad.

1) Breaking Bad – Quinta stagione

Bryan Cranston, Breaking Bad (640x360)
Bryan Cranston, Breaking Bad (640×360)

“All bad things must come to an end” era la scritta stampata su una delle locandine di Breaking Bad. Cinque stagioni, 62 episodi, una delle serie cult degli ultimi anni. È riduttivo parlarne così, forse lo sarebbe in qualunque caso. Sappiamo tutti cosa ha rappresentato nella cultura pop e soprattutto per noi. Una di quelle serie che è invecchiata bene, come un vino pregiato, facendo dell’ultima stagione la più bella. È il momento in cui tutto il percorso dello show trova la sua consacrazione, dove il protagonista diventa il villain. Si consuma la storia di Heisenberg e non viene lasciato nessun conto aperto (alcuni filoni narrativi invece si). È la corsa del buono contro il cattivo, del poliziotto e del criminale, di Hank e Walter. È l’attesa confessione a Jesse, di cui c’è inspiegabilmente poco. Di uomo che voleva salvare la sua famiglia e che alla fine la distrugge, ritrovandosi il figlio che gli punta un coltello. Tutto ha avuto origine dal cancro e lì il cerchio si chiude. Due anni in cui sentirsi finalmente vivo, riscattando una vita troppo ordinaria. Lo ha fatto per se stesso, non per gli altri. Walter White, un delirio di onnipotenza, la celebrazione della degenerazione che culmina in un finale memorabile, uno di quelli che ti spezza in due. Say my name. La quinta stagione di Breaking Bad, in tre parole.

2) Better Call Saul – Sesta stagione

Better Call Saul

È difficile per uno spin-off emergere e lo è ancor di più se la serie madre si chiama Breaking Bad. Ma Better Call Saul ce l’ha fatta, eccome se ce l’ha fatta. La sesta e ultima stagione è il coronamento di un successo mondiale: puntate emozionanti, un viaggio nei sentimenti, e poi il finale da sorrisino soddisfatto sulla bocca. Jimmy McGill, Saul Goodman e Gene Takavic, tre personalità che scoprono di essere un unicum, pezzi di un’anima scissa che si ricompone. Vince Gillian costruisce personaggi complessi, tormentati, veri. Come nel caso di Kim, che aiuta a costruire la maschera di Saul e poi non la distingue più. Eppure lei all’inizio pare una reincarnazione angelica, una salvatrice che si rivela una figura calcolatrice e manipolatoria. Resta, però, un personaggio che puntata dopo puntata cresce sempre più. Il pubblico ha amato l’interpretazione di Rhea Seehorn, divina. Jim e Kim, solo una lettera li divide, forse qualcosa di più. Loro due sono la coppia che scoppia, anche perché la stagione è il racconto di un crollo, dei puntini che si uniscono, di quello che ha portato al bianco e nero. Poi ci sono le scene finali e lì la storia ti sorprende ancora, capisci come “funziona il gioco dei grandi”. Una stagione memorabile, capace di portare Better Call Saul ai massimi livelli. Livelli in cui arriva addirittura a eguagliare “la sua” Breaking Bad.

3) Games of Thrones – Quarta stagione

Game of Thrones

Prima del tramonto nel finale, in cui sono piovute critiche sulla serie, il Trono di Spade era uno dei prodotti del momento e la punta di diamante della HBO. La quarta stagione è stata sicuramente la migliore prodotta. Impossibile dimenticare la morte di re Joffrey, mai amato, nemmeno negli ultimi istanti di vita. È un’immagine che rimane in testa, anche a distanza di anni. Anche il processo a Tyrion che ne segue è tra i momenti topici: lo scontro tra Vipera Rossa e la Montagna, seppur non duri molto, è intriso di suspense e culmina in una scena (eccessiva?) di violenza. La famiglia Lannister è stata al centro di colpi di scena, come quello che coinvolge Tywin nel poco glorioso momento che ha segnato la sua fine. E poi le peripezie del Mastino e Arya Stark, l’uomo e la bambina che affrontano pericoli è un must se pensiamo a The last of us o a The Road. Jon Snow aveva qualche problemino con i Bruti alla Barriera, mentre Hodor accompagna Bran a spasso per il Nord. Dalle parti della Khaleesi nasce un amore, quello tra Vermegrigio e Missandei, e si conclude malamente la friendzone di sir Mormont, allontanato. Insomma, un groviglio di personaggi e storie, un filo non sempre facile da tenere impresso, ma pur sempre emozionante.

