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La breve e complicata storia di Yahoo Screen, fallita anche per colpa di Community

Ha provato a ritagliarsi un posto tra i giganti dello streaming ma non ce l’ha fatta. Quella di Yahoo Screen è la storia di una scommessa coraggiosa costretta a interrompersi perché incapace di reggere le pretese di un mercato che correva alla velocità della luce, evolvendosi giorno per giorno in qualcosa di diverso e irraggiungibile.

Per chi non avesse idea di cosa fosse Yahoo Screen, facciamo qualche passo indietro. Nel 2013 il celebre portale web decide di dar vita a una sezione Screen che facesse da piattaforma di raccolta di programmi acquistati in vista di una distribuzione in Rete e di contenuti originali, ideati col desiderio di creare un catalogo esclusivo sulla falsariga di quello di Netflix, Hulu e Amazon Prime. L’offerta era ridotta ma piuttosto differenziata: su 1000 ore di contenuto, si poteva scegliere tra film di vario genere, partite ed eventi sportivi. Fino ad arrivare al celebre talk show di Katie Couric, reputata la testa di serie del nuovo canale, e a un repertorio di spezzoni del famosissimo Saturday Night Live, il primo vero programma a lanciare la stand-up comedy sul piccolo schermo, nonché Community: una delle sitcom moderne più amate.

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Senza dubbio si trattava di un progetto ambizioso che, forse per incoscienza, forse per eccessiva noncuranza nei confronti del rischio, non ha portato l’azienda ad analizzare con attenzione quanto la propria proposta non potesse effettivamente reggere il confronto di quella dei competitor, di gran lunga più ricca, meno dispersiva e in linea con le ultime novità dell’entertainment. Un azzardo che è costato a Yahoo un debito di più di 42 milioni e, soprattutto, nel 2016, il più tragico degli epiloghi: la chiusura dell’hub e lo spostamento dei contenuti in sezioni sparse del motore di ricerca.

La notizia, confermata da Variety, ha innescato un totoscomesse su quali potessero essere le cause di questo fallimento. 

E, tra tutte, quella che più aveva preso piede tra addetti ai lavori e non sembrava fosse legata alla decisione di lanciare la sesta stagione di Community. La serie di Dan Harmon, sfiancata dal continuo turnover dei suoi showrunner (di cui abbiamo parlato qui) e da storyline che non riuscivano più a offrire la consistenza e la qualità dei tempi d’oro, riesce a sopravvivere proprio grazie all’intraprendenza di Yahoo che, prendendone le redini della produzione, sceglie di utilizzarla come prodotto di punta del suo nuovo contenitore. 

community

Bene, i sogni saranno pure desideri ma quelli del board di Yahoo si sono rivelati, piuttosto, incubi. Community, infatti, non è mai riuscita a decollare in termini di ascolti e neppure a incrementare i guadagni del colosso del web in termini di advertisement e sponsor. L’operazione di marketing attentamente costruita attorno alla serie finisce per crollare come un castello di carte distrutto da una folata di vento, pesando ulteriormente sulle perdite e su un fatturato che, probabilmente, non era mai stato una base ottimale per osare così tanto

Sicuramente, la responsabilità della breve vita di Yahoo Screen non è da addossarsi tutta su Community come, al tempo, fece il direttore finanziario del browser. C’è da dire, però, che la scelta di puntare un budget così grosso su un prodotto che, pur avendo il suo fandom e la sua fama, aveva ormai fatto il suo tempo non sia stata effettivamente una decisione saggia

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Lanciarsi in una missione quasi impossibile avrebbe richiesto, probabilmente, più fantasia. 

In situazioni come questa, affidarsi a una serie tv conosciuta potrebbe sembrare la migliore decisione di sempre. Pensare però all’eventualità che la novità dell’anno rischi, inevitabilmente, di diventare qualcosa di già visto o già sentito è assolutamente necessario. Soprattutto quando si investe tanto denaro. Forse, l’unica soluzione plausibile per Yahoo Screen sarebbe stata dedicarsi a creare nuovi contenuti, puntando tutto sulla qualità in fatto di autori, regia e attori. Insomma, una piattaforma difficilmente in grado di raggiungere i numeri di Netflix (che adesso però sta un po’ arrancando con tutta la nuova concorrenza), ma sufficientemente capace di resistere alle pressioni di quella giungla. Una volta che si era deciso di rischiare, lo si sarebbe dovuto fare fino in fondo, abbandonando la comfort zone e ingegnandosi ad attutire i salti nel vuoto nel miglior modo possibile. 

A oggi i fan di Community continuano a sperare nella possibilità (ormai remota) del tanto promesso film o di una chiusura degna dei personaggi e delle loro storie mentre il palinsesto di Yahoo Screen continua (a fatica) a sopravvivere nei meandri del sito web, difficilmente raggiungibile e distribuito senza un criterio ragionato che potesse, almeno, garantirne l’accessibilità. Tempistiche sbagliate, visioni poco lungimiranti, sfide avventate ma vissute con il freno a mano: un cocktail fatale che non si sarebbe mai potuto trasformare, come per magia, nella ricetta per sfondare e smettere di essere un debole rumore di fondo.

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