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Le 5 migliori interpretazioni di Leonardo DiCaprio

Tantissime parole sono state spese per Leonardo DiCaprio, attore dal talento incredibile e in grado di sorprenderci ogni volta con le sue memorabili interpretazioni. Uno dei migliori di sempre, la sua carriera è iniziata nel 1991 con il B-movie Critters 3 e, dopo esser passato da una nomination all’Oscar a soli 19 anni, è esploso con il personaggio di Jack Dawson in Titanic. Fortunatamente – per lui e per noi – non è rimasto imprigionato nel ruolo del belloccio e, spaziando in tantissimi generi, ne ha interpretati diversi con una tale dedizione, attenzione e perfezione che è impossibile non ammirarlo. Rendendoli così tra i migliori film dell’epoca, sebbene l’Academy non sembra riconoscere la sua eccezionalità. Inoltre ha lavorato con i registi più importanti del settore, stringendo un vincente sodalizio ormai ventennale con il grande Martin Scorsese (che continua con l’uscita nel 2023 di Killer of the Flower Moon).

Oggi siamo qui, nel giorno del suo compleanno, per cercare di compiere un’impresa che definire complicata è un eufemismo – soprattutto per me dato che è il mio attore preferito in assoluto: scegliere le 5 migliori interpretazioni della sua carriera, cercando di essere il più obiettivi possibili e indipendentemente dalla bellezza del film o dalle nomination/premi.

Non ci resta che iniziare, entrando nel mondo cinematografico di quel genio di Leonardo DiCaprio.

1) Jordan Belfort (The Wolf of the Wall Street)

Leonardo DiCaprio

Togliamoci subito questo dente: Leonardo DiCaprio meritava l’Oscar per The Wolf of the Wall Street (almeno gli hanno dato il Globe).

Matthew McCounaghy ha fatto un’ottima performance in Dallas Buyer Club, con uno di quei personaggi che piacciono tanto all’Academy, ma DiCaprio è stato immenso, trasmettendoci quel delirio d’onnipotenza così naturalmente che quasi dimenticavamo che stesse recitando. Basti pensare alla memorabile scena in cui prova a raggiungere la macchina mentre è sotto gli effetti della droga: un’incredibile prova attoriale definita “un esempio da manuale di commedia fisica”.

Jordan Belfort è avido, arrivista e spregevole ma, in mano a DiCaprio, diviene un personaggio intrigante. Più versatile che mai, l’attore passa senza sforzo da momenti comici ad altri seri e drammatici, trasudando divertimento da ogni poro con un’interpretazione costantemente sopra le righe e lo sguardo pieno di sete di potere. Così iconico da generare citazioni, video e meme. È l’attore che, presente in ogni fotogramma e lasciato creativamente libero, regge e trascina The Wolf of The Wall Street (disponibile su Netflix e Raiplay; a noleggio su Prime, Timvision ed Apple), attraverso monologhi che rompono la quarta parete e situazioni assurde recitate perfettamente e senza paura. E così ci trasporta nella folle vita di un broker nella Wall Street anni 80, un mondo sinistramente simile ai classici regni dei migliori film del suo regista, Martin Scorsese.

2) Calvin Candie (Django Unchained)

Ormai è nota e stranota l’incredibile scena di Django Unchained (a noleggio su Prime, Apple, Chili e Timvision) in cui DiCaprio si rompe la mano colpendo un bicchiere di vetro, ma continua a recitare come se niente fosse, riuscendo a rendere quell’imprevisto parte del momento e dandogli così ancor più forza e crudezza. Lo stesso attore commentò in passato con queste parole:

“La mia mano iniziò davvero a versare sangue su tutto il tavolo. Volevo continuare. Era più interessante guardare le reazioni di Quentin e Jamie piuttosto che controllarmi la mano”

DiCaprio riveste per la prima volta in carriera i panni di un classico villain e, pur essendo un personaggio secondario e nonostante le difficoltà nell’immergersi in un uomo così orribile, ruba la scena ai protagonisti e dimostra che il ruolo del cattivo gli calza a pennello. Il suo Calvin è crudele, malvagio, avaro, pura follia che spruzza veleno dagli occhi e gode delle sofferenze degli altri, un razzista che considera gli schiavi come oggetti di sua proprietà. L’attore riesce a trasmettere il disprezzo e la cattiveria di quel terribile latifondista in ogni sua scena di Django Unchained, compiendo una metamorfosi tale che risulta irriconoscibile dal bel giovane di Titanic. Tanto che molti (me compresa) la considerano la sua miglior interpretazione di sempre.

È una vergogna indicibile che l’Academy non l’abbia minimamente considerato, perché Leonardo DiCaprio ha letteralmente dato il sangue per questa memorabile performance.

3) Howard Hughes (The Aviator)

Ancora Scorsese che in The Aviator (disponibile su Timvision) mette in scena la vita dell’affascinante figura di Howard Hughes: produttore, imprenditore, regista e grande appassionato di aerei, nascondeva paure, paranoie e soprattutto un grave disturbo ossessivo-compulsivo. Se ci riflettiamo un attimo, ricorda molto da vicino il Charles Foster Kane di Quarto potere. Da giovane playboy e imprenditore di successo al totale dominio della sua patologia che lo porta a perdere la sanità mentale, DiCaprio riesce a rappresentare ogni sfumatura del suo personaggio, ogni fase della sua vita, ogni eccesso e caduta, dimostrando di poter interpretare chiunque. Perfetto nel dare a Hughes quel significato di America malata, ferita, ma sempre potente.

