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La Classifica dei 10 film più tristi dello studio Ghibli

Lo studio d’animazione giapponese Ghibli, fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata nel 1985, si è sempre distinto per film che affrontano temi profondi e universali di straordinaria bellezza. Gli scenari e i personaggi di queste opere cinematografiche sono spesso ricchi di sfumature emotive che riescono a entrare in sintonia con noi, proprio per la loro mutevolezza e margine di interpretazione. I protagonisti dello studio Ghibli sono, nella maggior parte dei casi, persone normalissime chiamate ad affrontare incredibili disavventure in mondi fantastici. Da questa commistione di elementi fantastici e temi tangibili nasce un’esperienza coinvolgente che ci colpisce nel profondo.

Le storie, infatti, toccano profondamente i cuori degli spettatori, affrontando argomenti come l’amore, la perdita, la solitudine e la ricerca del significato nella vita. Anche l’estetica e la colonna sonora giocano un ruolo fondamentale contribuendo in modo significativo all’atmosfera emotiva di ogni singolo film. La musica ha la capacità di intensificare e amplificare le emozioni, come la tristezza, il batticuore e la malinconia. Probabilmente si tratta di uno degli elementi più distintivi delle opere dello studio Ghibli, insieme a un’animazione, in particolar modo quella di Miyazaki, che ci trasporta verso mondi solo in apparenza distanti ma in realtà vicinissimi a noi.

Ecco quindi 10 tra i film più tristi e commoventi mai realizzati dallo studio Ghibli. E no, non ci sono solo le opere più note.

10) Porco Rosso (1992)

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Porco Rosso

“Meglio essere un maiale che un fascista”. Una delle frasi più note della storia dell’animazione, conosciuta anche da chi, magari, non ha idea delle sue origini. Nel 1992, esce Porco Rosso, il film in cui Hayao Miyazaki parla di politica, di libertà di pensiero, di guerra e di oppressione. Il tutto usando un escamotage fantastico e surreale come quello di un protagonista che è stato maledetto e trasformato in un maiale antropomorfo. La strega Circe nell’Odissea mutava gli uomini in maiali per punirli della loro bestialità senza freni, mostrandone così la vera natura. In questa pellicola, Miyazaki capovolge l’incantesimo rendendo il maiale vero detentore dei valori più alti, contrariamente agli altri esseri umani.

Ambientata in Italia nel 1929, a cavallo tra le due guerre, la storia ruota attorno al personaggio di Marco Pagot, asso dell’aviazione durante la Prima Guerra Mondiale e diventato adesso un mercenario che dà la caccia ai pirati del cielo. Rifugiatosi sulla costa dalmata, Marco si attira sempre di più le antipatie dei contrabbandieri che decidono di formare un’alleanza, guidata da un pilota americano, per toglierselo dai piedi una volta per tutte. Marco rimane, però, un anti-eroe in molti aspetti. Nonostante le sue abilità eccezionali, è sfuggente, disilluso e spesso cinico. La sua trasformazione in maiale acquisisce il valore simbolico di alienazione dalla realtà e isolamento da una società che non sente più vicina a lui. Il film esplora dunque, attraverso la cinica figura di Mario, le conseguenze della guerra, i suoi orrori e il tentativo disperato di venire a patti con il passato.

9) Nausicaa della valle del vento (1984)

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Nausicaä

Anche se in molti danno per scontato che il film faccia parte della collezione dello studio Ghibli, in realtà è stato realizzato prima della fondazione della casa di produzione.

Diretto da Hayao Miyazaki nel 1984, il film d’animazione è ambientato in un futuro post-apocalittico, in un mondo devastato da un mare di veleno e abitato da enormi insetti mutati. La storia ruota attorno a Nausicaä, principessa della Valle del Vento. La fanciulla è un’amante della natura e non vede in quegli enormi insetti la stessa, spaventosa minaccia che scorgono gli altri esseri umani. Mentre altri regni escogitano un piano per sbarazzarsi per sempre della giungla tossica, Nausicaä cerca piuttosto di comprenderla e studiarla, in modo da trovare una via pacifica per la convivenza.

