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Dovete assolutamente guardare Fleabag, la serie generazionale di quel genio di Phoebe Waller-Bridge

Chissà cosa bisogna avere nelle vene per creare quel che ha creato Phoebe Waller-Bridge con soli 12 episodi divisi in due stagioni. Chissà che ha mangiato da piccola, che cosa c’era in quel latte, cosa le hanno dato quando è nata. Rimarremo probabilmente sempre con il dubbio, perché quel che abbiamo visto in Fleabag non è normale. Non può essere considerato normale. E’ per forza creato da qualcuno di non umano, qualcuno che possiede i super poteri. Non può una Serie Tv essere così intelligente, divertente e così drammatica. Non può. Ci vuole una magia per creare qualcosa di simile, e Phoebe Waller-Bridge probabilmente è una maga. Non accettiamo obiezioni. Autrice, produttrice esecutiva, sceneggiatrice, protagonista, ideatrice, e chi più ne ha più ne metta. Riprendendo il suo testo teatrale (Flebag nasce come un’opera trasmessa inizialmente a teatro) l’attrice ha pensato bene di dar vita a una Serie Tv che, puntata dopo puntata, si avvicina alla generazione a cui si rivolge mettendo al centro di tutto interrogativi e domande a cui non siamo mi davvero riusciti a dare una risposta, o a cui non abbiamo mai voluto dare una risposta. Impauriti e stanchi, cerchiamo di far finta di niente mentre affondiamo con le nostre disgrazie, provando a vedere nel nulla che ci circonda qualcosa da cui ripartire. Che sia un segnale, una possibilità, una luce in mezzo alla tempesta. Questo è d’altronde quello di cui parla Fleabag, ciò in cui ci fa riconoscere.

Con grande intelligenza, Fleabag racconta la storia di una generazione. E questo è solo uno dei motivi per cui recuperare assolutamente questa meravigliosa e raffinata produzione

Fleabag (640×360)

Quando cominci a guardare Fleabag, ti rendi subito conto che la storia che si sta sviluppando di fronte a te non ha solo a che fare con la protagonista. Come per tutte le cose vere, belle e disgraziate della vita, anche questa storia parla di te, ma probabilmente anche del tuo vicino di casa. Fleabag è d’altronde una storia generazionale, un pezzo di teatro di successo che racconta la vita nel suo modo più onesto e trasparente, nel suo modo più sincero. Niente menzogne o dolcezze: solo un’aspra verità che ci racconta quanto siamo persi, quanto ci siamo smarriti in questi ultimi vent’anni fatti di interrogativi e poche certezze. Non siamo più quelli di prima. Gli esseri umani, intendiamo. Il mondo si è trasformato, è andato avanti, ma s’è scordato di portare con sé anche noi. Siamo rimasti indietro, in balìa di dubbi sul futuro e tanti quesiti sul presente. Dovevamo viverci la vita, ci hanno sempre detto così, ma alla fine è questa che ha vissuto noi, che ci ha mangiati. Fleabag non mente riguardo questo aspetto, non mente su nulla, e così ci dipinge nella sua realtà, trasportandoci in una voragine che sotto sotto ce lo conferma: che caos infinito l’esistenza.

Passando da temi come il rimpianto e il lutto fino ad arrivare all’incomunicabilità, Fleabag ci racconta in quanto esseri umani non facendoci mai alcuno sconto. Siamo fatti così: persi come Fleabag e in discussione come Hot Priest, siamo l’amore che manca a Claire, siamo tutti i personaggi insieme, anche quelli che meno vorremmo essere. Con un umorismo tutto suo, la protagonista abbatte la quarta parete rivolgendosi direttamente a noi in più occasioni. Per intenderci, questa è una mossa fondamentale in una Serie Tv generazionale. Non poteva lavare i panni sporchi in mezzo a tutti noi e rifilarceli senza neanche guardarci in faccia. Doveva coinvolgerci, doveva guardarci. Con quegli sguardi, Fleabag conosce se stessa e chi la guarda. Si fa forza, si racconta e ci racconta che alla fine non siamo da soli in questa valle di disgrazie. Chi per un motivo e chi per un altro, siamo tutti persi dentro un sistema in cui non sempre ci riconosciamo.

