**Attenzione, seguono SPOILER sulla prima puntata di House of the Dragon, il prequel di Game of Thrones**
The Heirs of the Dragon, gli eredi del drago. Non è un caso che il prequel di Game of Thrones inizi con una scomoda questione di eredità. E non ci riferiamo a quella che renderà la famiglia Targaryen più simile ai Roy che agli Stark e ai Lannister; come ha dichiarato il creatore e showrunner Ryan Condal, il quale ha definito House of the Dragon una “Succession, ma con i draghi”. Bensì all’eredità di David Benioff e D. B. Weiss che è stata raccolta, e accantonata. Grazie al Signore della Luce, verrebbe da dire! Il timore più grande, cioè che il prequel si limitasse a imitare i vecchi fasti in nome dei gloriosi tempi andati, è stato spazzato via. Bruciato dalle fiamme, dopo appena sei minuti di visione. All’inizio ti senti orfano di Game of Thrones. Cerchi in quei volti i tratti dei vecchi personaggi. All’inizio sembrano tutti degli impostori con la parrucca. Il tono è solenne, glaciale. L’incipit è teso, ostile e spaventoso. Non c’è alcuna intenzione di farci sentire a casa. Ritroviamo il riff in tonalità minore sul tema di Game of Thrones e le musiche di Ramin Djawadi, le ambientazioni, i costumi curati, lo stemma e i capelli argentati. Tutto suggerisce una certa familiarità, ma qualcosa continua a disorientarci: Ryan Condal e George R. R. Martin vogliono farci stare scomodi. Come si sta su quel trono affilato. Poi succede qualcosa. Quegli impostori, in pochi minuti, diventano personaggi a sé stanti, concreti, plasmati dal dolore. Molti dei critici che hanno avuto la possibilità di guardarlo in anteprima, hanno promosso il pilot a pieni voti. Alcuni hanno addirittura concluso che fosse migliore. Un giornalista di Indiewire si è spinto ancora oltre, arrivando a definire House of the Dragon non solo più bella di Game of Thrones ma anche di Breaking Bad. E dopo aver assaporato The Heirs of the Dragon, questa affermazione non suona più tanto come un’eresia. La coralità che ci aveva travolto in Game of Thrones viene sostituita da un degno successore. House of the Dragon è un assolo imponente, brutale e sanguinario che procede con un ritmo in crescendo sontuoso. C’è solo una famiglia per cui tifare, la stessa da cui dovremmo stare in guardia:
Solo una cosa avrebbe potuto distruggere la Dinastia del Drago. La Dinastia stessa.
House of the Dragon, 1×01
Distruggere l’eredità per andare avanti
House of the Dragon non è Game of Thrones. Né lo vuole né ci prova. Non ha neppure una sigla, non ancora. Eppure è altrettanto epica. Ci vuole coraggio e sfrontatezza per creare qualcosa di nuovo che riesca a scavarci dentro e a risucchiarci in una nuova vicenda, sebbene molto familiare. E la prima puntata è grandiosa e sfrontata. Quel che serve per catapultarci nel mondo di Westeros dopo la tanto discussa (e per molti deludente) ottava stagione di Game of Thrones. Basata sul libro di George R. R. Martin intitolato Fire & Blood (2018), co-creata dallo stesso Martin insieme a Ryan Condal, scritta da Condal e diretta da Miguel Sapochnik (che hanno vinto un Emmy per aver diretto l’episodio La battaglia dei bastardi), House of the Dragon ci porta indietro nel tempo, circa duecento anni prima della serie originale. La prima stagione si apre a King’s Landing con l’incoronazione di Re Viserys I Targaryen (Paddy Considine) e l’esclusione dal trono di sua cugina maggiore: La Principessa Rhaenys Targaryen, “The Queen Who Never Was”, interpretata da Eve Best, cavalcadraghi e moglie di Lord Corlys (Steve Toussaint), noto come Sea Snake. Dopo un inizio gelido ma solenne, facciamo un salto temporale in avanti. Siamo dunque nel nono anno di regno di Viserys I: 172 anni prima della nascita di Daenerys Targaryen e la morte del Re Folle, Aerys.
Quel “172 anni prima di Daenerys Targaryen” sullo schermo nero ha un sapore epico. Uno spartiacque temporale che unisce due destini e due donne. House of the Dragon fa una scelta decisa in una direzione squisitamente femminista. Facciamo la conoscenza della giovane Principessa Rhaenyra Targaryen (Milly Alcock) mentre vola in cielo, a bordo del drago Syrax. Primogenita di Viserys, è una cavalcadraghi acuta, sensibile e intelligente che però serve come coppiera del Re nella sala dove siede il Concilio Ristretto. Sa che non diventerà mai regina dei Sette Regni. Nessuna donna può. Suo padre ha passato la sua esistenza ad aspettare quel figlio maschio che non arrivava, l’erede al Trono di Spade. Poi Rhaenyra fa visita a sua madre che è in procinto di partorire, dopo cinque aborti. Per l’ultima volta. Il Regno e il Re sono in fermento, non aspettano altro che il piccolo venga al mondo. Per celebrarlo, Viserys ha pensato di indire prematuramente un torneo all’ultimo sangue facendo scontrare dei nobili inesperti e “con le palle piene di seme”, come dichiara sardonica la Regina che non fu. Colei che fa notare a suo marito, perplesso davanti a quei festeggiamenti violenti, che è un miracolo se non sia scoppiata una guerra.
Deve essere un maschio.