Il mondo di Nausicaä è un luogo desolato, segnato da una catastrofe ambientale ma nonostante ciò la principessa non perde mai la speranza o il coraggio di lottare per l’armonia. D’altronde questo mondo distrutto è solo colpa degli esseri umani e delle loro azioni. L’ambientazione in cui è calato il film crea indubbiamente una sensazione di desolazione e disperazione, facendoci riflettere sul nostro impatto nel mondo in cui viviamo e sulle ripercussioni a lungo termine. Ma proprio per questo motivi, la pellicola si mostra non solo come un manifesto di denuncia ma anche di opportunità. Nonostante l’oscurità della trama, il film trasmette infatti messaggi di speranza e riconciliazione. Nausicaä cerca attivamente una soluzione pacifica e dimostra che la comprensione reciproca e il rispetto verso la natura possono concretamente portare a un futuro migliore.

8) La tartaruga rossa (2016)

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La tartaruga rossa

Questa volta parliamo di un lungometraggio creato in collaborazione con altre case di produzione francesi e belga. La tartaruga rossa è un film del 2016, presentato al Festival di Cannes e la cui particolarità è di essere completamente privo di dialoghi. La storia fa completo affidamento sull’animazione e la colonna sonora, con risultati toccanti e indimenticabili. La storia inizia con un naufrago che tenta disperatamente di lasciare un’isola apparentemente deserta su una zattera alla buona. Tuttavia, a ogni tentativo, una misteriosa creatura marina distrugge la zattera. Il naufrago riesce a catturare la creatura, scoprendo che si tratta di una tartaruga rossa gigante. L’incontro con la tartaruga e successivamente con una donna misteriosa gli cambierà la vita per sempre.

La completa mancanza di dialoghi consente al pubblico di interpretare la storia in modo personale, rendendola universale e accessibile a tutti. Alla base della storia è evidente una riflessione sul rapporto uomo-natura fatto di dipendenza, conflitto e connessione. La tartaruga rappresenta dunque la natura stessa, nel suo ciclo di vita e morte che la spinge a rinascere come donna umana e poi nuovamente come tartaruga. L’isola, a sua volta, rappresenta un microcosmo isolato, dove la vita quotidiana diventa un rituale semplice ma ricco di significato. Il protagonista è chiamato ad affrontare la solitudine per imparare a vivere con le risorse a disposizione. Solo in un secondo momento il suo status cambia e la sua relazione con la donna-tartaruga diventa un viaggio emotivo e non più solo fisico.

7) La principessa Mononoke (1997)

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Principessa Mononoke

Torniamo di nuovo a parlare di un classico senza tempo firmato da Miyazaki. Una storia cruda, commovente ed emozionate che parla ancora una volta del rapporto tra l’essere umano e la natura, in maniera ancora più feroce e viscerale. Non ci troviamo più di fronte alla dolce e compassionevole Nausicaa ma a una guerriera impavida e cresciuta dai lupi di nome San. Siamo in un Giappone feudale, in cui progresso tecnologico e magia camminano di pari passo.

Il protagonista della storia è il giovane Ashitaka che, dopo essere stato maledetto durante uno scontro con un cinghiale posseduto da un demone, decide di abbandonare il villaggio e di spingersi a ovest. Nel folto della foresta, infatti, un’antica divinità potrebbe riuscire a curarlo. Il viaggio è irto di pericoli e di strani personaggi e Ashitaka si ritrova coinvolto in una guerra tra la città di ferro di Irontown e la bella principessa Mononoke, determinata a tutto pur di difendere la foresta dagli attacchi degli uomini.

Come lo spirito vendicativo da cui prende il suo soprannome, San incarna lo spirito della foresta chiamato a proteggerla con le unghie e con i denti. Mononoke è un personaggio estremamente complesso, in bilico tra la sua natura umana e il suo attaccamento alla natura. Da parte sua, Ashitaka rappresenta la volontà di trovare un equilibrio tra le due realtà rappresentando dunque la voce della ragione e dell’armonia. Tutto nella natura è interconnesso. Questa è la lezione fondamentale del film dello studio Ghibli. La morte e la rinascita sono temi centrali che attraversano la storia in un ciclo infinito di disperazione, rassegnazione e accettazione.

6) Pom Poko (1994)

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Pom Poko

Non fatevi ingannare dal tono scherzoso e leggero, Pom Poko è una storia molto più toccante e serie di quanto non sembri. Tra i più sottovalutati film dello studio Ghibli, questa pellicola d’animazione diretta da Isao Takahata, racconta di una comunità di tanuki, creature mitologiche giapponesi dall’aspetto simile a procioni, che vivono nei boschi intorno a Tokyo. Con il progredire dirompente dell’urbanizzazione, il loro habitat naturale viene piano piano distrutto per soddisfare gli egoistici interessi degli uomini. In risposta a ciò, i tanuki decidono di unire le forze e di reagire per preservare la loro terra e il loro stile di vita.