Se guardiamo fuori dalla finestra come fa Fleabag, ci rendiamo conto che da fuori sembrano tutti bravi. 110 e lode, master, obiettivi raggiunti, grandi soddisfazioni. Corrono tutti e, cavolo, raggiungono la meta. Noi abbiamo corso come Fleabag, ma a un certo punto abbiamo smarrito la strada. A quel punto, abbiamo deciso di fermarci, sostare un attimo per riprendere delle forze che non sappiamo ancora se torneranno. Forse non è stata la decisione migliore per chi ci guarda, ma è stata inevitabile. In questo senso, Fleabag racconta quanto sia necessario prendersi una pausa da tutto per fermarsi un secondo. In un mondo che ci chiede sempre di essere come delle schegge, star fermi è un atto quasi rivoluzionario. Ma a noi non importa fare la rivoluzione: a noi importa capire chi siamo, che cacchio vogliamo.

Fleabag (640×360)

Con sole 12 puntate, Fleabag ci ha spiegato cosa significhi vivere in un mondo in cui non ci riconosciamo. Altre Serie Tv di spessore, come BoJack Horseman, avevano parlato del concetto di alienazione, motivo per il quale chiunque si sia ritrovato in storie del genere non dovrebbe perdere neanche un istante prima di guardare questo gioiellino disponibile su Amazon Prime Video. Forse, durante le prime due puntate, non capirete la ragione, ma andando avanti comprenderete quanto importante sia nel 2024 una Serie Tv come questa, quanto sia necessario dialogare in modo sottile e indiretto con una persona come Fleabag che, in mezzo al suo caos, nasconde un pezzettino di tutto quello che ci appartiene.

Probabilmente, Phoebe Waller-Bridge non ha avuto bisogno di ispirarsi a nessun’opera quando ha lavorato a questa meravigliosa produzione. Per metterla in piedi, come noi, ha soltanto dovuto guardare fuori dalla finestra. Le è bastato ascoltare i dubbi di quella ragazza, le certezze andate in frantumi di quel ragazzo, i rimorsi di suo padre, la libertà di sua madre. Prendendo un pezzettino da chiunque l’accerchiasse, ha dato vita a Fleabag. Senza mai cadere nel melodramma o nella Tv del dolore, questa produzione ha trovato l’equilibrio giusto per far convivere realtà e finzione, disgrazie e gioie, alienazione e necessità di capire cosa ci stia intorno. D’altronde, Fleabag è proprio un ibrido di cose e aggettivi, di modi di vivere e caratteri. E’ un mix di cose che fanno parte della nostra quotidianità, delle nostre ripetitive giornate. Non è lenta e non è veloce, non è riassuntiva e non è prolissa. Sta sempre nel mezzo, esattamente come le cose che viviamo, le persone che siamo.

Senza un personaggio come il suo, il mondo delle Serie Tv avrebbe una mancanza gigantesca. Gli mancherebbe, in sostanza, uno specchio in cui far riflettere gli spettatori, un ponte tra noi e una sceneggiatura. Ancora oggi e per sempre, noi siamo le parole di quella stesura, gli atti di un’opera teatrale, i ciack delle riprese che non andavano bene. Siamo il personaggio confuso di cui si fatica a compiere una descrizione, la trama non ancora scritta dell’episodio finale di cui non si conosce ancora la conclusione. Ma, quando si conoscerà, saremo anche lo sguardo finale, l’angoscia e l’inquietudine di quelle parole che per sempre faranno parte della nostra esistenza e che, in modo consolatorio, ci diranno l’unica cosa a cui forse un giorno inizieremo a credere: passerà.

Fleabag siamo noi