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Il film della settimana: Sicario

Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Sicario.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Sicario? Ecco la risposta senza spoiler

Disponibile su Amazon Prime Video (fino al 23 settembre) e su RaiPlay (a noleggio su Apple Tv), Sicario è incentrato sulla promettente agente dell’FBI Kate Macer, a capo di un’operazione volta a liberare degli ostaggi catturati dal cartello messicano. Dopo che essa non finisce nel modo sperato, Macer viene scelta per essere inserita all’interno di una task force speciale, il cui obiettivo è contrastare il traffico di droga tra Messico e Stati Uniti, preparandosi a una mossa definitiva contro il cartello. Alla guida dell’unità ci sono Matt Graver e Alejandro; due uomini ambigui, misteriosi e che celano più di un segreto oscuro. Per di più, i metodi che usano, che sfondano nell’illegalità, provocheranno degli scontri tra loro e l’orgogliosa e integerrima Kate. Così, la missione la coinvolgerà a tal punto da mettere in dubbio ogni sua certezza, ogni sua convinzione, ogni cosa in cui credeva fino a quel momento.

Denis Villeneuve ci regala un action thriller di genere sì, ma che rimane comunque un film d’autore. Partendo dal tema del narcotraffico, già molte volte sperimentato al cinema e in TV, lascia progressivamente da un lato l’azione per portare avanti una riflessione sulla vendetta, sulle conseguenze della violenza e sui dilemmi morali, facendo interrogare Kate e noi spettatori sui concetti di onestà, giustizia e moralità. Al centro di Sicario c’è proprio una donna, forte e vulnerabile allo stesso tempo, costretta a scendere a compromessi in un mondo corrotto e interpretata in una delle sue migliori prove da Emily Blunt. Altrettanto affascinanti e lontani dagli eroi dell’action sono il Matt di Josh Brolin e l’Alejandro di Benicio del Toro.

Ispirandosi ai grandi maestri del genere (tra cui Michael Mann e Kathryne Bigelow), Villeneuve riesce a tenere alta la tensione fin da subito, coadiuvato da una strabiliante fotografia e da una sceneggiatura altrettanto impeccabile – di quel Taylor Sheridan che trasforma ciò che tocca in oro. Narrativamente e tecnicamente ottimo, andremo più nel dettaglio nella nostra recensione nella seconda parte del pezzo.

SECONDA PARTE: La recensione (con spoiler) di Sicario

Sicario
Emily Blunt e Benicio del Toro nel film su Amazon Prime Video e RaiPlay

Già dall’incipit crudo e senza fronzoli e con una regia spettacolare, Denis Villeneuve mette in chiaro il tono del suo Sicario, che ci accompagnerà per tutte le due ore successive, con qualche momento più riflessivo per farci prendere una boccata d’aria fresca. Infatti, fin dal primo frame del film su Amazon Prime Video e RaiPlay, veniamo investiti da una tensione palpabile, che inizia proprio dall’irruzione di Kate in una casa dell’Arizona e che continua in sequenze ansiogene e straordinarie come l’inseguimento in auto nelle strade di Juarez o quella girata con gli infrarossi all’interno di un cunicolo angusto. Grazie al suo istinto e a un pizzico di fortuna, Kate esce viva da quella missione, ma perde alcuni suoi colleghi, vittime di una trappola esplosiva letale. Perché, sebbene il tema affrontato dal regista sia già visto (e le sue ispirazioni ben chiare, perché ritroviamo in Sicario molto di Michael Mann, in particolare Miami Vice, e della Kathryn Bigelow di Zero Dark Trinity), riesce ad apportare comunque qualcosa di nuovo, supportato da un’impattante e potente fotografia che gli dona una luce diversa.

Ciò che emerge, infatti, è la violenza e la spietatezza insita nella realtà del narcotraffico e della guerra alla droga, portata avanti con metodi sanguinari da ambo le parti.

Non ci sono regole in una strage che avviene alla luce del sole. Se i trafficanti nascondono i cadaveri nei muri delle case o appendono le vittime nella tangenziale, gli agenti della CIA fucilano i sospettati senza il beneficio del dubbio, in mezzo all’autostrada, di fronte a persone incredule ma abituate a questi scenari. Nel brutale universo creato da Taylor Sheridan, chi scopre il marcio viene zittito, chi brama vendetta non la trova o non lo soddisfa e chi copre i crimini vive nella bugia. Se qualcuno ci ha letto una critica ai servizi segreti americani, accusati di coprire traffici illeciti di droga e aumentare i morti al confine, ci ha visto giusto. Ma, del resto, a Matt e Alejandro non interessano i pesci piccoli; vogliono far uscire i capi dai loro buchi. E solo con la violenza possono stanargli; una di quelle tali da dare uno scossone così forte da smuovere i vertici dei cartelli.

Questo mondo, che definire un Inferno in Terra non è poi così sbagliato, rovescia le leggi che Kate è abituata a seguire e che non le garantiscono più giustizia e sopravvivenza. È una moderna Alice che, invece di giungere nel Paese delle Meraviglie, approda in quello degli Orrori. Ed è lì che, perdendo sé stessa, capisce il verso significato della parola paura. Lei, incarnazione dell’idealismo americano, scopre l’altra faccia del suo lavoro, ovvero quella in cui un’agente del suo calibro viene usata da un sistema più grande di lei, fatto di corruzione, di violenza e di assenza di principi. Non solo viene sottoposta a numerose atrocità, ma il rimanere imprigionata in un mondo oscuro e privo di legge distrugge l’immagine forte che si era creata di sé.