Ancora una volta lo studio Ghibli riesce a combinare perfettamente realismo e fantasia, tecnologia e magia raccontando una storia dai risvolti fantastici ma che affonda le proprie radici nella storia del Giappone degli anni Sessanta e Settanta. I tanuki sono rappresentati in modo complesso e mostrano una gamma di emozioni e atteggiamenti. Alcuni sono nostalgici e desiderano preservare le vecchie tradizioni, mentre altri sono più inclini ad adattarsi ai tempi moderni. Nel corso della storia, si creano persino delle fazioni interne alla comunità in lotta tra loro minandone l’armonia. Seppur pieni di risorse, ben presto i tanuki si rendono conto che le loro azioni rimangono inefficaci di fronte al progresso inarrestabile della società umana.

5) Il ragazzo e l’airone (2023)

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Il ragazzo e l’airone

Dopo uno hiatus infinito, Hayao Miyazaki è tornato al cinema con la sua (probabilmente) ultima e più intima fatica: Il ragazzo e l’airone. Un viaggio di formazione, una storia fantastica, una pagina del diario personale di Miyazaki che qui, come mai prima d’ora, porta davvero tutto se stesso. Dieci anni dopo Si alza il vento, il regista ci accompagna per mano in un mondo magico, colorato e pericoloso, attraverso gli occhi di un ragazzo che soffre e noi con lui. Tokyo, 1943. Il giovane Mahito Maki ha appena perso la madre, mentre fuori infuria la Seconda Guerra Mondiale. Il mondo di Mahito cambia improvvisamente lasciandolo frustrato e amareggiato, incapace di accettare la sua nuova vita.

Proprio in quella campagna per lui ostile, inizia il vero viaggio del nostro protagonista. La realtà si mescola alla fantasia, quando Mahito, ormai ossessionato da un airone blu che girovaga in quelle zone, seguendolo trova una vecchia torre abbandonata. Dietro rovi ed erbacce è nascosta una porta per un mondo magico, quello dei morti. Ed è qui che Mahito affronterà pericoli di ogni sorta, fisici e non, dovendo finalmente venire a patti con l’ineluttabilità della morte e del dolore. L’airone assume il ruolo del traghettatore Caronte, che guida il nostro giovane eroe attraverso questa realtà onirica e malinconica. Un’opera che toglie il fiato, in cui tante delle tematiche care a Miyazaki tornano ma in una prospettiva ancor più intima e personale.

L’ultimo film dello studio Ghibli fa male davvero ma che ci insegna che soffrire è parte della vita.

4) Quando c’era Marnie (2014)

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Marnie

Basato sul romanzo omonimo di Joan G. Robinson, il film racconta la storia di Anna Sasaki, che viene mandata dai suoi genitori ad abitare con i parenti nella campagna giapponese a causa dei suoi problemi di salute e del suo isolamento sociale. Anna è infatti una ragazza introversa e soffre di ansia, spesso sentendosi fuori posto. Durante il suo soggiorno, scopre una misteriosa villa sull’acqua, Marsh House, e fa amicizia con una ragazza di nome Marnie, che apparentemente abita lì. Le due diventano molto amiche, ma Marnie è misteriosa, a volte scompare nel nulla e nasconde diversi segreti oscuri. Segreti che la legano in maniera agghiacciante ad Anna stessa.

La pellicola è un’ode al potere della memoria. Marnie rappresenta un capitolo del passato di Anna che deve essere affrontato e compreso per permettere alla nostra protagonista di crescere e accettare se stessa. La ragazzina è alla disperata ricerca della propria identità e l’amicizia con Marnie le permette così di esplorare il suo io interiore. Per poter affrontare le sfide della vita e accogliere il futuro che ci si para di fronte, dobbiamo innanzitutto venire a patti con il nostro passato. La fine del film rappresenta l’apice del percorso introspettivo di Anna che scopre infine la verità sulla sua storia e su Marnie. Questo momento di consapevolezza e accettazione porta a una trasformazione personale ed è solo in questo modo che la protagonista inizia a nutrire un amore più profondo per sé stessa e per coloro che le sono vicini.

3) Si alza il vento (2013)

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Si alza il vento

Ultimo film di Hayao Miyazaki o almeno così sarebbe dovuto essere. Perché Si alza il vento, uscito nel 2013, rappresenta un po’ il testamento del regista, mentre Il ragazzo e l’airone ne è la postilla. Ispirato alla vita di Jiro Horikoshi, l’ingegnere aeronautico che progettò gli aerei Mitsubishi durante la Seconda Guerra Mondiale, il film è una delle pellicole più realistiche della filmografia di Miyazaki. Mettendo da parte mondi fantastici, personaggi folkloristici e la magia, il regista esplora il mondo reale in tutte le sue mutevoli sfaccettature soffermandosi sull’amore e sulla perdita. Forse due facce della stessa medaglia.

