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The Fabelmans di Spielberg è una (meravigliosa) ode al cinema – La Recensione

Arrivato al cinema nel periodo di Natale, il racconto intimo e introspettivo di uno dei registi più famosi di tutti i tempi è un piccolo capolavoro di narrazione che non dovete lasciarvi scappare. Con The Fabelmans, Spielberg costruisce una autobiografia malinconica e al tempo stesso brillante, ripercorrendo la sua infanzia con un film dentro al film, metafora della sua intera esistenza dedicata alla sua passione più grande, il cinema.

Per gli amanti del cinema e non, The Fabelmans è un film importante e leggero al tempo stesso, un’ode al cinema e alle sue origini e in particolare a coloro che gliel’hanno mostrato la prima volta: i genitori.

La paura che diventò il suo più grande sogno

The Fabelmans
Sammy (640×360)

Sammy Fabelman è un bambino di 6 anni, terrorizzato all’idea di entrare in una sala cinematografica ma rassicurato da due genitori attenti e premurosi. Da una parte la visione astratta e artistica della madre, che lo invita ad eliminare l’idea mostruosa di cinema come la rappresentazione di “giganti”, a favore dei sogni, dall’altra la visione tecnica, scientifica, quella del padre che per la prima volta gli parla di fotogrammi.

In sala un capolavoro del ’52, Il più grande spettacolo del mondo, che con la scena dell’incidente ferroviario segna definitivamente il piccolo Sammy. L’imprinting con la cinematografia è ormai avvenuto, e il bambino ripete dunque la sequenza più e più volte, iniziando anche a filmarla grazie all’aiuto di una piccola cinepresa datagli dalla madre.

Da quel momento la vita del giovane Fabelman si lega indissolubilmente al cinema, arrivando a girare cortometraggi di ogni tipo arruolando famiglia ed amici.

The Fabelmans tra intimità e talento

the fabelmans
La famiglia Fabelmans (640×360)

The Fabelmans è un ritratto malinconico che Spielberg fa della sua famiglia, in particolare della madre. È proprio grazie (o per sfortuna) al cinema che scopre il tradimento della stessa. Un cinema che gli dà felicità ma anche tristezza, così come gli aveva predetto lo zio.

La cinematografia da a Sammy molto più di un hobby, ma una passione smisurata che fin dalla giovane età ha sempre fatto parte di lui. Il cinema, al tempo stesso, toglie a Sammy la gioia, il sacrificio e la verità lo mettono di fronte alla predizione delle sfide che avrebbe dovuto affrontare in futuro.

Perseveranza e ambizione emergono dal film come un urlo, Spielberg vuole farcelo sapere che fin da subito ci ha creduto, nonostante in pochi lo facessero nel modo corretto. Il padre, infatti, fino all’età dell’università l’ha sempre definito come un hobby, costringendolo a seguire una direzione diversa.

Anche Spielberg è stato adolescente

The fabelmans
Sammy giovane (640×360)

Ciò che si tende a fare quando si conosce una figura colossale come quella di Spielberg è sostanzialmente idealizzarne la persona. Questo autoritratto ci mostra la versione più intima del regista, ripercorrendo gli anni della adolescenza dove veniva bullizzato dai compagni di scuola perché ebreo. L’antisemitismo farà purtroppo sempre parte della vita del bambino.

Sammy si innamora, è simpatico, a tratti impacciato, ma quando prende in mano la cinepresa è sicuro di sé, da consigli, guida gli attori e inventa nuove tecniche per fare gli effetti speciali senza dover spendere ulteriori soldi, che allora non aveva.

Qualsiasi cosa filma prende vita, il montaggio si districa fluente sotto le sue dita, quando ancora il digitale era un pensiero non concepito. Il film ci mostra l’arte della cinematografia, in una maniera sottile e da brividi, che solo un vero amante dell’ambito può capire.

Il suo miglior film degli ultimi 20 anni

Primo cinema di Sammy (640×360)

Il cineasta con The Fabelmans raggiunge vette altissime con il suo cinema autoriale. Con una sceneggiatura altissima, scritta a quattro mani con il drammaturgo Tony Kushner (al suo fianco anche in West Side Story), intrattiene per due ore e mezza di film ammanettandoci alle poltrone nella speranza di scoprire ancora qualcosa di più sull’essenza di Spielberg.

Un film alla portata di tutti, in perfetto stile spielberghiano e con il tocco magico del già noto direttore della fotografia Janusz Kamiński, da sempre a fianco del regista, che insieme rendono la pellicola metacinematografica di altissimo livello (qui invece trovi qualche curiosità sui registi che si sono cinemantati nelle serie tv).

Una patina di filigrana e colori che quasi non si nota neanche, questo perché il punto focale non è la qualità dell’immagine ma il significato profondo del film.

The Fabelmans è poesia

Sammy e sua madre (640×360)

Il significato intrinseco nel film mostra, oltre al lato umano di Spielberg, anche il suo profondo rapporto con la cinematografia e gli strumenti di lavoro.

Da una parte il suo sfruttarlo per dare vita alla sua immensa fantasia, in cui anche da banalissime scene quotidiane riesce a ricreare storie, o sogni come li definiva sua madre in una sorta di visione felliniana, al tempo stesso ci viene mostrato il profondo attaccamento e cura con cui maneggia gli strumenti di lavori, la calma, l’armonia con il quale crea storie incollando insieme momenti di vita.

Sammy manipola le immagini a suo piacimento, le plasma accontentandosi dei mezzi a disposizione, inconsapevole che un giorno avrebbe riscritto la storia del cinema.

I traumi del cinema

La madre di Sammy (640×360)

Il cinema ha segnato per Sammy alcuni dei traumi più grandi della sua vita, e forse per questo si è creato con esso un legame così profondo.

La cinematografia ha segnato per il piccolo Sammy la fine dell’innocenza, la prima scena di violenza che l’ha tenuto sveglio la notte, ma al tempo stesso il suo primo filmino. Il cinema ha segnato anche l’ingresso nella vita adulta, distruggendo per sempre l’idea di famiglia felice che Sammy, insieme al resto della famiglia, si costringevamo ad idealizzare.

Il tradimento della madre, scoperto proprio in fase di montaggio, segna una forte rottura nel giovane, ma al tempo stesso consente alla stessa di sentirsi finalmente libera di confessare quel peso a qualcuno, e Sammy alla fine finisce per sostenerla. Tali traumi porteranno la sua visione cinematografica a un cinema controllato, privo di imprevisti ed entro certi limiti.

The Fabelmans – Tutta questione di prospettiva

The Fabelmans (640×360)

Quando l’orizzonte è in alto, è interessante. Quando è in basso, è interessante. Quando sta nel mezzo, è una palla mortale! 

Il finale è forse il momento più alto di tutta la pellicola, perché di fatto segna l’inizio della vera e propria carriera di Spielberg, che decide di non mostrarci, perché non era questo in fondo il fine del film. Il cineasta ci saluta dunque con il primo illuminante incontro con John Ford (personalmente ho avuto i brividi), che lo mette di fronte alla prospettiva.

Il cinema è sguardo, è unicità, e ciò che scegli di inquadrare sarà preponderante per la riuscita della tua opera. Il giovane Fabelman lo comprende, non subito, ma qualche instante dopo quando uscendo in mezzo ai teatri di posa (che un giorno saranno casa sua) va sorridente incontro al suo meritato brillante futuro.