Dunque, come Alice, Kate sprofonda sempre di più in un labirinto sotterraneo nel film su Amazon Prime Video e RaiPlay (che, citando lo stesso Villeneuve, rimanda a Prisoners), cambiandola definitivamente, spaventandola sul serio e per cui non è pronta, perché, come le dice Alejandro:

“Questa è una terra di lupi e tu non sei un lupo”.

Bene e male si confondono, buoni e cattivi non esistono più, così come vincitori e perdenti. Kate stessa è costretta a dei compromessi inimmaginabili per lei; ad accettare l’impossibilità di poter perseguire il suo ideale e di estirpare definitivamente il male da quella società corrotta e malata. Ecco perché rappresenta un’eroina moderna, più umana, reale e non la solita donna soldato senza punti deboli o fragilità. Non può applicare la giustizia e il disincanto di Sicario si cela tutto qui: nel nero del male, nel grigio dell’ambiguità e nell’assenza del bianco puro e senza macchie. Ed è proprio attraverso gli occhi di una splendida Emily Blunt – magnifica nel trasmetterci il suo smarrimento e il suo sconforto, bilanciando perfettamente un primo momento da agente consapevole del suo ruolo e un secondo in cui si ritrova perduta in un ambiente che non conosce – che noi sperimentiamo le vicende del film su Amazon Prime Video e RaiPlay, ci muoviamo a Juarez, sentiamo gli spari, osserviamo i metodi poco ortodossi della squadra, sentiamo la violenza. Quest’ultima è sempre presente, ma noi ne vediamo solo le conseguenze sulle persone, il che ne amplifica notevolmente l’effetto. Come la protagonista, abbiamo una visione parziale degli eventi, vogliamo capire e, quando la verità arriva, ci rendiamo conto che, forse, sarebbe stato meglio lasciarla sepolta sotto terra. Perché non è altro che un nuovo compromesso da accettare.

Se Kate subisce un’involuzione e una perdita di tutte le sue certezze, è dovuto anche agli altri due personaggi principali di Sicario.

Sicario

Il Matt di un ottimo Josh Brolin, sempre una sicurezza per come sa spaziare dall’ironia al dramma, è scapestrato, sfrontato e abile manipolatore, ma guidato da una grande consapevolezza ed è il primo che cerca di far aprire gli occhi di Kate, velati da un ideale inesistente. Alejandro, invece, è il relativismo della giustizia, una sorta di mietitore di anime che aiuta la CIA a ricreare un unico cartello in Messico, ovvero il Medellin, così da porre fine alla guerra tra bande e riportare un po’ di stabilità nell’area. Perché, parafrasando una frase della pellicola, finché gli americani non smetteranno di drogarsi, non possono fare altro. Statuario, deciso e duro, Benicio del Toro offre una grandissima performance, gestendo ottimamente questo personaggio a cavallo tra eroe e villain, aiutato dalla potenza di un film su Amazon Prime Video e RaiPlay che incanta e disturba, che affascina e che fa riflettere.

È anche in queste tre differenti personalità, ambigue e in cui bene e male non sono distinguibili, che Sicario riesce a infondere novità nell’action.

Lo eleva notevolmente, ci lascia addosso più di quanto pensassimo e ci spinge a chiederci: ma noi, siamo lupi o agnelli? Lo stesso Alejandro, poi, si fa portatore di un tema cardine della pellicola: la vendetta. Quella che scaglierà su Alarcón, il mandante dell’omicidio di sua moglie e sua figlia. E Villeneuve riesce, ancora una volta, a raccontarci una sfumatura diversa di un sentimento che attraversa la sua intera filmografia. Inoltre, sempre ad Alejandro sono dedicate le ultime sequenze di Sicario. Kate, in un ultimo disperato tentativo di reclamare quella che era un tempo, gli punta la pistola al collo, ma, nello sguardo malinconico e rassegnato dell’uomo, comprende che non merita di morire, così come non lo meritava la sua famiglia. La camera, poi, si sposta su un campo da calcio, dove sta giocando il figlio del poliziotto corrotto che Alejandro ha usato per raggiungere il suo nemico. La spensieratezza del momento viene rotta da degli spari. Ma è solo una brevissima pausa, prima che il gioco riprenda. A indicare come quella sia la normalità per la gente del luogo. Un segno di come la morte di un cattivo per mano dell’eroe – o meglio, antieroe in questo caso – non corrisponde al trionfo del bene, soprattutto se guidata dalla vendetta personale e non dalla giustizia. Perché il male non è stato sradicato dalla società. È sempre lì, pronto a riemergere da un momento all’altro.

Ecco perché Sicario non è un film scontato: ragiona invece che buttarsi nella mischia, rappresenta con realismo il narcotraffico e la sua lotta, mette al centro un’eroina femminile che non si lascia dominare dal testosterone e, mentre il sospetto scava dentro di lei, fa lo stesso con noi. Grattando la superficie con una potenza tale che, pure noi, sentiamo il bisogno di entrare in doccia, lavarci, toglierci quel sangue da tutto il nostro corpo e dimenticare. Anche se non potremmo mai farlo.

Il film della scorsa settimana: Paterson