4) Sherlock – Seconda stagione

Sherlock
Sherlock

Sicuramente neanche Arthur Conan Doyle, mentre scriveva i gialli su Sherlock Holmes, aveva prefigurato che stava per dare vita a uno dei personaggi più longevi e apprezzati della letteratura planetaria. Il cinema se ne è appropriato, lo ha snervato e lo raccontato in diversi modi, facendone un evergreen. Nella mini serie Sherlock, i protagonisti vivono nella Londra contemporanea, in cui i diari di Watson sono un blog. Insomma, non tutto è fedele ai libri, come il cappello da cacciatore, ma la caratterizzazione dei personaggi non va molto lontano. Sherlock è sociopatico e lo sguardo vitreo di Benedict Cumberbatch lo rimarca ancor di più; Watson è sarcastico e coraggioso e Martin Freeman è uno degli attori più sottovalutati della sua generazione. I due coinquilini del 221bBaker Street si scoprono sempre più amici, Sherlock è meno freddo, teme per il destino del socio. Il loro rapporto è sempre messo alla prova, casi investigativi e vita privata si intrecciano. La seconda stagione è stata la migliore della saga e seppur composta da soli tre episodi si è data più attenzione alla trama orizzontale. Moriarty tesse la sua tela, Sherlock è vittima della trappola. Non gli resta che lasciarsi andare, cadere giù. Il dolore di Watson è quello che ci resta.

5) True Detective – Prima stagione

true detective

Sembra passata un’eternità dal 2014, un anno ricordato nel mondo cinematografico anche per la prima stagione di True Detective (i due capitoli successivi non hanno avuto la stessa riuscita). Immersa in un ambiente desolante, la serie gioca con il tempo: puntata dopo puntata i flashback scandiscono l’intreccio della narrazione. Nel 2012, emerge un nuovo caso investigativo ed è simile a uno affrontato nel 1995 dai protagonisti Rust e Marty. La trama oscilla su due linee temporali e ci mostra due anime mutate, deteriorate: Rust è solo una copia sbiadita di quello che era, trasformatosi in un nichilista che si alimenta di sigarette e alcol; Marty ha sostituito la carriera alla famiglia ed è un ipocrita che mente a se stesso credendo di avere la coscienza pulita. È il genere crime che cambia, lascia meno spazio ai delitti e rende autoconclusivi i fatti della Louisiana. Una serie fatta di simboli che risucchia lo spettatore nell’abisso, eretta a pietra miliare per le sensazionali prove attoriali (soprattutto quella di Matthew McConaughey) e nella scrittura. C’è una frase di Rust che dice: “Il mondo è un cerchio piatto, tutto ciò che abbiamo fatto o faremo lo faremo ancora e ancora all’infinito”. Ecco, esattamente come guardare questa stagione: in loop.

6) Fargo – Prima stagione

fargo

Tutto è nato dal film omonimo del 1996 dei fratelli Coen, poi, nel 2014 ecco la serie tv. La prima stagione di Fargo è stata meravigliosa, le restanti non hanno retto il confronto. Le ragioni del successo: cast eccezionale, dialoghi originali e personaggi stravaganti. Noah Hawley è stato bravo, anche nella mescolanza dei generi (dal drammatico, allo humor nero e ovviamente al crime). Ha preso gli insegnamenti dei Coen, li ha fatti suoi e ha confezionato un prodotto di alta qualità; già l’ambientazione, la smorta e impalpabile provincia americana, è il frutto di una ripresa da chi lo ha ispirato. Invece, la storia vede Lester Nygaard, un impiegato che fa della codardia un tratto distintivo, e del suo incontro con Lorne Malvo, killer apatico, amante del trasformismo che usa per raggiungere i suoi scopi. Loro due sono nella lista dei cattivi della serie, fanno parte della zona oscura del racconto. Se Lester all’inizio è la vittima, poi cambia pelle e si abbandona nel commettere violenza con lucidità. Lorne è il simbolo del male e Billy Bob Thornton è un attore indescrivibilmente bravo. Il pubblico lo sapeva già e lo ha ulteriormente apprezzato e ringraziato. A questi due personaggi si oppone l’onesta Molly Solverson, l’agente di polizia in cerca di verità. Durane la visione pare che sia il caso il meccanismo che manda avanti la trama, tutto sembra in preda del caos, e alla fine è l’effetto narrativo più apprezzato.