La storia d’amore tra Jiro e Nahoko è l’elemento romantico e tragico del film. Nahoko rappresenta la fragilità della vita umana, mentre Jiro deve necessariamente trovare un equilibrio tra il suo impegno per la progettazione degli aerei con la cura per la sua amata malata. Ma Si alza il vento è anche un film che esplora la dualità della creatività e della distruzione. Jiro è appassionato della sua arte, ma la sua creatività si traduce in aerei da guerra che verranno utilizzati in conflitti distruttivi. Il film pone domande etiche sulla responsabilità degli artisti e degli scienziati per le conseguenze delle loro creazioni. Non è un caso che l’inventore sogni spesso Giovanni Battista Caproni, artista che rappresenta l’ispirazione e la guida spirituale di Jiro.

2) La storia della Principessa Splendente (2013)

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La principessa splendente

Una favola raccontata tra pennellate pastello e tratteggi a matita morbidissimi. Una storia incantevole raccontata attraverso gli occhi di una ragazza che non conosce quasi nulla del mondo ma è piena di gioia, innocenza e curiosità di fronte a esso. Diretto da Isao Takahata. Il film è basato sul racconto folcloristico giapponese “Il taglio del bambù” (竹取の翁), noto anche come “Il racconto della principessa Kaguya”. Il racconto ha inizio quando un tagliatore di bambù trova una bambina minuscola all’interno di un tronco luminoso. La bambina cresce rapidamente diventando una ragazza dalla bellezza sfolgorante. Numerosi pretendenti vengono presto a bussare alla sua porta, ma nessuno di loro riesce a superare le prove imposte da Kaguya o a suscitare il suo interesse.

Il finale disvela la reale natura della principessa, rappresentando altresì il culmine di una favola che riesce ad affrontare con estrema delicatezza temi universali come l’amore, la bellezza, la natura e la ricerca di significato nella vita. Kaguya, infatti, desidera solo la semplicità e la libertà, ma suo padre proietta su di lei le sue aspettative di status sociale e successo. Anche la colonna sonora, come tutti i film dello studio Ghibli, ha la funzione di accompagnare le immagini che vediamo scorrere sullo schermo, raccontando in musica ciò che sta succedendo.

La principessa splendente si piazza al secondo posto dei film più tristi dello studio Ghibli grazie a una protagonista femminile che rivendica la propria libertà e alla delicatezza nel raccontare questa sua silenziosa lotta.

1) Una tomba per le lucciole (1988)

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Una tomba per le lucciole

Diretto da Isao Takahata e basato sull’omonimo racconto di Akiyuki Nosaka, Una tomba per le lucciole è considerato il film più triste nella storia dello studio Ghibli.

Perché? Cercando il più possibile di non fare spoiler, ci limiteremo a scrivere due informazioni essenziali: innocenza perduta e seconda guerra mondiale. Preparate pure i fazzoletti. Seita e Setsuko, due fratelli rispettivamente di 14 e 4 anni, cercano rifugio presso alcuni parenti. La loro casa è andata infatti distrutta durante i bombardamenti e la madre muore a causa di gravi ustioni. Seita, il fratello maggiore, assume la responsabilità di prendersi cura di Setsuko cercando di sopravvivere in un Giappone in rovina, dove le risorse sono sempre più scarse.

Una tomba per le lucciole è un film potentissimo di denuncia contro la guerra, i suoi orrori e le conseguenze umane del conflitto. La storia mette in luce un dramma familiare enfatizzando la perdita, la sofferenza e il trauma. Seita è chiamato ad assumere il ruolo di capofamiglia dopo la morte della madre, sacrificando la sua giovinezza per proteggere e prendersi cura di Setsuko. La guerra ruba loro l’infanzia, la spensieratezza e la stabilità familiare, portandoli a dover affrontare la brutalità del mondo adulto. Ma il film critica anche la società giapponese dell’epoca, raffigurando l’indifferenza e la crudeltà delle persone che li circondano, incapaci o indisposte ad aiutare i due fratelli bisognosi. Le lucciole del titolo del film hanno una funzione premonitrice e simboleggiano la fragilità della vita e la fugacità della felicità.