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Fleabag, esegesi di una generazione di terzine

Che cos’è Fleabag? O meglio, chi è Fleabag (traduzione dall’inglese ‘sacco di pulci’)? L’esuberante protagonista della comedy britannica interpretata dalla talentuosa e pluripremiata Phoebe Waller-Bridge (già celebre per la sua superba performance in Killing Eve). Non sapremo mai il suo vero nome, così come non sapremo mai il perché della sua dote nel  gettarsi in relazioni così burrascose con peripezie amorose e amanti rimorchiati in qualche rocambolesca serata passata in un bar a bere Martini Dry.

Donna sulla trentina, single, proprietaria di una caffetteria dal dubbio ricavo economico, Fleabag rappresenta tutte quelle donne che annaspano faticosamente per trovare uno spazio vitale in una società caotica e incomprensibile. I suoi gesti sono il riflesso sclerotico di una perdita di coscienza che, con il susseguirsi degli eventi tragicomici nei quali si imbatte, diventa sempre più frammentaria.

Rimettiamo a noi i nostri peccati…

Fleabag

Occhio agli scheletri nel vostro armadio!

La protagonista infrange costantemente la quarta parete: ci guarda, ci osserva, ci sussurra, sa che dall’altra parte dello schermo c’è un pubblico pronto a esorcizzare paure e segreti tra i più inconfessabili. Nelle altre serie tv ci troviamo in una comfort zone: protagonisti e personaggi compiono ingiustizie e crudeltà, ma siamo confortati dal constatare che tra noi e il personaggio esiste una distanza ‘di sicurezza’ garantita dallo schermo. In Fleabag non abbiamo scuse: la protagonista rimette a noi i suoi e i nostri peccati.

Fleabag PhotoCredit: dal web

Si ride tanto quanto si piange, molto e senza preavviso. Le montagne russe sessuali e le insicurezze personali sono un grande crystal palace pronto ad andare in mille pezzi, al cui interno è racchiuso un dolorosissimo lutto difficile da digerire. Grazie a riverberi di flashback scopriamo che la migliore amica (Boo) della nostra incasinata protagonista si è suicidata a causa di una pesante delusione amorosa. Un nodo alla gola che pesa come un macigno, e che diventa ancora più insostenibile quando scopriamo che era proprio lei l’amante del ragazzo della sua migliore amica.

La serie tv si struttura in due parti: la prima stagione parla della discesa infernale e irreparabile della nostra povera protagonista (che si aggira tra le strade di Londra in cerca di un amante da usare per una serata di sesso sfrenato e di drammatico oblio); la seconda parla di una rinascita e di una nuova consapevolezza di sé.  

È sempre il sesso a dominare, unico vero balsamo a tutti i problemi della vita. Tuttavia Fleabag (e in questo la Waller-Bridge ne ha tutto il merito) ha la capacità di descrivere senza censure e situazioni macchiettistiche ai limiti dell’assurdo. Sì, è una valvola di sfogo da aprire in caso di necessità, eppure, nel parlarne, non ci sono denunce di nessun tipo, solo genuino realismo e compassione.

Fleabag: generazione di terzini

Qual è il posto nella società per una donna di trent’anni con un passato così burrascoso e fondamentalmente incapace di fare alcunché? Una domanda retorica che lascia un po’ il tempo che trova. In un mondo in cui la società ha contribuito a incentivare schiere di giovani ‘terzini di un precariato’, lavorativo e psicologico, è difficile riconoscersi in qualsivoglia ruolo. Neanche la sorella della nostra Fleabag, perfetta donna di successo e futura moglie di uno psicopatico, riesce a sottostare alle leggi nelle quali vuole incasellarsi a forza. Un rapporto ambivalente, burrascoso ma meraviglioso che vi abbiamo raccontato qui.

La sensazione che abbiamo nel guardare la nostra protagonista e i personaggi che le gravitano attorno è quella di una profonda compassione, per lei e per noi stessi.

La compassione e l’empatia dovrebbero essere termometri emotivi indispensabili per analizzare il mondo esteriore e interiore. La vergogna, il dolore, il pentimento, la resurrezione e l’amor proprio sono il cammino che ognuno di noi deve fare per ottenere la felicità.

La serie può considerarsi ‘femminista’?

Molti hanno detto dei personaggi di Fleabag (e in particolare della protagonista) che peccano di estremizzazione di stereotipi. Ma è proprio nell’estremizzazione di alcuni comportamenti che cadono tutti gli stereotipi. Insomma, veniamo a noi, Fleabag è un prodotto femminista? A questa domanda mi piace rispondere con una frase della serie:

A volte penso che non sarei così femminista se avessi un seno grande.

Comunque sì, risponde a tutti i requisiti per essere una delle migliori serie femministe del secolo, ma è chiaro che non è questo l’intento della sua creatrice.

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