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Quo vadis, Baby?

 La verità è una bugia che non è stata ancora svelata

 Per me fare l’amore è come andare a largo con qualcuno, solo che poi mi viene sempre voglia di tornare da sola!

 Il dolore trova sempre la strada per ritornare a casa”

Quo vadis, Baby?, 2005, Gabriele Salvatores

Cosa c’entrano queste citazioni con la serie tv italiana Netflix Baby? Niente e tutto. Niente perché sono tratte da un film noir (poi anche mini-serie) che mutua il suo titolo da una citazione, a sua volta cinematografica: Marlon Brando la pronuncia in Ultimo tango a Parigi, pietra miliare della cinematografia firmata Bertolucci (con cui peraltro il regista di Baby aveva collaborato in gioventù). Ecco che si viene a creare un fil rouge meramente linguistico e che apre comunque la porta all’unica questione che, infine, conta.

Quo vadis, Baby? Questa forse è l’unica domanda sensata da porsi. Dove vai, Baby? Ed è sensato porsela in due direzioni: la prima è una domanda che facciamo alla serie, la seconda è invece indirizzata alle due protagoniste.

Procediamo per gradi.

Quo Vadis, Baby? – Le intenzioni dietro la Serie Tv

Baby

Sappiamo che Baby nasce da un brutto caso di cronaca nostrana: il caso delle Baby Squillo dei Parioli. Qualche anno fa, infatti, sui giornali imperversavano notizie circa la prostituzione di alcune minorenni della Roma Bene. Aveva fatto scalpore, all’epoca, e fa un certo effetto ripensarci anche ora – e meno male -, perché quella di ragazzini disillusi che percorrono la strada sbagliata è una storia brutta, sempre.

Così in molti si aspettavano, una volta pubblicizzata la serie tv targata Netflix, un prodotto cronachistico, d’inchiesta o, quanto meno, fedele ai fatti. Eppure queste non erano di certo le intenzioni del regista, Andrea De Sica, che aveva invece dichiarato:

Quello che vedete non ha niente a che fare con la cronaca, la storia delle giovani squillo dei Parioli ci ha dato solo lo spunto, ovvero quello di addentrarci in uno dei quartieri più chic della capitale che in realtà nascondeva vicende torbide come quelle.

Le critiche mosse alla serie sono svariate e tra queste c’è anche quella di aver romanzato e alleggerito dei fatti tanto pesanti. Dopo aver letto questa dichiarazione, tuttavia, ci si rende facilmente conto che queste critiche sono solo un processo alle intenzioni basato su supposizioni squisitamente personali e fallaci. Quando guardiamo uno show, prima di esprimere la nostra opinione a riguardo, dovremmo chiederci Dove ha intenzione di andare l’ideatore? per meglio dire Che tipo di prodotto ha intenzione di confezionare? Qual è il suo scopo?

Alcune tipologie seriali possono non essere di nostro gradimento, questo è fuori discussione. Ma non criticherò, ad esempio, Grey’s Anatomy se non mi piace quel genere di medical drama, mi limiterò a non vederlo. Dunque, Quo vadis, Baby? Forse solo al parco giochi. Dopo la visione della serie, infatti, è evidente che il suo scopo sia meramente d’intrattenimento. Nulla a che spartire con i veri drammi da cui si origina.

Quo vadis, Baby? – Il ritratto della vacuità contemporanea

baby

Ed ora, la seconda questione. Una volta appurata la totale esenzione dalla cronaca da parte di questa serie tv, cerchiamo di dedurne un senso. L’intrattenimento un po’ vanesio tipico di certa serialità da teen drama, di certo (non a caso Baby è stata – a ragione o a torto – paragonata a Élite).

All’inizio, sempre per la questione del gioco di parole, questo pezzo doveva intitolarsi Baby Don’t Cry. La canzone di 2Pac a cui avremmo chiesto in prestito il titolo c’entra forse più di qualcosa con la serie di cui stiamo discutendo, ma la verità è che Chiara e Ludovica, le due protagoniste, non piangono davvero. Ci sono diversi momenti in cui sembra lo facciano, e ne avrebbero motivo dato che le loro vite – perfette, all’apparenza – sono un disastro sotto diversi profili, ma a ben vedere non lo fanno mai davvero. Alla fine dei conti, quello che vediamo sullo schermo è un dolore che ci sembra sempre superficiale. Sappiamo tutti che età delicata sia l’adolescenza e, come detto sopra, la leggerezza dei toni può essere una scelta, ma una domanda, dati gli argomenti trattati, viene comunque da farla: Quo vadis, Baby? E sembra che proprio le due ragazze non lo sappiano dove vogliono andare. E allora va bene tutto. Anche se poi, nella vita vera, non funziona proprio così.

“Vorresti dirmi di grazia quale strada prendere per uscire di qui?”, disse Alice
“Dipende soprattutto da dove vuoi andare”, disse il gatto.
“Non m’importa molto”, disse Alice.
“Allora non importa che strada prendi” disse il gatto.

Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Lewis Carroll

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