Resta indelebile la scena dei flash dei fotografi che si frantumano, la sequenza degli aerei sottolineata dalla Toccata e Fuga in D minore di Bach o l’isolamento in cui la malattia lo chiude. Pensate che la rappresentazione del disturbo ossessivo-compulsivo è così veritiera che viene usata per analizzarlo nei corsi di psicologia e da esperti del settore.

Hughes è stato un ruolo fondamentale per far uscire l’attore dai personaggi troppo limitati che Titanic e Romeo + Giulietta gli avevano cucito addosso. Eppure, anche se l’avrebbe meritato, nemmeno stavolta ha conquistato l’Oscar, venendo battuto da Jamie Foxx in Ray e dovendosi accontentare del suo primo Globe.

4) Arnie Grape (Buon compleanno Mr Grape)

Leonardo DiCaprio

La controversa storia di Leonardo DiCaprio con gli Oscar inizia nel 1994. Quell’anno la concorrenza era elevata e l’attore che più si meritava la statuetta era sicuramente Ralph Finnes in Schindler’s List, più di Tommy Lee Jones ne Il fuggitivo. Ma se DiCaprio fosse stato premiato, invece di essere considerato troppo giovane a 19 anni, nessuno si sarebbe scandalizzato. Magari Buon compleanno Mr Grape (disponibile su Prime Video) non è uno dei migliori film che sia, ma è la sua interpretazione di un ruolo difficilissimo a elevarlo in maniera incredibile. Il suo Arnie, un adolescente autistico, era così drammaticamente reale che la critica rimase di sasso, tanto che molti non compresero che quella era una prova attoriale e si aspettavano davvero un ragazzo malato.

Questo la dice lunga su quanto talento dimostrasse Leonardo DiCaprio già quando era un teenager. Mettendo in ombra gli altri, compreso Johnny Depp.

Entra nel ruolo con naturalezza, facendoci appassionare ad Arnie per la sua ingenuità, il suo vivere la vita spensieratamente nonostante le difficoltà, la sua dolcezza commovente; straziante è, infatti, quando trova la madre morta nel letto. Estremamente delicato, riproduce perfettamente i gesti, la postura e i movimenti delle persone autistiche; questo perché ha trascorso alcuni giorni in una clinica per ragazzi con quel disturbo, così da studiarli e realizzare un’interpretazione più veritiera possibile. E per noi ha superato l’esame a pieni voti.

5) Rick Dalton (C’era una volta a… Hollywood)

Leonardo DiCaprio

Difficile sarebbe stato vincere l’Oscar nell’anno in cui Joaquin Phoenix è andato all-in con Joker. Però non si può negare che Leonardo DiCaprio ha fatto un lavoro al di là dell’eccellenza in C’era una volta a… Hollywood (disponibile su Netflix e a noleggio su moltissime piattaforme). Ci restituisce in ogni sfumatura possibile il terrore, la fragilità, l’insicurezza e la tenerezza di Rick Dalton, attore che non sa più che cosa l’attende in futuro dopo che Hollywood gli ha voltato le spalle. È un uomo smarrito che si aggrappa strenuamente ai suoi tempi d’oro, al suo fido stuntman e alle (poche) parole di conforto che riceve, impersonando la nostalgica tristezza di un passato felice.

Rick è contemporaneamente un eroe tragico e una macchietta comica, in grado di far ridere (soprattutto nel tarantiniano finale), di far commuovere di fronte al complimento puro e sincero della sua piccola co-protagonista e di parlare dell’inesorabile scorrere del tempo senza grandi esagerazioni, ma solo con gli sguardi, le parole e le espressioni. E non si può dimenticare la scena della crisi di nervi nella roulotte; lì dove, attingendo ai suoi fallimenti per renderla più vera, improvvisa ogni cosa.

È semplicemente l’interpretazione più ricca di Leonardo DiCaprio che, con l’esperienza e la gamma recitativa infinita, riesce a rendere la stratificazione di Rick ancor più ampia di quella già ottima della sceneggiatura di Tarantino.

Come succede quando bisogna fare una scelta, sono rimaste fuori interpretazioni importanti: dal tormentato Billy Costigan di The Departed (uno dei migliori film di sempre) all’ambiguo Teddy Daniels in Shutter Island (ed escluderlo è stata dura, dato che è il mio film preferito), passando per Danny Archer di Blood Diamond, Frank Abagnale in Prova a prendermi o Frank Wheeler di Revolutionary Road. Non c’è Revenant, degno di ogni sua top 10, ma non superiore ai ruoli del pezzo, nonostante l’attore abbia dato tutto quello che aveva per vincere finalmente l’Oscar. Il sentore, però, è che l’Academy da un lato abbia compensato il mancato successo di The Wolf of the Wall Street, dall’altro lo abbia premiato più alla carriera che al ruolo perché lo meritava molto di più e molto prima in altre pellicole (tipo in Django Unchained). Ovviamente, è solo la nostra opinione, che può non essere condivisa. Per questo, adesso, non vediamo l’ora di sentire la vostra.