Viserys è convinto che sarà un maschio. Lo ha sognato mentre nasceva con la corona in testa. Nessuno, tranne Rhaenyra, si preoccupa per la Regina consorte, Aemma Arryn (Sian Brooke). “Tutti sono concentrati sul bambino. Qualcuno deve pensare a te”, dice la principessa. “Il malessere che vedi è il modo in cui serviamo il reame”, risponde la madre che tenta di nascondere il dolore “con il contegno dovuto”. Rhaenyra, però, preferirebbe servirlo come cavaliere, sebbene non le sia permesso. Così la madre le ricorda un destino da cui è impossibile sottrarsi: hanno grembi reali e il loro campo di battaglia è il parto. House of the Dragon va dritta al punto, senza fronzoli, e mostra i risvolti brutali di una società patriarcale; come la giovane Lady Alicent Hightower (Emily Carey) che mangia le proprie unghie a sangue.
Le immagini del torneo di giostre, una sequenza terribile e magnifica, in onore del nuovo erede che sta per nascere scorrono in parallelo con quelle del parto cesareo. O piuttosto, un’operazione selvaggia e frettolosa, senza anestesia e accortezza, necessaria per liberare l’erede dal copro della madre. Una condanna a morte o un danno collaterale? Una scena mostruosa, ancor più forte delle Nozze Rosse. Un evento presentato spesso come lieto, si trasforma in una sequenza terribile e impietosa che ha già sconvolto gli spettatori. Una visione che ribadisce che le donne non hanno scelta sul proprio corpo in un momento in cui qualcuno sembra dimenticarsene. Game of Thrones aveva catturato la nostra attenzione per la quantità di sangue e brutalità. Pensavamo di aver visto già tutto, ma il prequel ci ha presentato un nuovo banchetto fatto di shock, disagio, sangue e amare considerazioni, fin troppo attuali. Tornano le scene di sesso, i litigi, le esecuzioni e le escalation di follia. Con grande sollievo, però, non sembra un déjà-vu, ma un nuovo inizio. Un esordio che ha soddisfatto Martin, il quale si lamentava spesso del fatto che la serie originale fosse troppo modesta.
La famiglia, un posto straziante, sanguinoso e selvaggio.
L’eredità è un fatto di sangue e House of the Dragon lo ha messo in scena nel modo più sublime possibile, offrendo una storia di successione nutrita da invidia, incesti, ira, brama di potere e tradimenti. Il figlio maschio tanto atteso è nato, ma è morto. Ora, Re Viserys I deve prendere un’altra decisione difficile: nominare l’erede al trono. Baelon è ormai l’erede per un giorno, come lo soprannomina suo fratello, il Principe Daemon Targaryen, interpretato da Matt Smith (The Crown). Un personaggio, e una performance, che stavamo aspettando con curiosità, timore e un pizzico di sospetto. E invece, Smith si è dimostrato una scelta perfetta, al pari dei suoi colleghi.
Dalle prime immagini e dei teaser, infatti, non eravamo sicuri del casting. Invece, una volta scesi in capo, gli attori e le attrici sono riusciti a convincerci di essere dei predecessori provetti. Finalmente capiamo la scelta di Paddy Considine, la cui presenza scenica oscilla tra cane bastonato e sovrano dal pugno di ferro, che continua a ferirsi con il Trono. E poi Matt Smith: il Targaryen che stavamo aspettando. Arrogante, sfacciato, violento, ma insicuro, è il personaggio che probabilmente ci riserverà più sorprese, e piacere. In fondo è già voltato sul suo drago insieme alla sua cortigiana: Mysaria, Sonoya Mizuno, una ballerina straniera resa schiava che diventerà l’alleata di Daemon. L’ensemble dei personaggi è fantastico e soddisfacente. Rhys Ifans ha saputo già distinguersi nei panni di Otto Hightower, il Primo Cavaliere del Re, una carogna, che sta tramando contro Daemon e usa la sua stessa figlia, Alicent, per manipolare il Re in lutto.
La decisione di nominare il nuovo erede è sofferta. Soprattutto perché il Re è un debole, come gli fa notare suo fratello. Viserys non sembra avere nelle vene il sangue di drago, quello che scorre in quelle di Daemon e Rhaenyra. La Principessa, contro ogni sua aspettativa, verrà nominata l’erede designata al Trono di Spade. Sarà dunque lei la prima Regina? Con un commovente richiamo alla serie madre, nella cantina del teschio di drago vediamo Viserys confessare a Rhaenyra che le scelte di Aegon sono state guidate dalla visione della “fine del mondo degli uomini”. La profezia dell’inverno in arrivo viene narrata proprio mentre assistiamo all‘incoronazione, una sequenza perfetta che conferma la scelta giusta di affidare la regia a Sapochnik. Il finale di una puntata durata circa un’ora, forse, ha dato vita a una nuova ossessione seriale. Una conclusione epica e solenne, al pari delle prime stagioni di Game of Thrones. Un esordio viscerale che, oltre a scioccare e a segnare la direzione, si concentra sugli intrecci di sguardi, sui sussurri, i desideri, i non detti e le micro espressioni dei personaggi, come fa egregiamente Succession.
No, House of the Dragon non è Game of Thrones. Per fortuna! Con un esordio sfrontato, aggressivo e brutale, Ryan Condal ha raccolto l’eredità della serie originale e ha plasmato qualcosa di nuovo e imponente. Se la direzione è questa, si prospetta una prima stagione davvero epica. Un episodio che forse non ci aspettavamo, con tanto di draghi e “Dracarys!”. Non potevamo sperare di meglio. Non ci resta che aspettare The Rogue Prince, la seconda puntata che sarà disponibile in Italia lunedì 29 agosto su Sky e Now Tv.