7) Lost – Prima stagione

breaking bad
Lost

Un ipotetico spettatore accende la televisione, è il 2005, e decide di sintonizzarsi su Rai 2. Sulla rete va in onda questa serie che parla di un aereo che si schianta su una spiaggia caraibica e a seguito dell’impatto sopravvivono 71 delle 324 persone a bordo. Basta questo per suscitare l’interesse e la curiosità. Il nostro ipotetico spettatore si segna il titolo, Lost, e continua a guardare. All’inizio vede il disastro con gli occhi di Jack Shephard in preda alla confusione del momento. Solo in seguito conoscerà gli altri quattordici personaggi. Ora, il nostro spettatore si pone delle domande: chi sono questi individui? (vuole sapere di più sulla loro vita); perché erano su quel volo? (è ostinato a conoscere sempre di più); sopravvivranno in un territorio desolato? (qui è definitivamente preso dalla storia). L’ipotetico spettatore, non c’è bisogno di dirlo, siamo noi, quei dubbi sono venuti a noi; in sintesi, i fan sfegatati siamo diventati noi. La prima stagione di Lost è stata un qualcosa di difficile da dimenticare. Niente è come appare, il mistero ne fa da padrone, i flashback ci vanno viaggiare nel tempo e i cliffhanger ci incollano a ogni puntata.

8) Succession – Quarta stagione

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Succession si è conclusa con la quarta stagione, un bel finale al culmine di un crescente hype, per una delle serie capolavoro degli ultimissimi anni. Un’altra sfida vinta dalla HBO, che ha scommesso su quello che è un manifesto di forza familiare, politica, mediatica. Tutto ruota a tre ricchi fratelli (Kendall, Shiv e Roman) che hanno un solo obiettivo: prendere il posto del padre come CEO della Waystar Royco. Nell’ultimo capitolo, c’è un’immagine centrale, semplice e forte allo stesso tempo: dei piedi dietro una porta socchiusa. Logan Roy muore, lascia un vuoto lì in cima, a causa di un infarto sul suo jet. Il titolo della serie trova la sua spiegazione, comincia la lotta alla successione e al potere (alla fine non si è sempre trattato di quello?), di tre fratelli che avrebbero voluto compiacere il padre (alla fine non si tratta sempre di quello?), ma consapevoli di non meritarselo. La parte conclusiva della vicenda è giusta, nessuno dei litiganti gode e l’azienda passa in altre mani. Nessuno vince, ma forse è anche meglio così per i tre Roy. Chissà cosa riserva loro il futuro. L’avidità li ha divorati, sono incasinati, si è vista tutta la profondità data ai personaggi da un punto di vista psicologico. Una serie di qualità che ha ammaliato il pubblico, il quale ora si chiede: quale sarà il successore di Succession?

9) Peaky Blinders – Quarta stagione

breaking bad

La bellezza di Peaky Blinders sono i suoi personaggi: sfaccettati, complessi, tormentati. Gli spettatori se ne sono innamorati e non era per nulla scontato dato che la serie è spesso Tommy-centrica. In tutto l’arco narrativo li vediamo crescere e vengono sempre più approfonditi. Inoltre, i membri della famiglia Shelby rendono più corale la trama, anche in quella che è la miglior stagione: la quarta. Quella che si tinge anche di un po’ di Italia. Luca Changretta è un gangster italo-americano in cerca di vendetta ed è interpretato da Adrien Brody, che parla anche in siciliano in alcuni momenti. Dunque gli Shelby devono ricompattarsi e affrontare una nuova sfida. Si sviluppa la classica trama con comportamenti apparentemente insensati dei personaggi, ma che alla fine vengono risolti dal deus ex machina: Tommy. La qualità del prodotto è alta, soprattutto nell’attenzione della parte legata alla ricostruzione storica. Non viene data solo nuova vita alla Birmingham degli inizi del Novecento, ma vengono anche approfondite le tematiche sociali e politiche dell’epoca, in particolare le rivolte operai delle fabbriche. Tutti dettagli apprezzati dal pubblico, che hanno aumentato l’appeal della serie.

10) Dark – Seconda stagione

breaking bad
Netflix, Dark

Negli anni Ottanta il fisico russo Igor Novikov teorizza il principio di autoconsistenza, quello che in estrema sintesi prevede che il passato è immutabile. Dark si basa su questo. La spiegazione è semplice e facile da intuire, al contrario di quella che è la trama della serie. Difficile capirci qualcosa se non si utilizza il massimo dell’attenzione durante la visione. Questo non ferma però la bellezza del prodotto, anzi ne amplifica la portata. Se nella prima stagione lo spettatore ne era rimasto affascinato, nella seconda la serie compie un passo in avanti. Ai tre piani temporali del primo capitolo (1953, 1986 e 2019) se ne aggiungono altri due: 1921 e 2053. Nuovi personaggi, altri collegamenti da fare. La storia esplora angoli ancora più oscuri dei misteri di Winden e la caratura drammatica dei protagonisti viene messa maggiormente alla prova. La bellezza di questo prodotto è l’aver coinvolto sempre di più il pubblico a prendere parte di situazioni intriganti ed emozionanti. Chi non si è immaginato con quell’impermeabile giallo addosso cercando di farsi largo nell’oscurità? Il destino degli abitanti di Winden è avvincente, vederlo in più linee temporali ancor di più.